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martedì 23 luglio 2013

Inizia lo spettacolo

Non pensavo mica di lasciarvi così...anche se, nel dormiveglia estivo, forse nessuno ci avrebbe fatto caso.
Ho smaltito qualche cartone del trasloco del Tecnico, mi sono immersa nei sacchi neri (proprio quelli grandi dell'immondizia, pare per mancanza spazio nella valigia!) di Cucciolo che è già rientrato dalla sua adorata terra rosso crociata e che è in fase organizzazione stage in Siviglia. Tutto questo preparando zaini per la montagna e rassicurando lo Scettico che tutto, proprio tutto ci starà in macchina.

Boccheggio aspettando l'aria delle mie montagne e zampetto per casa in attesa di lenti e misurati passi che portano in alto.

Ci saranno cieli meravigliosi e roccia rosa, ci saranno fischi di marmotte pigre e rifugi rumorosi, ci saranno fiori e chiazze di neve, ci saranno nubi di temporali e mattine brumose, ci saranno tramonti da commuoversi e albe da non perdere, finestre da aprire sorridendo e rumore di aghi di pino che scricchiolano, ci saranno camosci lontani e musoni e campanacci lenti che si avvicinano curiosi e acqua che scorre felice e api in ritardo e stelle alpine da guardare e polenta da assaporare e...
Ssssstttttt......
Entra in scena il mio Trentino... e sarà uno spettacolo, come sempre.
Ci si vede nel foyer, forse all'intermezzo o sicuramente alla fine, per raccontarci le sensazioni.
A presto...
Ah dimenticavo la colonna sonora...


 

 



mercoledì 17 luglio 2013

Quando inizia la musica

 
 
Quando inizia la musica e loro cominciano ad uscire da dietro la scena, sorridenti e freschi come le rose appuntate sulle giacche e sugli abiti leggeri, Mìgola inizia a piangere. Non lacrime discrete e signorili, quasi adatte all'occasione, ma un vero e proprio pianto, con il singhiozzo in gola e grosse e calde pallotte salate che rotolano velocissime verso il vestito, disegnando grosse macchie sul tessuto.
Applaude Mìgola e non solo al suo Tecnico ma a tutti quei ragazzi che, per un momento, sono tutti suoi, come tanti pulcini che si sparpagliano nell'aia incoscenti e teneri.
Quando inizia la musica si ferma il tempo e si mescolano i ricordi come i colori su una tavolozza di un pittore, ricordi puri che mescolati danno questo momento, proprio questo e nessun altro.
Sfilano davanti al palco e scendono tra il pubblico, cercando con gli occhi altri occhi, come bimbi all'asilo in una rumorosa recita natalizia e qualcuno accenna un saluto veloce.
Quando inizia la musica  è come un'onda che investe la sala, un brivido che scorre fino in fondo e scuote il pubblico facendolo vibrare all'unisono e i miei sentimenti si mescolano a quelli di una mamma francese, di una tedesca o dell'isola della Rèunion.
Quando inizia la musica ti accorgi che  è assolutamente inutile cercare di fermare le lacrime e ti lasci andare anche se al tuo fianco ci sono uno Scettico  e un Cucciolo che ti osservano e sorridono sornioni.
Congratulazioni ragazzi e che l'Herald-Tribune sia con voi!



mercoledì 10 luglio 2013

Un giallo a Èze...

“Eppure mi chiamo Mario … “questo andava borbottando tra sé mentre percorreva quel vicolo. Stava vivendo un film, uno di quei film americani, ma lui non si chiamava Kevin o John e non lavorava per la CIA o FBI. Lui era semplicemente Mario e lavorava in un’agenzia investigativa di provincia. Un lavoro tranquillo in un ufficio spoglio dove le uniche grandi azioni erano quelle di pedinare coppiette. Un lavoro sottopagato ma che a lui bastava per vivere, per vivere una vita tranquilla. Quella vita che improvvisamente era stata sconvolta perché durante uno dei suoi monotoni pedinamenti aveva visto troppo: aveva visto quello che non doveva vedere.
Ed ora era braccato, qualcuno lo stava seguendo. Lui non ci era abituato, lui non era mai stato spiato, perché lui era quello che spiava.
Non sapeva nemmeno come ci era finito in quel paese. Aveva imboccato l’autostrada ed era riuscito a seminare quei fari che per tanti km aveva veduto fissi nel suo retrovisore. E adesso era lì ad aggirarsi per un vicolo sconosciuto di un paese di cui non conosceva il nome e sentiva solo il suono dei suoi passi.
Aveva bisogno di riposare, sì aveva proprio bisogno di tranquillità per riordinare le idee per capire cosa ne sarebbe stato della sua vita da braccato. Sapeva molto bene che non gli avrebbero dato tregua, che era diventato un uomo pericoloso, perché se avesse parlato e avesse detto quello che aveva visto, sarebbero saltate poltrone molto importanti.
Finalmente la luce gialla di un lampione e la fine di quel vicolo angusto. Finalmente l’insegna di una locanda, laggiù seminascosta. Ci avrebbe dormito sopra, sì era la cosa migliore da farsi.
“Domani con la luce del giorno tutto sarà più chiaro, domani saprò dove mi trovo e saprò dove andare.”
Con questa sicurezza nella testa Mario percorse gli ultimi passi che lo facevano uscire da quel vicolo che non conosceva in quel paese di cui non sapeva il nome...

Ebbene caro Mario te lo dico io il nome...Èze.


Grazie a tutti per aver giocato con me, lo sapevo che i blogger sono scrittori dentro...ma la scrittrice vincitrice, ad insindacabile giudizio della giuria, cioè io me medesima, è una bolognese verace e autrice di un fresco e simpatico blog di pianura.




Il futuro nelle radici

 
 
Il futuro.
 Io in questi giorni penso più al futuro dei miei figli che al mio e credo sia normale.
Mi sento radice più che foglia e mi piace.
Quando ero piccola ed ero assolutamente foglia, procedevo per tappe.
Affidandomi ad una Entità Superiore molto vaga ed indistinta, chiedevo di poter arrivare ad una determinata meta, ritenuta al momento fondamentale, raggiunta la quale, l'Entita Superiore avrebbe tranquillamente potuto disporre di me anche fino alla risoluzione finale.
- Fammi, perfavore, finire le elementari, poi sono a posto!
-Fammi superare gli esami di terza media, poi sono a posto!
E via così, vi risparmio le varie tappe che, crescendo, chiaramente diventavano sempre più importanti, facendoti sorridere per quello che avevi chiesto prima.
Di tappa in tappa ho raggiunto quasi tutto quello che desideravo.
 Credo che le foglie novelle chiedano all'Entità di arrivare indenni all'autunno innoltrato, senza essere mangiate, bucate strappate...
 
Ogni tanto mi guardo indietro e vedo che ho già fatto un bel pezzo di sentiero poi mi giro e vorrei strappare promesse per altri.
 
Il futuro è solo la promessa che vorremmo strappare all' Entità in cambio  di poco o niente.
 
Tutta questa sbrodolata per arrivare a raccontarvi del regalo che ho ricevuto,  per posta, questa settimana con una dedica deliziosa.
È l'ultima opera, data alle stampe, dal mio carissimo amico Guido Leonelli, poeta e scrittore, che attraverso il dialetto riesce a trasmettere sensazioni intense. Quest'opera è come un piccolo manuale di storia e, al tempo stesso, è un tenerissimo libro per bambini. Guido racconta vecchi mestieri aiutandosi con poesie fresche ma non scontate. Si è guardato indietro e ha colorato il passato con colori adatti ad un bambino per non annoiare, per stimolare, incuriosire e, per farlo, ha scelto il dialetto.
Il dialetto come un regalo alle nuove generazioni.
Guardarsi indietro per andare avanti, ecco il trucco. Non saltare le tappe, non dimenticare niente, seguire il sentiero con lo zaino ben saldo sulle spalle, perchè senza quello, ad un certo punto del cammino, sei perso.
 
 
Conoscere la strada che ci siamo lasciati alle spalle è l'unico modo per tornare a casa.
 
Grazie Guido
 
 
 
 
 
 

giovedì 4 luglio 2013

Raccontami una storia...

Un  recente amico di Fb ha iniziato, credo casualmente, un simpatico ( lui è certamente un tipo simpatico, anche se devo ammettere che è uno dei pochissimi contatti di Fb che non conosco personalmente)  gioco aperto ai suoi amici. Lui mette una foto, per ora sono foto di gatti, e loro devono cercare di inventarsi una storia che sentono vivere dietro e dentro la foto (più o meno, forse non è iniziato proprio con questa motivazione ma è lo stesso). Fb è normalmente il regno della frase breve, del botta e risposta eppure qualcuno si è lanciato in mini racconti esilaranti e intriganti. Mi sono chiesta cosa poteva venirne fuori sul blog, dove, notoriamente, la gente è più disponibile al racconto, al lasciare correre la fantasia. Ci proviamo?
Le regole non ci sono: io ci metto la foto e voi il resto. Storia, intrigo, personaggi, ambiente, dialoghi...
Premio? Il prossimo post alla storia migliore.
Giocate? 


 


Qualcuno è disposto anche a cercare di indovinare dove ho scattato questa foto?

martedì 2 luglio 2013

Istantanee da un terremoto

Ricevo una foto sul telefono.
Apro le foto sempre in allegria perchè, in genere, sono momenti particolari, situazioni divertenti che  si sono prodotte in qualche parte del mondo e che qualcuno ha pensato di condividere con me, che sono in un'altra parte del mondo.
Ma questa è triste.
È un pezzo della mia casa, in pezzi.
È la casa del mio papà, la casa dei miei nonni, dei miei bisnonni che è arrivata fino a me, un po' più piccola, ridotta da una normale sequenza di eredità, che accomuna le grandi famiglie, le famiglie di una volta, con tanti figli, tanti nipoti, tanti pezzetti da passare.
È proprio la foto della stanza che mi è più cara, la cucina, con il grande camino in pietra, quella dove abbiamo fatto le più pazze e rumorose e pericolose colazioni del mondo, in un girotondo di cugini, che io, seria figlia unica, trovavo meravigliose.

Adesso, il camino mi guarda, come offeso, dalla foto, scardinato dal suo muro e io mi sento in colpa, come sempre, di essere lontana.
Nessun Tg parla più di questo terremoto di categoria B ma io vi parlerò ancora del mio camino e vi continuerò a parlare di questa terra, dimenticata all'ombra delle Apuane, che piano piano incominciava ad essere scoperta ed amata da un turismo lento e straniero.
Turisti scozzesi, inglesi, francesi, russi che dovranno dimostrare di non aver paura, adesso.
Ma ho paura che, invece, avranno paura, perchè il terremoto è ingestibile, è subdolo, è testardo, è lungo.
Se partono anche loro, che futuro avrà questa terra?
Guardo il camino e ricordo solo momenti felici, almeno questi il terremoto non li può sgretolare.

La Francia si spegne...

Vi è mai capitato di passare, nel cuore della notte, in quartieri fatti unicamente di palazzi pieni di scrivanie, piante di plastica, sedie, bottigliette d'acqua vicine a foto sorridenti?
 Voi siete in macchina, è notte e nonostante questo riuscite a vedere tutto nei minimi dettagli.
Illuminati a giorno, ci sono chilometri di corridoi vuoti e silenziosi, chilometri di scaffali pieni di barattoli, palestre immense deserte, parcheggi  multi piano chiusi.
 Altissimi pali, carichi di grappoli di luci, che servono solo ad attirare pipistrelli e che illuminano carrelli vuoti, saggiamente incastrati.
Mi ero sempre chiesta, perchè?
Perchè ,a me, la nonna faceva una romanzina se lasciavo una lampadina accesa uscendo dalla stanza e nessuno si meravigliava di interi palazzi, negozi, magazzini, parcheggi illuminati inutilmente?
Qualcun'altro se lo deve essere chiesto e complice la "crisi" ha deciso di insistere ad alti livelli per spegnere l'interruttore.
Dal primo di luglio, saggia come la mia nonna, la Francia grida: spegni la luce quando esci!
Finalmente!
Vetrine spente la notte, uffici e scrivanie immersi in un sano buio riparatore, monumenti a riposo dopo l'una di notte.
 Tutto questo permetterà di risparmiare 200 milioni di euro in un anno, 250000 tonnellate di CO2 che sarebbe poi come far scomparire dalla faccia della terra 750000 case con relativi abitanti, senza spargimento di sangue.
Grande applauso degli ecologisti che avevano avvisato, da parecchio tempo, che l'illuminazione notturna disturba il ritmo sonno veglia della fauna...forse anche il ritmo sonno veglia degli umani...
I pipistrelli ringraziano ed io pure.

lunedì 1 luglio 2013

A come...

Il Tecnico è in volo verso la Turchia.
 Finito un  ciclo di quattro anni di severi studi universitari (ti piace Tecnico questo aggettivo "severo"? Ha il sapore di antiche università inglesi eh?) si appresta a festeggiare con altri duecento neo laureati.

 Come normali  genitori abbiamo recitato tutte le raccomandazioni di rito che vi evito, assolutamente inutili lo so, ma che servono a stabilizzare, come la pillola della pressione ad una certa età, l'animo inquieto di noi genitori.
Questa inquietutine non nasce poi così spontanea, solo in quanto progenitori, ma ci assale proprio perchè profondi conoscitori del pargolo, ormai uomo.

Il Tecnico, in età prescolare,  era un bimbo estremamente maturo, con un linguaggio che ci meravigliava e che stupiva immediatamente chiunque avesse l'ardire di interloquire con lui.
 Per mesi viaggiò armato di abecedario, costantemente tenuto sottobraccio, e divenne l'incubo della famiglia.
A come ape, B come banana, C come cane e via così, senza pausa, senza fiato, fino alla preghiera: adesso basta, Tecnico, eh? Nodaiancoraunavolta!
A come ape, B come banana...

Abbiamo presto scoperto, però, che questo suo sviluppo intellettuale precoce non si accompagnava  alla tipica tranquillità fisica dello studioso, dai, troppo facile.
 Il Tecnico nascondeva già, dentro di lui, l'animo di un futuro, perfetto frequentatore di eventi sponsorizzati da bevande enrgetiche. Cose oltre, no paura, niente limiti.
A come avventura, B come bungee jumping...
Spirito di avventura infantile abbastanza comune, direte voi, già, se non fosse per l'elemento x:
una soglia del dolore con asticella talmente alta da risultare pericolosa.
Regalo genetico di una nonna guerrigliera.
Ci fu un naso rotto, un gomito da ricostruire.
A come assicurazione, B come blocco operatorio...

Durante il mitico e tanto atteso viaggio- vacanza post maturità, in Spagna, il Tecnico riuscì a fratturarsi una clavicola e, subito dopo, tentare di picchiare una armada di infermieri  che volevano toccarlo. Cercò di convincerci, il giorno dopo, che vivere in tenda era perfettamente fattibile anche con una clavicola fratturata e scomposta.
 Il rimpatrio richiese trattative laboriose e forse fece più il suolo roccioso della Catalugna con un paio di notti senza materassino.
A come angoscia, B come buonanotte...

Narra la leggenda che la frattura arrivò  in seguito ad una fanciullesca competizione di capriole sulla sabbia.
La voce dell'amico, nel cuore della notte, non si dilungò in spiegazioni e - ne ricordo ancora il leggero accento teutonico - mi intimò di non preoccuparmi perchè era tutto sotto controllo.
A come autocontrollo, B come buona questa...

Ieri abbiamo concluso una telefonata di saluti con uno scontato: ci piacerebbe non essere svegliati alle tre di notte...eh Tecnico?!
La scontata risposta è stata: vi farò chiamare la mattina!
A come altruista, B come ben ti sta...

A come addio università, B come buon viaggio...