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sabato 20 dicembre 2014

Itagirls on the Road: Auguri di Natale




Quale miglior modo di augurarvi Buone Feste se non insieme alle mie compagne di strada?
Da domani sarò effettivamente on the road per una quindicina di giorni, vi abbraccio adesso e vi racconto tutto al mio rientro.
Fate i bravi.

mercoledì 17 dicembre 2014

Ghostwriter in erba



Su tutto regnava la pace
la notte era solo riposo
la neve era solo biancore.
Al figlio del cielo urlo’ pace
il respiro di un essere alato
risuono’ la capanna selvaggia.
Tonfi tuonano nelle foreste
tempo, tempo, battono il tempo.
Al figlio di Giano solo rimbombi
al figlio del cielo scandiscono pace.
Vicino al suo gregge che mormora piano
riposa il pastore. Riempie il silenzio
di un suono cupo, soffia nel corno:
é ora di andare. Camminano lente le pecore tristi
negli occhi vivi ricordi d’estate,
nelle zampe gelate la voglia di stare.
Il canto allegro del corno alpino
rimbalza sui pini svegliati dal sole
con unica nota ti mormora pace.
Alla stirpe di Enea che tiene la torcia
ricordi di guerre, di schiavi, di morte
agghiaccian la notte e colmano il buio
di neri fantasmi. Ma il fuoco scintilla
lungo la costa di guardia in guardia
di cima in cima. Il centurione guardando la luce
ora dorme sognando un bimbo che nasce.
Suona una tromba nella vallata
limpida corre di torre in torre
ed al villano che suda nei campi
ricorda i giorni, le semine, gli anni.
Lo chiama alla guerra, lo porta alla festa
il suono stridulo gli scende nel cuore
gli grida: Come tuo figlio é nato il Signore.
Come timidi tarli chioccian parole
dentro un filo sottile si stringono i sogni
in un punto, una linea mascherati messaggi.
La mia voce ora puo’ volare lontano
e tu sembri piu’ antico segmentato linguaggio.
La mia voce ora puo’ raggiungere il mondo
ho marchiato ogni uomo con un grumo di cifre.
Con la voce ho vicino tutti quelli che amo
sussurrando io posso gridargli che é nato.
Grossi ombrelli girati e puntati nel buio
sono il nostro futuro, il nostro domani.
Rumori sinistri che viaggian lo spazio
sibili, cigoli, grida di stelle.
E come agli albori da questa capanna
cerchiamo qualcuno per sentir pace.
Mìgola 1988

Con questa poesia ho vinto un concorso, nelle vesti di ghostwriter,  per una serie di fortunate coincidenze ho però potuto godere in pieno del premio assegnatole. 
Come ogni concorso che si rispetti aveva un tema da sviluppare e penso che, leggendola, vi sia sembrato abbastanza chiaro: le comunicazioni e il Natale.
L'ambito del concorso era particolare e soprattutto molto maschile. Ogni volta che la tiro fuori dal cassetto e la rileggo mi chiedo come la giuria abbia potuto scegliere  proprio questa poesia e pensarla scritta da un omone. L'omone in questione sorrise sotto i baffi ritirando la pergamena e la piccolissima medaglia e poi mi portò con lui in licenza premio.




venerdì 12 dicembre 2014

Dissociazione temporale

Lo Scettico è in Cina da una settimana. Ci sono tredici ore di differenza tra qui e la Cina.  Mentre lui dorme io vivo la mia giornata americana e mentre io dormo, lui vive la sua giornata cinese. Ci diciamo Buongiorno e Buonasera al contrario.
Questa differenza di ore aumenta il mio senso di solitudine più della distanza in chilometri, più degli oceani che ci dividono.
Questa storia delle ore di differenza è qualcosa che mi disturba da quando sono partita. Più volte al giorno conto e calcolo quante ore mi separano dai miei figli. Cinque ore con il Tecnico, sei con Cucciolo.
I primi mesi qui in America, verso le quattro, cinque del pomeriggio, mi saliva quotidianamente una certa ansia perché sapevo che i miei, le persone importanti della mia vita, stavano per andare a dormire ed io mi sentivo particolarmente sola, ancora più sola.
Assurda sensazione ma puntuale ad ogni crepuscolo.
Una sindrome da isola deserta. Quasi che il giorno potesse portare qualcuno ad arrivare fin qui ed io a poter comunicare la mia presenza, mentre la notte, la loro notte, ero costretta a dover contare solo su me stessa senza poter comunicare con nessuno.
Avevo voglia di mandare messaggini, di scrivere mail, come fossero messaggi in bottiglia.
La sindrome da isola deserta si è leggermente attenuata ma io ancora  adesso, spesso molto spesso, conto.
Adesso, con lo Scettico in Cina, ho un terzo orario da aggiungere.




martedì 9 dicembre 2014

Arriverà Natale...


È un momento di riflessione. C'è anche un po di tristezza per le feste che si avvicinano e le assenze, che normalmente sono compagne di viaggio, diventano invece, in questo periodo,  pesi da portare, zaini indispensabili ma pesanti nei tratti in salita. Vorresti appoggiarli un attimo sul sentiero ma sai che è meglio non farlo perché sarebbe ancora più dura, riprendere il cammino, anzi devi stringere le cinghie, mettere lo zaino ancora più stretto sulla schiena e continuare a salire perché c'è solo quella possibilità.
Nostalgia di Natali caldi, nostalgia di casa, del profumo irripetibile che hanno le case dell' infanzia fatto di detersivi e lavanda nei sacchetti, di minestra d'orzo e ragù lasciato cuocere piano piano, di candele profumate e zelten.
Nostalgia di bagagli da scaricare tra volti felici che ti aspettano in cima alle scale.
È un momento di malinconia con tanta voglia di cucinare e nessun piatto da mettere a tavola, con ricette che ti girano in testa ma nessuno che le reclama.  Buono per la linea, male per il morale.
I Natali cambiano, evolvono ed ogni Natale è frutto delle scelte di vita che hai fatto o che altri fanno.
È solo un momento comunque, arriverà, come sempre, la magia del Natale e mi scalderà il cuore ancora e ancora.
Quando gli occhi da pirata del Tecnico mi faranno sorridere e le braccia forti di Cucciolo mi stringeranno, tutta questa malinconia svolazzerà via come una farfalla e resterà solo la voglia di condividere, raccontarci e stare insieme.
Intanto mi lascio distrarre dalle luminarie incredibili del vicinato che sembra impegnato in un concorso senza esclusione di colpi.
La casa vicina alla mia si è accesa di 25.000 lucine e la sera è un vero spettacolo. Anche il villaggio dove abito si illumina ogni sera in una parata colorata e magica.








martedì 11 novembre 2014

Pierino

Che io sia un po' Pierino è un dato di fatto.
Lo sono sempre stata e molto probabilmente lo sarò per sempre.
In genere i problemi me li attiro maggiormente quando parto in quarta, piena di entusiasmo.
L'entusiasmo è un gran bel motore: trascina, rende leggero il lavoro, regala energie ed idee positive ma porta spesso ad inseguire un idea, un progetto che si ha in testa, senza soffermarsi adeguatamente sui dettagli che, a volte, sono quasi più importanti del progetto finale.
L'Io Pierino non riflette a sufficienza ed inoltre sottovaluta determinate problematiche che invece l'Io adulto dovrebbe assolutamente prendere in considerazione.
Inevitabilmente, come a scuola, arriva la romanzina.
Il mio Io Pierino, pur comprendendo l'errore e cercando di rimediare alla o alle marachelle, si avvilisce, si siede in un angolino e si sgonfia come un vecchio palloncino.
Chiaramente non è nemmeno questo un atteggiamento maturo e logico...ma altrimenti che Pierino sarei?




mercoledì 5 novembre 2014

Cosa fanno gli americani

Gli americani hanno una passione spropositata per i cappelli e li tengono addosso anche in macchina, nei ristoranti, sotto il sole, sotto la pioggia, allo stadio, in piscina...
In genere portano cappelli con la visiera ma sono molto gettonati anche quelli stile Qualcuno volò sul nido del cuculo. Nessuna ricerca estetica ma differenti motivazioni pratiche.



Gli americani, mentre vanno in macchina, fanno di tutto: mangiano, bevono, si truccano o si struccano,   leggono,  mandano messaggini, telefonano, rimangiano e bevono ancora.
Però, gli americani, mentre vanno in macchina, non fanno mai una cosa: guardare nelle altre macchine quando sono fermi al semaforo. La privacy prima di tutto.


Gli americani hanno un'altra spropositata passione: il giardinaggio. Chissà quando, un bel giorno hanno giurato guerra all'erba che cresce e alle foglie che cadono. La mia vicina di casa, in questo medesimo stesso momento in cui io pigramente scrivo, sta raccogliendo,  una ad una, le foglie cadute sotto un immenso platano che di foglie addosso ne ha ancora quintali.
Il platano è nella mia parte del giardino ma lei ha decretato e creato una linea immaginaria perfetta e raccoglie meticolosamente tutte le foglie che, malauguratamente, cadono oltre la linea immaginaria. L'effetto cromatico è notevole: verde brillante dalla sua parte, giallo dorato dalla mia. Io ho deciso di aspettare che il platano finisca di spogliarsi ma ad ogni folata di vento mi prendono i sensi di colpa.





Gli americani parlano forte nei ristoranti, ma forte eh. Dopo i sussurri raffinati dei francesi nei ristoranti, dove una volta venni perfino redarguita sul tono di voce dal vicino di tavolo che  lamentò di non potersi adeguatamente rilassare  durante la sua pausa pranzo  proprio a causa della mia voce troppo alta (volevo solo precisare a mia discolpa che eravamo in una creperie e non nel regno di Ducasse), qui sei sempre immerso in un bailamme colorato e ridanciano. Gli americani sanno divertirsi.




Gli americani hanno chiese, templi, moschee, sinagoghe ovunque, sperse nelle praterie o infilate nei centri commerciali. Ci sono pannelli luminosi che pubblicizzano eventi religiosi, riunioni di preghiera o classi di studio della bibbia. Per essere un fedele devi pagare un abbonamento annuo e quindi hai tutto l'interesse a sfruttarne i benefici partecipando a tutte le animazioni. Se lasci un obolo durante le celebrazioni lo lasci in una busta con il tuo nome e cognome e a fine anno ti arriverà una certificazione di quanto hai donato per poter fare una detrazione dalla dichiarazione dei redditi. Organizzatissimi.
















domenica 26 ottobre 2014

Ci sono notti...

Questa notte sono stata un marinaio su un veliero. Era sera o comunque c'era poca luce  ed eravamo in piena battaglia.  Un enorme veliero faceva rotta contro di noi probabilmente per un abbordaggio o per speronarci. Era una nave turca (pensate alla battaglia di Lepanto e avrete la giusta ambientazione storica) e noi una nave cristiana.
Improvvisamente nel cielo è apparso un crocefisso intagliato nel legno che ha incominciato a parlare alla nave turca. Noi della nave cristiana non capivamo le parole che anzi ci sembravano  solo delle forti grida.
Terrorizzati dall'apparizione e dalla potenza della voce quelli della nave nemica decidono di virare e andarsene. Tutti a bordo sappiamo che il miracolo è opera di S. Rita da Cascia e tra abbracci, risate e virili pacche sulle spalle ci diciamo che è proprio forte 'sta santa.
Nessun clima mistico, niente preghiere o ringraziamenti come se la santa fosse stata una di noi, tosta e ingegnosa. Credo anche di averla vista girare a bordo e di averci parlato.
 Mi sono svegliata che ancora sorridevo.

Interno mattutino:

- Sai Scettico, questa notte ho sognato S Rita da Cascia. Forte 'sta santa.
- Certo.
- Ha fatto un miracolo scenograficissimo.
- Chi?
- S. Rita..
- E chi è?
- Una santa.
- Te la sei inventata?
- Ma no! Adesso mi metto ad inventare i santi...




martedì 14 ottobre 2014

What are little girls made of? Sugar and spice And all that's nice, That's what little girls are made of!

Vado ancora a scuola.

 La mia scuola non finisce mai.
 Credo che ci sia una specie di punizione, messa in atto da qualche spiritosa entità superiore, che dura da quando avevo tre anni. 
A tre anni, in un Alto Adige che all'epoca non era proprio friendly con chi non parlava il tedesco, mi sono ritrovata ad essere l'unica bambina che parlava l'italiano iscritta nel piccolissimo asilo del paese. Narra la leggenda che, spinta dall'entusiasmo iniziale, tenessi piccole conferenze, su argomenti vari, per un gentilissimo ed attento pubblico di paciosi bimbetti che ascoltavano ammaliati l'esotica attrazione  e che sottolineavano con convinti Ja soprattutto le colorite espressioni da caserma di cui avevo una approfondita conoscenza. 
 Dopo tre giorni di conferenze però devo essermi annoiata parecchio perché pare che, con la scusa che "quei bimbi non mi somigliavano", nessuno sia stato più capace di riportarmi all'asilo.
Punita.
 Adesso vado in un "asilo" super friendly con chi non parla l'idioma locale ma dove devo assolutamente sforzarmi di parlarlo o mimarlo o disegnarlo, insomma dove, anche se non mi assomigliano, devo starci ed essere anche collaborativa.
Io collaborativa lo sono ma devo anche cercare di controllare molto la mia mimica facciale e assumere espressioni credibili perché, vi assicuro che per quanta buona volontà ci stia mettendo, le giapponesi non le capisco proprio.
Tutte le mattine la lezione inizia con il gioco della palla. Una piccola palla gialla passa di mano in mano e tutte noi dobbiamo deliziare le compagne, siamo tutte femminucce in questo asilo, con piccoli racconti di cose che ci sono successe o con notizie di cronaca dei nostri paesi di provenienza.
Credo che il gruppo delle giapponesi si sia messo d'accordo per prendere in giro il gruppo misto di latine di cui faccio parte. Le due più spigliate si lanciano, a turno, in racconti che a mio parere  sono in un dialetto stretto delle isole Amami, secondo la mia compagna di banco invece è un dialetto del distretto di Shimajiri. La prof secondo me bleffa  o ha una sua tecnica pedagogica che ancora non comprendo e annuisce sempre con grande serietà facendo finta di aver capito tutto. A volte arriva perfino ad estrapolare parole che secondo lei sono in inglese e  tutta felice decreta il "momento vocabolario". 
Io lo so che non è la parola giusta perché ho scorto più volte un'espressione sorniona negli occhi della giapponese. Probabilmente si scambiano ricette o si raccontano barzellette, infatti ridono molto, mentre noi cerchiamo di decriptare le loro frasi.
Noi latine invece, più corrette, cerchiamo di usare l'idioma locale ma nei momenti difficili ricorriamo alle sciarade e siamo bravissime a mimare anche concetti difficili come l'ebola che crediamo voli con delle piccole alucce stile colibrì  o il colore dell'autunno del Michigan che è triangolare. Con noi la prof è molto più severa e ci interrompe spesso con il ritornello del: dovete fare frasi complete!
Ma noi non vogliamo mica far vincere le Giapponesi.
In mezzo ai due blocchi ci sono due russe, ancora più allibite di quanto lo sia io, che rigide catturano la palla e fanno brevissimi e serissimi resoconti delle loro metodiche giornate: niente ricette, niente mimi, niente barzellette. Le russe prendono molto seriamente l'asilo.
Queste bimbe non mi assomigliano ma adesso adoro andare all'asilo, proprio per questo!




giovedì 2 ottobre 2014

At the airport

Se c'è una cosa che potrei fare per ore, senza annoiarmi, è guardare la gente.
Sedetemi in una stazione e divento come un bambino davanti ai cartoni animati la mattina, ipnotizzata.
Gli aeroporti sono ancora meglio perché i viaggiatori sono tutti veri, depurati da perdi tempo e accompagnatori annoiati.
I viaggiatori degli aeroporti hanno occhi attenti e mani nervose perché, anche se in tanti negano, sanno che devono affrontare il vuoto, il cielo e non sono mai pronti.
Da ragazzi, sul trampolino più alto, ci si inventava scuse assurde per non lanciarsi, si rideva molto, troppo, si facevano battute sciocche solo per perdere tempo e rimandare il momento del vuoto e il freddo che ti aspettava.
I viaggiatori degli aeroporti fanno la stessa cosa.
Se viaggiano in gruppo sono rumorosi e si chiamano e ridono e dondolano avanti e indietro cercando la giusta distanza dall'amico. Spostano le valige in continuazione, le raggruppano, le impilano, le aprono, si scambiano oggetti e vestiti per equilibrarle ed in ogni valigia aperta ci sono gli stessi vestiti, ripiegati con cura se stanno partendo, appallottolati con noia se stanno tornando.
Se viaggiano tra maschi sono essenziali.
Se sono donne sono organizzate e piene di borse per tutto, borse che contengono borse più piccole che contengono piccoli contenitori da dove escono oggetti indispensabili.
Se sono mamme con bambini sono agitate e fanno di tutto per innervosire anche i figli che invece sarebbero tranquilli. Si inventano storie fantastiche di mostri spaziali per andare verso il check-in mentre hanno alle spalle piccoli globe-trotter con trolley organizzatissimi.
Se sono anziani hanno sempre tra le mani il passaporto oppure lo tengono appeso al collo come bambini in gita e chiedono, comunque e ovunque, informazioni, anche saltando code lunghissime: "Scusi, scusi ma sa devo volare!"
 I più scaltri si fanno portare in sedia a rotelle e li vedi felici che hanno risolto tutti i loro problemi, finalmente sorridono.
Chi viaggia per lavoro odia i turisti e i turisti invidiano la leggerezza di chi ha solo una ventiquattrore e si infila come un habitué nel percorso intricato della sicurezza.
Li riconosci i viaggiatori seriali: si tolgono le cinture quando mancano ancora duecento metri al controllo, prendono il loro vassoio al volo e lo riempiono, come in un tetris, con passaporto, carta d'imbarco, cellulare, Pc, orologio, penna e porta carte di credito. Sono veloci, precisi e guardano il turista spaesato come un topo da laboratorio. Se hanno molta fretta, a volte, dispensano consigli che assomigliano ad ordini: "Si deve togliere le scarpe!". "Se le tolga lei le scarpe!" Quando poi il funzionario della sicurezza ti intima di toglierti le scarpe, senti nella nuca il pruritino di un sorriso malizioso ma se ti giri, lui, non ti guarda più.
Gli asiatici hanno sempre l'aria stanca e spesso dormono, appollaiati sulle sedie, nel gate deserto, aspettando l'imbarco.
I ragazzi giovani viaggiano con oggetti improbabili nascosti in enormi custodie e con zaini giganti che ti chiedi come potranno poi infilare nei porta oggetti. Aprono il computer in ogni dove e controllano connessioni con voli di altri continenti. Se avete dubbi chiedete a loro sono più informati delle hostess e vi diranno inoltre dove andare a mangiare e a fare una doccia all'aeroporto di Hong Kong o dove riposare di straforo nella lounge chic di Bangalore.
Se avete tempo e dovete aspettare, rimandate letture e schermi di ogni tipo a quando sarete a diecimila metri, qui sedetevi ed osservate, è puro spettacolo.


mercoledì 24 settembre 2014

Auguri Tecnico

Dopo aver fatto un quasi mezzo giro d'Europa, aver partecipato al gioco dello sciopero di Air France e aver vinto un giro premio ad Amsterdam, fatto esercizi di yoga su Delta e recuperato Pelosone al photo finish, questa notte ho iniziato le prove per il prossimo travestimento di Halloween e nell'ora che più si conviene, le tre di notte, ho svegliato uno Scettico ronfante con l"effetto botulino pazzo.
Labbra a canotto, occhi stile panda e vocina lagnosa.
Welcome at home.
Nonostante tutto questo e ancora con la vocina  leggermente lagnosa volevo, come da tradizione, fare gli auguri al Tecnico per il suo compleanno.

Auguri Tecnico.
Mi piacerebbe provare con te la cura di impacchi di birra nel peggior pub di Londra, dicono che non ci sia niente di meglio per le labbra a canotto e se così non fosse sicuramente cambierebbe il tono di voce.



Dimenticavo di dirti che ti voglio bene.

venerdì 29 agosto 2014

Un altro giro di giostra.

Di cosa ho paura?
Del tempo che scorre, come tutti o come tanti, ho paura del tempo.
 Ho paura degli attimi che non riesci a trattenere e che scivolano tra le dita e tra le ciglia.
 Ho paura di dimenticare e più ci penso, più ho la sensazione di aver dimenticato qualcosa di fondamentale.
Ho paura del tempo perché il mio tempo è girovago, è fantasioso e non ama la routine. È imprevedibile ed io non riesco a tenere il passo.
Ti sembra di averlo addomesticato per un attimo e ti stai godendo il frutto del tuo lavoro, ti dici che, finalmente, dopo tutti questi mesi, tutti questi tasselli, anche faticosi, sei arrivata al momento, all'attimo perfetto di felicità, all'istante tanto atteso e lui invece ti sorride ed è già sulla soglia della porta con le valige in mano, è già un abbraccio in aeroporto, è una barba che ti strofina la guancia, è una voce che ti redarguisce scherzosa, è un bacio lanciato nell'aria che non arriva.
E scivola via.
Mi chiedo spesso: se la mia vita fosse stata più stabile, legata ad un solo posto, cadenzata dalle ripetizioni quotidiane e circondata da tutti quelli che amo, avrei avuto meno paura?
Il tempo, mi sarebbe parso meno veloce?

È mio nemico questo tempo che corre come un coyote spaventato e affamato.
Ma è al contempo il creatore di momenti magici, il regista di attimi spettacolari, l'ideatore di effetti speciali che ti fanno battere il cuore e piangere di gioia.
È mio amico, questo tempo spilorcio, quando lo beffo trattenendo i ricordi dei momenti più belli e lui me li ritrasmette a colori nei sogni.
È l'omone barbuto e burbero della giostra, quello che ti regala un giro gratis senza sorrisi e tu ringrazi sottovoce, il tempo.
Così , questa notte, navigavamo ancora lungo il fiume, tutti insieme, in slow motion.
In un altro giro di giostra.



giovedì 31 luglio 2014

Guida e prega

Le autostrade americane sono luoghi di meditazione.
La velocità moderata aiuta la contemplazione.
Vicino ai grandi cartelloni che ti invitano a mangiare quintali di tutto, ci sono enormi cartelloni che ti invitano a pregare o che ti regalano certezze.
Quando sei morto, incontri Dio.
Niente angeli disegnati, niente colori pastellosi, niente nubi rosate squarciate da una luce celestiale ma il segno duro di un elettrocardiogramma piatto.
Quando sei morto, incontri Dio.
Ma se c'è la certezza, perché devo chiamare il numero verde stampato sotto?
Intanto scorrono le chiese.
Miglia lente e chiese.
In mezzo al nulla appare la chiesa con il tetto blu,  al posto del campanile un mega display che ti invita a fare grandi sogni.
Qui lo Scettico, complice la stanchezza e la monotonia,  ha avuto un attimo di esitazione, ho sentito il motore che rallentava all'altezza dell'uscita segnalata e forse ha pensato che fosse il posto giusto per qualcuno che lo assilla di sogni raccontati da trent'anni.
No Scettico, non credo si riferiscano ai miei sogni notturni.
Mi sorride.
Il motore riprende e le miglia continuano a scorrere verso la prossima chiesa.
Quando sei morto, incontri Dio.
Come prepararti decidi tu.
 Puoi essere metodista, presbiteriano, pentecostale, luterano, mormone, avventista, evangelico, congregazionista...puoi cantare aspettando o leggere la bibbia o ascoltare in silenzio o pregare.
La velocità moderata aiuta la contemplazione e ad ogni uscita c'è un luogo di culto.


lunedì 21 luglio 2014

Italiani a Detroit...

Diciannove anni che vivo lontana dall'Italia.
Siamo partiti, in una calda estate, con un entusiasta e  piccolo Tecnico di cinque anni che pensava di andare a vivere in una "caverna" perché , durante le dettagliate descrizioni della futura casa,  a parenti e amici, avevo avuto la brillante idea di raccontare anche la disposizione  delle cantine, ipotizzando già  una possibile "taverna" dove organizzare future festicciole. Lo sguardo deluso del Tecnico, dato dalla consapevolezza di dover vivere,  ancora, in una  noiosa casa invece che in una  vera caverna, ci fece sentire per qualche giorno dei genitori indegni.
Cucciolo era un paciosissimo bimbo, di  appena un anno, che aveva giusto giusto imparato il lessico fondamentale di tutti i bimbi, fatto di basiche paroline in italiano che venivano ben scandite da tutto il parentado, innamorato dei suoi sorrisi.
La scelta di partire ha cambiato la nostra e la loro vita. Quante volte mi sono chiesta come sarebbe stata la nostra vita familiare se avessimo detto: no, grazie!
Siamo partiti non per necessità ma per il gusto dell'avventura e questo, credo, alleggerisca il viaggio.
In Italia non si respirava certo un clima difficile in quegli anni e le opportunità di lavoro non mancavano ma l'idea di vivere vite diverse ci affascinava.
Diciannove anni di estero.
Eravamo una coppia di trentenni piena di aspettative e di emozioni, con una gran voglia di divertirci e di scoprire un mondo diverso anche se non lontanissimo dal nostro. Ho sommerso di domande tutte le persone che hanno avuto la sventura di incontrarmi nei primi mesi, io ho avuto la fortuna di incontrare gente meravigliosa.
 Ero come un bimbo piccolo anch'io, dovevo imparare di nuovo a parlare, a muovermi e ad essere autonoma. Ed era un gioco bellissimo.
La sera, a cena, con lo Scettico ci raccontavamo le rispettive marachelle fatte nella giornata e devo dire che, a volte, lo Scettico mi batteva pure.
Come la volta in cui fece un colloquio telefonico surreale con una ignara e immagino allibita infermiera francese, che lavorava in un ospedale pediatrico, cercando di convincerla  in tutti i modi a prendere un appuntamento per la sua Alfa Romeo che necessitava del tagliando annuale...diffidate dei numeri all'estero che vengono consigliati sul libretto dalle case costruttrici.

Perché tutto questo amarcord, vi chiedete? Perché sabato abbiamo partecipato ad una piacevolissima giornata organizzata da ragazzi italiani  che sono qui a Detroit per lavoro, un gruppo formatosi sul web per scambiarsi informazioni, idee, consigli. Un gruppo che accoglie senza alcuna formalità i nuovi arrivati e li circonda di messaggi pieni di vita vissuta e quindi pieni di esperienza. Perché quando sbarchi in un posto nuovo anche le domande più sciocche o che ci sembrano tali hanno il loro spazio e hanno diritto ad una risposta e quasi sempre diventano leggere grazie alla capacità di qualcuno di alleggerirle.

Abbiamo avuto un attimo di esitazione se partecipare o no  e per la prima volta, lo devo dire Scettico, ci stavamo per porre, da soli, un limite d'età.
È stato un attimo perché la voglia di conoscere persone nuove, gente diversa, di farci raccontare nuove storie mica ci ha abbandonato in questi anni.
E quindi vai di strette di mano e di sorrisi che sono stati, come era prevedibile, aperti e cordiali, freschi e spontanei. Una giornata di gioco e di battute, di voci con accenti inconfondibili e caldi, di hot dog e di nutella, di racconti, di domande, di risposte e di consigli.
Consigli dati in leggerezza, mescolati, senza logica apparente, dalla ricotta al documento indispensabile, dalle vaccinazioni pesanti alla pizzeria migliore.
Molti sono di passaggio qui negli USA, altri vorrebbero fermarsi, altri ancora cercano il modo per restare. Non c'è lo stesso ambiente di quando siamo partiti noi oltreoceano, il lavoro è poco ma non è solo questo che li frena a tornare, è l'aria un po' malata che si respira in Italia, è la fatica per fare le cose più semplici e il dover battagliare per tutto, anche per le cose ovvie...così mi hanno detto, con una sfumatura leggera di tristezza negli occhi. Ma l'amore per il loro paese è raccontato da tanti dettagli: dalle magliette che proclamano una provenienza, dai loro giochi di parole, dal cibo che viene raccontato, dal nome del gruppo.
Sono stata bene.


Una bella giornata.
Grazie ragazzi, ma vi avverto che il primo che mi chiama ancora "Signora" verrà espulso d'ufficio  e senza possibilità di appello dal gruppo, me lo ha assicurato il capo.

venerdì 11 luglio 2014

Ti distrai un attimo...

E sono venti.
Venti anni passati in un lampo.
Ti sei appena girata per infilare dei guanti e chiudere un cappottino e ti ritrovi davanti un giovane uomo con gli occhi caldi e un sorriso contagioso.
Per i miei occhi e le mie braccia sei un uomo ma per il mio cuore sei ancora il tenero cucciolo che mi correva intorno, che mi faceva sorridere con le imitazioni improbabili, che piangeva lacrimomi enormi per un ginocchio graffiato, che raccontava storie incredibili.
Nel mio cuore sei ancora il bambino mattiniero che si avvicinava piano piano al lettone e sottovoce mi chiedeva: " Facciamo cozione?"
Nel mio cuore sei ancora Zorro,  sei in grembiulino a scacchi, sei ancora in camicia bianca che suoni il violoncello al concerto della scuola, sei in piedi serio che mi ripeti le poesie, sei ancora sul palco a recitare Re Ubu, sei ancora...
Sei nel mio cuore, sei nei miei occhi e nei miei sogni, ogni giorno. Mi sono distratta un attimo e tu ne hai approfittato per diventare un uomo.
Buon Compleanno, Cucciolo.


martedì 8 luglio 2014

Il dopo

È sempre peggio il dopo.

E assurdamente ci si ritrova a pensare che erano meglio quei momenti terribili che, invece, ti auguravi finissero in fretta, scivolassero via al più presto, si cancellassero, all’istante, dalla mente e dal cuore, di chi li stava vivendo e  soffrendo troppo, da troppo tempo. 
E dopo ti ritrovi a pensare che era meglio prima, anche se era meglio solo per te. 
Un meglio egoista e assurdo, irrazionale e inconfessabile.
Perché il dopo è, per te, solo solitudine.
Questo dopo che è una mano invisibile che ti stringe la gola all’improvviso, ti impedisce di deglutire, di respirare e ti lascia la bocca amara e la mente nera.
È sempre peggio il dopo.

Il mentre, invece, è  una trama di voci, di pelle morbida da accudire, di mani bianche da stringere e riscaldare, di occhi da guardare.
 il mentre è un profumo di lavanda. È rosa di sciarpe.
Il mentre è un fazzoletto di carta appallottolato sotto il cuscino. È un pigiama rosa a fiori.
Il mentre sono colazioni da condividere, quasi serene, in una cucina silenziosa con il caffè fatto come a casa perché la casa è lontana anche se è solo a pochi minuti, oltre quella finestra.
Il mentre è una stanza con il nome di un fiore che è come una tana, un rifugio dove entrano angeli silenziosi e compassionevoli.

E pensi che il dopo sarà solo pace per chi è ormai stanco di combattere, che sarà solo un porto tranquillo per chi ha navigato troppo, che è necessario questo dopo,che è  diventato indispensabile.


Invece il dopo è un silenzio che ti viene voglia di gridare, un buco nero che  si mangia tutti i momenti dolci e ti sputa fuori le tue mancanze, le tue assenze, le parole non dette e quelle dette di troppo.




Siamo in tanti a vivere il dopo, ognuno con il suo dolore, ognuno con i suoi ricordi, giorno dopo giorno.

lunedì 7 luglio 2014

Due gocce d'acqua...

Non so se abbiamo già  fatto due chiacchere, qui nel blog, sul tempo in Michigan.
Forse vi ho tediato verso Gennaio, Febbraio o forse anche a Marzo, con le temperature da Antartide che dovevo affrontare.
Forse vi ho accennato, fino ad Aprile, della spolveratina di neve che imbiancava il paesaggio americano.
Ma non vi ho ancora raccontato niente dei temporali estivi del Michigan...
Evito di dilungarmi e vi dico solo che Pelosone non ha paura di niente. I fuochi d'artificio non lo interessano assolutamente, gli spari  e i colpi di cannone ( a salve!) lo incuriosiscono ma non più di tanto. Pelosone non ha paura dell'acqua e si immerge completamente in apnea, non ha paura dell'altezza e lo ha provato sul campo buttandosi da un balcone del primo piano per raggiungere l'amato padrone.
Però questa notte, per la prima volta, ha raspato alla porta della camera e ha voluto dormire vicino al lettone.

Sempre che non fossero i vicini fuori dalla porta in versione burlona...




mercoledì 25 giugno 2014

Stoney Creek

A due passi da casa c'è un cimitero.
È un cimitero storico e raccoglie le spoglie dei pionieri di questo angolo di mondo.
Donne, uomini, bambini che hanno creato e vissuto questo paesino in un ormai lontano milleottocento, quando questo posto era solo un grumo di case affacciate su Main Street con una scuola e una fattoria modello.
 Le tombe hanno uno strano disordine ipnotico che mi invita a camminare, senza logica, sull'erba che le ricopre.
Cammino tra di loro, ne leggo i nomi a voce alta  e cerco di immaginarmeli, visto che non ci sono foto sulle lapidi grigie.
Attira i miei passi un angelo accovacciato che tiene tra le mani un piccolissimo coniglio reso verde dai licheni e penso istintivamente alla tomba di un bimbo, invece è una coppia di sposi sepolti uno accanto all'altro.
Grandi alberi fanno larghe macchie di ombra e viene voglia di sedersi ad ascoltare i milli piccoli rumori che sono la sinfonia di questo luogo.
Il fruscio delle querce, i trilli improvvisi dei cardinali rossi che fanno spola tra l'erba e i rami, il verso lamentoso delle tortore.
In un angolo sono sepolti sei soldati della guerra civile e sento che  tutta questa pace gli è dovuta. Ricordo ancora i botti della ricostruzione storica nel giorno del Memorial Day e li immagino così, sdraiati sul campo di battaglia, ancora vivi con il rumore di spari nelle orecchie e il fumo nella gola.


 Aspettando aiuto, aspettando la pace, aspettando il buio.
Adesso riposano qui a Stoney Creek.









lunedì 23 giugno 2014

Chi vuole fare un giro?

Prendere la patente in Michigan è una cosa seria e il fatto che tu l'abbia già da trent'anni non da diritto a nessun bonus o punti premio, anzi.
In Michigan solo la patente tedesca e quella della Corea del Sud sono riconosciute, per tutte le altre vige la legge del : e questo cos'è?!
Non più avvezzi alle patenti cartacee, quando gli allunghi il documentino rosa, nel mio caso con elegante  F circondata da ben dodici stelline, lo prendono con sospetto, lo aprono e lo guardano con la stessa aria di meraviglia di un un filatelico che abbia la fortuna di avere tra le mani un Gronghi rosa.
Sorridono, si scusano, te la restituiscono.
Dopo cinque mesi di tentennamenti, scuse e "studio matto e disperatissimo",  Mìgola ha dovuto fare l'esame per avere la "vera" patente, quella che quando la porgi, magicamente, ti assicura un bel: OK!
L'esame teorico consiste in cinquanta domande che descrivono, non sempre chiaramente, diverse situazioni in cui tu puoi, ma Diononvoglia, trovarti, on the road.
Una per tutte: Se, malauguratamente, mentre vai con la tua macchina in giro per strada ti si apre improvvisamente il cofano, cosa ti inventi? a) freni e ti sposti immediatamente a destra; b) rallenti delicatamente e ti sposti il prima possibile a destra; c) cerchi di guardare nello spazio tra il cofano e il motore e continui a guidare.
Pensateci con calma.
La parte pratica si deve passare con un esaminatore (il mio aveva il codino ma non aveva l'età per portarlo dignitosamente) e dura un'ora.
 In un'ora tutto lo scibile stradale deve essere valiato: come si mettono le frecce, come si frena, come si parcheggia in tutte le varie e ipotetiche posizioni, peccato che poi qui in Michigan esista solo la variante con muso avanti e sette metri di spazio tutto intorno.
Per la parte: come si viaggia in autostrada, il mio istruttore si è trasformato in un fan sfegatato di Fast and furious visto che continuava ad incitarmi ad andare sempre più veloce, al punto che ho pensato stesse cercando di trarmi in inganno: Ehi, codino, io non have problem ad andare veloce poi però allo sceriffo lo spieghi tu! OK?
Poi, mentre l'esame volgeva al termine, in zona tranquilla  regolamentata a 25 miglia orarie, mi incomincia a fare domandine teoriche. Ancora?!  Vai, domanda.
  -Se qualcuno che viene in senso di marcia contrario invade la tua carreggiata minacciando seriously di fare un frontale, cosa fai?
 -Sterzo verso destra cercando di evitarlo.
-Mmmhhh. Se sulla tua destra ci sono degli ostacoli quali scegli di colpire?
- Possibilmente nessuno ma se proprio devo, quelli meno grossi?
-Tipo?
-Tipo segnale stradale?
-Mmmhhh.
-Con che parte della vettura lo colpisci?
- Quella dove sei seduto tu, ad esempio?
-Ahhhh vuoi che muoro??!! Scenda pure...



Risultati
La risposta corretta alla domandina del cofano è c.
Tutte le risposte date alle domandine durante la parte pratica erano giustissime. Lo Scettico invece, eroico, che aveva deciso di sacrificarsi gettandosi in frontale contro l'ostacolo per salvare il passeggero, ha avuto punti in meno. 
Scettico hai guardato troppi film ammericani!

giovedì 19 giugno 2014

C'è un rumore nel buio...

Venti ore senza corrente elettrica e non è la prima volta.
Ad Aprile furono quasi ventiquattro le ore.
Basta un temporale di medie dimensioni e cari saluti a tutte le comodità.
Niente luce, gelato che inesorabilmente si squaglia nel freezer, telefonino che perde energia e che minaccia di staccarti dal mondo reale, internet che con un taglio netto ti stacca da quello virtuale, nessuna possibilità di cucinare, niente acqua calda, niente riscaldamento o aria fresca a seconda della stagione.
Nella vecchia Europa mi è successo di restare senza corrente, certo, ma si è sempre risolto tutto in poche ore. Cercando di ricordare i momenti bui, mi sembra che in Italia, ci siano stati blackout di qualche ora, in Francia sono stati rarissimi e velocissimi.
 Qui, in due mesi, due giorni di preistoria, perché ?




Perché tutto è volante, spenzolante.
 Intrichi incredibili di fili attaccati a pali di legno che si litigano lo spazio vitale con la vegetazione esuberante del Michigan. 
Perfino i semafori pendono felici, dondolandosi alla brezza, che poi tanto brezza non è.


   

 E così, basta un ramo che si appoggia, un albero che decide di giocare a braccio di ferro, una folata vivace e interi quartieri si spengono.

La prima volta, da buoni europei quali siamo, dopo un paio d'ore, che già ci sembravano tante, abbiamo incominciato a chiedere ai vicini se fosse cosa normale e con voce allegra e tono sostenuto, per superare il forte ronzio del SUO generatore, che allegramente teneva in vita il SUO gelato, il vicino più vicino ci ha detto che in effetti succede, you know, ma non spesso e che la corrente torna nel giro di qualche ora, you know, non ti preoccupare.

Io, all'inizio, non mi sono preoccupata anche se ci si chiede: come mai tu, vicino con la faccia da John Wayne, se non succede spesso mi investi un bel po' di dollari in un enorme generatore che potrebbe illuminare quattro ospedali da campo?

Però che bello, la società che distribuisce l'energia ci suggerisce, questa volta, di usare una meravigliosa app che ti dice in tempo reale quanti poveri disgraziati sono nella tua stessa situazione (mal comune, mezzo gaudio?)  e ti fornisce una deliziosa mappa della tua zona che ti permette di verificare, in tempo reale, se sei all'interno della sfigarea, che equivale, in termini semplici e chiari ad avvisarti  che sei senza luce. Grazie tecnologia.

Peccato che l'indispensabile app, che tu devi caricare dopo aver già utilizzato una preziosissima tacca del telefonino per chiamare la solita voce registrata, si magni un'altra tacca di energia in un attimo e non ti dia assolutamente indicazioni, nemmeno vaghe, su quanto tempo ci voglia  per trovare e riparare il danno. 

Intanto, scopri quanto siano utili le vecchie tecnologie come le candele e torni a guardare con interesse il libro che sonnecchiava polveroso sul comodino già da qualche tempo.
Finisci la serata mangiando, per dovere, you know,  tutto il gelato, che altrimenti  finirebbe nell'immondizia il giorno dopo e ti addormenti, un po' invidioso, cullato dal suono del generatore di John Wayne, che sarà sicuramente il regalo che chiederai a Babbo Natale.



Piccola scenetta familiare

Immersi nel buio, Mìgola sussurra allo Scettico: meno male che abbiamo il nostro cagnone, se dovesse entrare qualcuno, è sempre una sicurezza. Con convinzione lo Scettico risponde: Almeno inciampano! 







giovedì 12 giugno 2014

Certe notti...

Era qualche tempo che non vi tenevo aggiornati con l'evergreen:  Angolo dei sogni.
Non fate quella faccia, che tanto ci ha già pensato lo Scettico questa mattina.
Questa notte ho sbaciucchiato, con una certa insistenza e lascivia, Ligabue ma non il Liga visto qui, con il taglio di capelli da commercialista (niente contro i commercialisti, ma non sono ai primi posti di una eventuale mia classifica dei tipi da infilare nei sogni notturni, ecco).
Nel mio sogno c'era il Liga di certe notti.
Quindi, ne devo dedurre che: ho un'anima rock nascosta ben bene sotto un leggerissimo strato culturale che, di giorno, mi costringe ad ascoltare Ludovico Einaudi  in casa mentre stiro.
Sigmund, avresti avuto vita facile con me.

mercoledì 11 giugno 2014

We...noio...

Quando sono arrivata in Francia mi sentivo persa, incapace di comunicare. Mi vergognavo ad entrare nei negozi ed avevo il terrore del telefono.
Quando sono arrivata in Spagna mi sentivo persa, incapace di comunicare. Mi vergognavo però un pochino meno ad interagire con gli altri e usavo molto di più le mani, senza arrossire. Rispondevo anche al telefono utilizzando tante esse alla fine.
Quando sono arrivata in Merica mi sentivo persa, incapace di comunicare. Ma, adesso, non mi vergogno quasi per niente ad andare in ogni dove, anzi a volte mi diverto proprio a fare le sciarade e ad osservare le facce allibite di commessi e camerieri.
Ho scoperto che esiste una lingua universale che non ha niente a che fare con l'esperanto ed è fatta di sorrisi, segni e suoni inventati.
Questo non toglie che se qualcuno,  pur timidamente, utilizza una delle lingue che adesso conosco mi devo trattenere perché, di mio, scatterebbe l'abbraccio felice.
Per il momento mi è stato molto più utile il francese dello spagnolo, nonostante sia un detto comune che lo spagnolo è l'idioma più parlato negli Stati Uniti.
Non in Michigan, ve lo assicuro.





martedì 10 giugno 2014

Cahier de doléances

Come ogni bravo cancerino sono legata al passato.
Mi ci rotolo spesso e mi impregno degli odori del passato come fanno i cani quando trovano qualcosa di marcio e molto puzzolente. Non che il mio passato sia marcio o puzzolente, chiariamo, è solo una similitudine.
Penso spesso al passato, lo sfoglio come un libro già letto ma che non riesci a togliere dal comodino e a rimettere sui ripiani della libreria e continuo a rileggerne dei passaggi e a volte rido, a volte piango.
Il mio passato è popolato di fantasmi e di esseri viventi.
I fantasmi tornano a trovarmi spesso, mi chiamano la notte e incredibilmente manteniamo una relazione intensa fatta di storie, litigi, abbracci e amore.
Con gli esseri viventi invece, ultimamente, faccio fatica a mantenere integro e seguire questo filo che dovrebbe tenermi legata al passato.
Anche perché ho la sensazione, sempre più forte, che sia a senso unico.
Sono andata lontano, certo, ma questo lontano è solo fisico, per quanto mi riguarda e non dovrebbe trasformarsi in una assenza di affetto, di fiducia, di amore.
Oggi va così, lasciatemi fare ogni tanto la parte della migrante triste.
Però mi piacerebbe sentire una reciprocità di interesse nelle relazioni.

Intanto qui passano le cerve lente e sospettose e il cielo si prepara alla pioggia.
Oggi va così.





giovedì 29 maggio 2014

Polvere di stelle...ma anche di strisce!

Ritorno a casa, nel mio blogghino, dopo l'emozione della trasferta.
Casa. Questa nuova casa qui in Merica  mi assorbe in maniera totale e i lavori assomigliano vagamente a quelli della Sagrada Familia, quantomeno nella tempistica.
Ho scoperto che gli artigiani ammericani sono super specializzati e questa non è cosa buona.
Chi mette i tubicini dell'acqua  non osa toccare i fili elettrici, chi monta i mobili in legno ha orrore dell'acciaio, chi è addetto ai pavimenti odia profondamente quelli dei mobili e non sopporta quelli dei muri, quelli dei muri hanno un'allergia grave per quelli dei fili elettrici e cercano di sabotarne il lavoro nottetempo ... ma tutti hanno in comune un amore smodato per la polvere 'che, se non riescono a produrla in buona quantità in loco, se la portano in comodi sacchetti monodose direttamente nel camioncino per spargerla, con classe, come fosse la polverina magica di Trilli.
Ma la figura che apprezzo maggiormente in questi giorni è quella dell'architetto: femmina, sempre elegantissima, dinerovestita, capelli lunghi, lucidissimi e mani curate alla perfezione, entra in casa come un'apparizione, sorride felice anche quando qui regna il caos più totale (tanto lei la cucina l'ha pulita e perfetta), mi dice cose incomprensibili ma sicuramente tecniche e precise, guarda con sospetto i miei jeans e le mie t-shirts impolverate e se ne esce sfarfallando.
L'altro giorno però ho lasciato, involontariamente certo,  che Pelosone le facesse tante coccole...e chi ha cani sa che siamo in piena stagione del cambio pelo.

Aggiornamento in tempo reale:
quelli che hanno installato il piano di lavoro in marmo hanno sbagliato misure e hanno fatto un buco troppo piccolo che non permette l'installazione della piastra di cottura al super specializzato installatore che se ne è andato offesissimo...

"Mister, ehi mister sorry, si è dimenticato di spargere la solita quintalata di polvere..."
È andato...
Peccato. Comunque per allargare il buco nel marmo con la mola diamantata ne faranno sicuramente anche per lui...







venerdì 9 maggio 2014

Tutti da Lucy!

Sono per la prima volta in trasferta.
Emozionata ospite di Lucy, posso perfino invitarvi direttamente da lei.


Ero Lucy van Pelt...Mìgola girovaga



Vi aspetto.

sabato 3 maggio 2014

A Fistful of Dollars

Ho il caminetto acceso, fuori pioviggina e gli alberi stanno facendo una gran fatica a mettere fuori qualche fogliolina. Insomma non sembra proprio maggio o almeno il maggio a cui sono abituata, il maggio dove è tutto già  verde, i fiori sono ovunque e gli alberi hanno praticamente finito la fioritura con i petali che si scolorano sui marciapiedi.
 Qui è ancora tutto in divenire, piano piano.
 È la mia prima primavera su questo continente e sono curiosa di scoprire le piante che ho intorno, cosa si nasconde nella pancia del mio giardino.
Il vicinato è  già scatenato con il giardinaggio, anche se mi pare si focalizzi molto sullo stato di salute dell'erba, vengono dispersi sacchi enormi di concime e i tagliaerba si sgranchiscono alla grande.
Credo che i vicini ci tengano d'occhio, con discrezione ma con una certa apprensione.
Noi non abbiamo ancora avuto il tempo e il coraggio di affrontare il lato esterno della casa, presi da cartoni, lavori, ricerca di materiali...
La nostra erba è tendente al giallino e si indovina un futuro deserto di erbacce nelle aiuole, i vasi sono  in versione invernale ma questo particolare vedo che è condiviso da tutto il vicinato... e se loro non piantano niente, ancora, vuol dire che sanno qualcosa chi io non so.
C'è un opossum che gironzola in giardino e a differenza della vicina che si produce in suoni di disgusto al nominarlo, io lo trovo simpaticissimo.
Si alternano artigiani in casa per la ristrutturazione della cucina: smantellano, smontano, spostano, lavorano ed io ascolto e mi sembra di avere Clint Eastwood nell'altra stanza che recita in Per un pugno di dollari.
Sarà un brutto giorno quando capirò l'inglese perché perderò il fascino di una lingua che ha accompagnato tutta la mia vita con la musica, nei film, restando, per me, tuttavia, misteriosa e ricca di fascino.
Probabilmente stanno solo parlando di mogli noiose e di troppe tasse...che delusione.



giovedì 10 aprile 2014

Good Friday

Questa notte mi chiamavi. Ti ricordi? Come il giorno che ho fatto l'appendicite, avevo dieci anni e non riuscivo a svegliarmi dall'anestesia. Cercavo di aprire gli occhi ma le palpebre erano troppo pesanti e tu mi chiamavi seduto vicino al letto. Più passavano i minuti più la tua voce era forte e decisa. Pensavo fossi arrabbiato con me, invece eri spaventato.
E questa notte mi chiamavi e la tua voce era così reale che ho aperto gli occhi, subito, pronta.
Eccomi, ti ho detto.
Sono giorni difficili, giorni del ricordo. Ogni minima cosa mi riporta a quei momenti. E tu vieni a chiamarmi, ogni anno.
Strano mese questo Aprile dove la casualità, il destino ha mescolato giorni felici e giorni tristissimi, tutto in una manciata di pochi numeri.
Qui il 18 sarà il Good Friday, il buon venerdì. Strano modo di chiamare il giorno della Passione.
La sola e importante cosa buona di venerdì 18 sarà che ci ritroveremo tutti insieme, noi quattro, da angoli diversi del mondo e parleremo di voi e sorrideremo con i soliti aneddoti e fioriremo questa giornata con tutto l'amore che abbiamo e sarà come portarvi rose rosa e rami di pino.
Tranquillo, papà, sono sveglia.

mercoledì 2 aprile 2014

Fondamentalmente aspetto...

Passeggio tra case con imperterrite decorazioni di Natale, anche se Pasqua, dicono, è alle porte. Ma sento la Primavera.
Le bandiere strisciostellate, sbattendo allegre, sotto l'impulso di questo vento stranamente tiepido e che sembra voler scacciare via tutti i residui tristi di un inverno veramente interminabile, mi aiutano ad alzare il viso ed annusarla questa Primavera.
Oggi ho spalato (spalare è un verbo forte visto che ho utilizzato una paletta per raccogliere la polvere) l'ultima neve che invadeva ancora la terrazza ma che incominciava ad innervosirmi.
Aspetto, con ansia crescente, le mie cose che sono in viaggio da quasi tre mesi ormai e che, secondo le ultime notizie, dovrebbero essere su un lunghissimo treno merci da qualche parte tra qui e New York. Si avvicinano, lentamente, ma si avvicinano.
Intanto studio il codice stradale del Michigan, i segnali in parte diversi dai nostri,  le velocità in miglia, come girare a sinistra senza sfiorare una strage e grazie allo Scettico ho anche già provato il brivido di essere fermata dalla Police e ho appreso, con metodo montessoriano, tutta la procedura codificata di cosa fare e cosa assolutamente non fare quando un poliziotto si affaccia al tuo finestrino con la mano sulla pistola. Riassumendo: mani ben in vista e sul volante ( nessun smanettamento all'italiana, please!) gran utilizzo di Sir, aria umile,  immediata ammissione di colpa, patente straniera e gran entusiasmo di essere sul continente americano. Vi assicuro che per lo Scettico ha funzionato.
Osservo, senza stancarmi, il passaggio delle "mie" quattro cerve che, ogni giorno, passeggiano davanti alla cucina facendomi sorridere e pensare immediatamente al mio papà.
Me lo sono immaginato, più volte ormai, qui al tavolo a cena con me, guardare le cerve passare e scuotere la testa incredulo e sorridere sornione pensando alle sue levatacce mattutine e alle lunghe marce silenziose per scorgere, con il binocolo, lontano, un timido capriolo.
Intanto aspetto il treno.



giovedì 27 marzo 2014

Che cosa sei?


 Guinzaglio teso al massimo e naso in aria.
 Per Noris, un procione morto sulla strada ha un odore che riempie naso e testa. Sconosciuto e nuovo, pesante come la melassa.
 Prima di proseguire la nostra passeggiata dovevamo  assolutamente approfondire.
 Ci siamo seduti sul prato che costeggia la carreggiata e abbiamo studiato un corpo scomposto, lontano, solo attraverso il suo odore.
Quando tutto è stato chiaro siamo potuti ripartire.
Vivo o morto, adesso, lo riconosceremo ovunque, questo procione.
Anch'io ci ho provato ma l'odore della macchine e dell'erba e della terra mi si mescolavano nel naso in un polveroso intruglio fastidioso. Nessuna forma nella mia mente, nessun colore.
 Per Noris una forma e un colore, ne sono certa.
Chi ci ha visto di sfuggita questa mattina, scorrendo a 45 miglia orarie, ha sicuramente pensato ad una strana coppia.









lunedì 24 marzo 2014

Nice to meet you...

È bella la gente.
Nella diversità che ci caratterizza, proprio per la diversità, è bella la gente.
Più invecchio e più apprezzo incontrare persone, scoprirne le sfumature, i gusti, le storie.
Mi piace ascoltare le vite degli altri che sono come romanzi, anche quando sono semplici in apparenza.
C'è chi si racconta meglio di altri e cattura l'attenzione del pubblico ma quando diventi un ascoltatore attento non ti fermi alle prime pagine di presentazione e cerchi tra le righe i colori e le sfumature e in genere scopri belle persone.
Mi dispiace per chi non sa ascoltare.
Certo, come tutti mi piace raccontare pezzi della mia vita perché ognuno di noi trova le proprie storie interessanti ma ascoltare gli altri è come aprire finestre su paesaggi nuovi e sconosciuti.
Ho aperto finestre su mondi incredibili o su muri grigi con tracce di muffa ma non ho mai rimpianto di essermi affacciata.
Questa vita girovaga mi avrà sicuramente tolto qualcosa, allontanato da pezzetti del mio cuore, fatto scorrere qualche lacrima, creato piccole ansie ma mi ha regalato la possibilità di essere una persona più curiosa, attenta e aperta verso gli altri e di trovare dietro ogni angolo belle persone che ti si mettono a fianco, ti sorridono e si raccontano.
Incontro belle persone nel mio girovagare...

giovedì 20 marzo 2014

Messaggi contrastanti


Questa mattina, mentre preparavo la colazione, il pick-up del vicino si accende.
 A proposito, qui in Ammerica le macchine si accendono da sole, mentre il proprietario è ancora in casa, in doccia, in cucina, loro si riscaldano e viste le temperature è meno una tamarrata di quanto si può pensare all'inizio.
Dicevo, questa mattina, con un buio profondo, stavo preparando la colazione quando i fari del macchinone si accendono illuminando il prato e uno strano sfavillio mi incuriosisce...che sia neve?
Neve, ancora.
Una mezz'oretta dopo sono già  proiettata, con la solita dotazione di: giacca a vento, cappello, guanti sacchetto ( chi ha un cane ha capito l'utilizzo del sacchetto!), nella frescolina mattina del Michigan.
Marciapiedi ghiacciati, neve a cumuli, alberi in completo sonno invernale e qualche povero scoiattolo    infreddolito.
Ma dopo pochi minuti eccole!
Le oche canadesi sono di ritorno, a coppie, a stormi riempiono il cielo di grida e si chiamano e si raccontano e si scambiano coordinate di nidi e di laghi.
A loro non importa della neve di oggi perché la sentono la Primavera, la sentono nel becco e nelle ali e la raccontano volando basse.
Noris ed io le guardiamo affascinati.
Noris veramente preferisce gli animali terrestri che sono a portata di naso ma io adoro questi uccelli imponenti, che volano fianco a fianco per tutta la vita, cercando ogni volta un posto giusto dove fare il nido. Nonostante il peso riescono ad essere così  eleganti.
E grazie alle oche canadesi mi ritrovo a pensare che la Primavera è alle porte, ci credo e sorrido sola, in mezzo alla neve che mi sfarfalla intorno.
Buona Primavera a tutti.

giovedì 13 marzo 2014

Di date, di lavori e del baciamano...

Nelle varie case che abbiamo abitato in questi anni, se si escludono quelle in affitto, abbiamo sempre fatto dei lavori di ristrutturazione, per renderle il più possibile confortevoli e vicine ai nostri gusti. Quando dico "fatto" intendo dire "fatto fare" perché lo Scettico, che ha tanti pregi, non ha certo il dono di essere un bricoleur.
Per carità, in certe occasioni si è lanciato e ha tirato fuori tutte le sue abilità ma come sentenziò la mia mamma dopo una settimana di prove idrauliche in un mini bagno: meno male che non ci deve mantenere la famiglia!
Tornando ai lavori, abbiamo incontrato, sul nostro cammino di proprietari di case da rinnovare, tutte le varie categorie di artigiani con le più diverse tipologie e caratteristiche date anche dalla provenienza geografica dei suddetti.
Ci sono stati italiani, polacchi, portoghesi, francesi e adesso americani.
Un capitolo a parte la meriterebbero i polacchi che sono, credo, tra gli ultimi gentleman esistenti al mondo. La prima mattina che ho aperto la porta alla squadra di operai che dovevano costruirmi una veranda, in jeans e maglietta con mollettone nei capelli pronta alla battaglia, mi sono ritrovata, senza capire come, con la manina a mezz'aria e un codazzo di energumeni che mi facevano il baciamano che nemmeno a Backingham Palace lo fanno così perfetto. Dopo i primi due giorni di imbarazzo, alla terza mattina la mano si metteva in posizione da sola e io mi sentivo una gran dama che accoglieva i cavalieri sulla soglia del castello.
Torniamo ai lavori a alle categorie.
Ci sono stati operai attenti alla pulizia della casa che impacchettavano e pulivano il loro cantiere in modo magistrale ed altri che sembravano Pig-Pen in gita.
 Ci sono stati artigiani che cercavano la soddisfazione nel dettaglio perfetto ed altri che si innervosivano quando facevi notare macro errori nei loro lavori facendoti sentire la pignola rompiscatole e pronunciando strane paroline nella loro lingua d'origine.
Ci sono stati professionisti che spiegavano e dettagliavano ogni passaggio del loro operare con puntigliosità da chirurgo ed altri che ti smontavano pareti intere con due mazzate e poi, con sorriso fanciullesco ti dicevano: Ah non glielo avevo detto signora che era necessario?!
Ma una cosa, una sola, unisce tutti gli artigiani del mondo di tutte le etnie possibili: l'incapacità assoluta di mantenere la promessa fatta in quanto a date di fine lavori. Non c'è niente da fare, è più forte di loro, non ci riescono. Sarà che quando ti fanno la presentazione e la spiegazione dei lavori ti vogliono stupire con effetti speciali e sparano giorni e date ad effetto: non si preoccupi signora due giorni ed è tutto fatto, forse due e mezzo ma per stare sicuro eh! Perché quando dico una cosa io...
Poi i giorni diventano otto, dieci, quindici...no signora ma guardi è stato proprio un concatenarsi di robe che non mi succede mai...
Quando, anche qui, l'americano di turno si è messo a sparare date ad effetto il sorriso è nato spontaneo e quasi quasi rischiavo l'incidente diplomatico.
Quando ieri, lo Scettico ha dovuto alzare la voce al telefono per un evidentissimo ritardo nei lavori, mi sono detta che è bello avere dei punti fermi nella vita e che cambiano le temperature, i paesaggi, il cibo, l'idioma ma che alcune cose restano invariate e seguono meccanismi tradizionali.

Almeno imparassero a fare il baciamano...

martedì 11 marzo 2014

Mèrica, cossa saralo 'sta Mérica?


In questi anni di traslochi, spostamenti, cambi improvvisi, ritorni, ho incontrato tantissima gente.
Sono in viaggio da tanto tempo.
Ho stretto chissà quante mani, ho sorriso molto, a volte per dovere, a volte per sentita simpatia. Ho organizzato incontri,  per conoscere la gente intorno a me, per creare legami.
Ho creato moltissimi legami.
Quando si posano le valige in un nuovo posto, dove in genere non si conosce nessuno, non è facile capire a quali porte bussare, le prime volte hai perfino paura di bussare ma, dopo tanti anni di viaggio, stringi il pugno e bussi, con discrezione ma in modo deciso, perchè sai che è inutile sederti in una sala d'attesa vuota ad aspettare.
 Mentre mi preparavo a  partire per il nuovo mondo mi chiedevo come aprire, ancora, le famose porte della socializzazione. Questa volta senza figli al seguito da aiutare e senza la famosa frase: non ti proccupare conosco l'amica di mia cugina che ha la sorella che è proprio in quel posto...

Di solito bisogna diffidare delle sorelle delle cugine delle amiche.

In un pomeriggio di solitudine alsaziana, sorridendo io stessa della mia strana idea, ho scritto una moderna lettera elettronica ad una associazione che ha la migrazione nello statuto.
Iniziali mail di cortesia ma che lasciavano già intravedere un senso spontaneo di accoglienza e poi, finalmente, l'incontro con una persona speciale che mi ha completamente conquistata, in soli cinque minuti, con un mix di sorrisi e dialetto trentino. Ieri,  questa persona speciale, mi ha portato a conoscere la sua mamma, novanta anni di simpatia e di energia e ho trascorso una giornata meravigliosa con la sensazione calda e tenera di essere di ritorno, "a casa".
Dei ritorni parleremo un'altra volta.
Ho ricevuto abbracci così veri che mi hanno profondamente commosso, sono stata coccolata con i piatti della mia, della nostra, terra, che qui in Mèrica sono ancora più saporiti, ho riso di ricordi e ascoltato storie di vite difficili ma solide e ricche di amore e di grande dignità.
E non sarei più ripartita da quella casa deliziosa e ferma nel tempo, dove la parola accoglienza ha trovato, in sessant'anni di migrazione, la sua essenza più pura.
Grazie.

Dall'altra parte del mondo,  adesso, non sono più sola.




giovedì 6 marzo 2014

Alle mie nonne che forse avrebbero sorriso dell'otto marzo


Quando girò il chiavistello, facendolo scivolare delicatamente, intravide il verde della divisa e automaticamente abbassò lo sguardo sugli stivali. Erano stivali consumati e sporchi ma, anche così, ispiravano timore con la loro robustezza e facevano intuire la cura con cui erano stati unti e lucidati, qualche giorno prima. Pensò immediatamente ai bambini e oppose resistenza con la spalla, pensò al poco cibo che era rimasto, pensò alla fame come unico legame con gli uomini oltre il cancello. Gridavano ordini che lei capiva benissimo ma non rispose. Spinse ancora più forte e richiuse il portone. Corse in casa sperando di non sentire una raffica sulla debole serratura e si infilò in cucina. Le bambine erano spaventate, la grande piangeva seduta in un angolo, mentre la seconda cercava di distrarre il neonato, infagottato nella culla, porgendogli un cucchiaio di legno. Prese il bimbo in braccio e fece accoccolare le figlie per terra, tra le sue gambe. Sicuramente sentivano i battiti del suo cuore.
" Mama, te struchi masa el popo..." la sua secondogenita, con gli occhi da grande,  la fissava seria e preoccupata.
Ma le voci si stavano allontanando.
Quella sera il latte era scomparso dai suoi seni e il neonato pianse tutta la notte.


La strada era particolarmente polverosa, non pioveva da quasi due mesi e il calore, mescolato alla sete, faceva sembrare quel tratto di salita infinito. Le bestie ansimavano e le armi, caricate sul carro, producevano rumori metallici cupi. Vicino a lei il soldato camminava con un'espressione dura e preoccupata. Chissà cosa pensava, a chi pensava? Dopo la curva, la salita divenne ancora più dura e le bestie rallentarono affaticate. Il soldato invece allungò il passo e con un balzo si sedette sul carro. Il contraccolpo sul giogo fece fermare le vacche. Il soldato assunse un'espressione stupita, non capiva nemmeno il perchè, 'sto grullo. Lei si avvicinò, lo prese per il bavero della giacca e senza sforzo alcuno, lo rimise a terra. Mentre si fissavano negli occhi, lei schiocco la lingua due volte e gli animali, pronti, ripartirono:
" Cammina anche tu, tedesco."

Sono due aneddoti legati alla vita delle mie nonne. La prima, trentina, donna minuta e apparentemente fragile, sfollata durante la seconda guerra in Val di Non. La seconda, una possente donna toscana, con un carattere d'acciaio e due braccia degne di un culturista dei giorni nostri. Due donne distanti e diverse per cultura e carattere ma unite dal coraggio di essere madri di cinque figli, entrambe, durante uno dei periodi più difficili della nostra storia.
Io porto i loro nomi di seguito al mio e mi piace pensare che abbiano lo stesso effetto dei rafforzativi nella lingua italiana.
Mìgola Augusta Luigia.

lunedì 3 marzo 2014

La mia grande bellezza...ringraziamenti

Grazie cari lettori

sono molto emozionata, è un momento eccezionale, unico.
Vorrei ringraziare la mia maestra delle elementari che mi ha insegnato a scrivere e senza la quale, oggi, voi non potreste leggere queste mie riflessioni fantastiche.
Vorrei ringraziare i miei compagni di banco che si sono succeduti e alternati nel corso di tutta la mia scolarità, più precisamente: Cristina, Elisabetta, Katiuscia, Riccardo, Mariarosa, Antonella che mi hanno lasciato copiare, di quando in quando, permettendo così di realizzare il mio sogno e di arrivare alla maturità.
Vorrei ringraziare particolarmente il preside delle superiori, che si divertiva malignamente a mettere le pagelle in ordine di merito accademico, per essere stato la molla che mi ha spinto sempre a cercare di essere nei primi posti delle liste e devo ammettere che il mio cognome mi aiuta alquanto.
Ringrazio l'usciere dell'università che mi ha permesso, per quattro anni, di ritrovare l'aula giusta al momento giusto e vorrei dire, qui e pubblicamente, che lo perdono per tutte le volte che ha scrollato tristemente il capo dando l'impressione di parlare con un caso umano. Ciao usciere, mi perdo ancora ma adesso sorrido!
Vorrei fare un ciao ciao a tutte le bibliotecarie con gli occhiali, incontrate in questi anni di studio matto e disperatissimo e ringraziarle per la colonna sonora fornita, fatta di sibili e percussioni da tavolo, che davano un ritmo alle giornate uggiose di preparazione esami.
Saluto e ringrazio tutte le varie e numerose insegnanti di inglese che hanno avuto la sfortuna di incrociarmi durante la loro carriera e rassicurarle 'chè non è una questione di metodo ma sono proprio io negata e comunque adesso metterò a frutto tutte le varie lesson che non ho imparato.
E poi, a sorpresa, vorrei ringraziare tutti i cugini, cugini di secondo e terzo grado che mi hanno sostenuto, le zie che mi hanno coccolato e tutti i vicini di casa, anche quelli che non salutavano mai la mattina e che parcheggiavano costantemente davanti al garage di casa, obbligandomi a sciacquare i panni in Arno. Grazie papà per questa ricchezza del linguaggio toscano.
Poi lasciatemi concludere con un ringraziamento a Gustav Thoni che è stato per anni il mio idolo e il mio punto di riferimento nelle prime discese sui miei  sci di legno, bianchi e blu, della Elan.
Un saluto alla mia mamma che se potesse leggere direbbe: No te ghai niente de pu importante da far ancoi che scriver stupidade? Ti voglio bene mamma.
Ringraziare e salutare i miei figli:  ragazzi adesso il cellulare ammericano funziona, provateci!
Mio marito che  è la mia grande bellezza.


ps
Spero che qualche lettore colga l'umorismo del post...spero...no?!



venerdì 28 febbraio 2014

Overland Stage Line

Buckingham Palace.

Londra è viva, vive a mille velocità, cambia marcia ad ogni fermata di "tube".
Ogni volta che esci da sottoterra una nuova Londra ti appare, a volte verde e altolocata, a volte babilonica, a volte modernissima ma mai disattenta. Ogni entrata di metropolitana è sorvegliata da addetti molto presenti e normalmente gentili. Quando sei a Londra ti rendi conto della latinità di Parigi, ad esempio e anche della sua capacità di farti sentire trasparente e fastidioso.
Londra è maestra nel  coniugare tradizione e modernità senza forzature. Ho visto Camden Town e ne sono rimasta incantata.


Facciata di una casa a Camden Town.


Chi fosse in partenza per Londra faccia un giretto in questo quartiere incredibile. Il recupero di antiche stalle reali ha del fenomenale.
A Londra bisogna ricordarsi in fretta di cambiare i propri meccanismi mentali legati alla concezione di destra e sinistra e per una come me, che ci mette qualche bel secondino per ricordarsi la maninaconcuiscrive, il rischio di essere fatta fuori da un elegante taxi londinese è sempre in agguato.





Discesa dalla Cattedrale a Losanna.



Ho passeggiato per Losanna, salendo e scendendo in un gioco di piani che ti trasporta, non senza fatica, in zone temporali diverse della città. La metropolitana di Losanna è quasi una cremagliera in certe zone e le fermate sono scandite da suoni e voci che hanno un che di disneyano, pulita, silenziosa, ordinata, protuberanza scontata della città che la sovrasta.
Losanna è il posto perfetto per riappacificarsi con la propria condizione di "pedone", è sufficiente, infatti, avvicinarsi al bordo di un marciapiede, in prossimità delle strisce pedonali, per percepire  una forza misteriosa, simile ad un campo magnetico, che rallenta e poi blocca le automobili in arrivo da ambo i lati, dicono si chiami: educazione stradale.






Ho salutato Strasburgo con tenue nostalgia. Sono stati tre anni piacevoli, vissuti in una città facile e gradevole, ricca di tradizioni e dai dintorni incantevoli. Ma non lascio il mio cuore qui, ho faticato per fare qualche conoscenza, forse ho bussato alle porte sbagliate e ad alcune ho bussato troppo tardi.
A Strasburgo fate attenzione ai ciclisti che sono, credo, i più prepotenti d'Europa. Se osate invadere una ciclabile, anche solo con un piede, rischiate di essere travolti senza pietà, in nome di una ecologicità trasformata in terrorismo.


Rochester.


Poi sono tornata qui, infilata di nuovo in un inverno che pare voglia vincere tutti i record, nel cuore freddo del Michigan.
Aspettando container, aspettando la primavera, aspettando visite.
Sui mezzi pubblici non ho molto da dirvi perché semplicemente sono una rarità, e gli unici pulmini che sfrecciano sono gialli e pieni di ragazzini, presumo urlanti. Narra la leggenda che non esistano nemmeno orari affissi alle fermate, tu ti metti più o meno lì e aspetti.
La diligenza passa sempre prima del tramonto, gringo.