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lunedì 16 dicembre 2013

Black list

Avevamo bisogno di un tetto per un mese e mezzo circa, il tempo di aspettare i mobili e di poter entrare finalmente nella nostra nuova casa. 
All'ennesimo rifiuto lo Scettico si insospettisce.
Mìgola suggerisce tecniche che giocano sui sentimenti.
Lo Scettico, logico e diretto, chiede spiegazioni.
Sorry ma niente alloggio temporaneo, no Sir non è per il peso ma per la lista.
 Yes, Sir, la black list.
Certo che, soprattutto adesso, dopo l'operazione, con il posteriore ballerino, le scarpette ortopediche, il pelo ancora stentino e gli occhi teneroni, pensare a Pelosone nella black list dei cani assassini è quantomeno comico.
Meno comico è stato trovare la soluzione.


sabato 14 dicembre 2013

È tutto un attimo...

I giorni scorrono veloci.
Qualcuno deve aver fatto un buco più grosso del normale  alla mia clessidra e la sabbia precipita senza sosta.
 Tra un attimo avrò le valige in mano, un cane pericoloso al guinzaglio, un aereo da prendere, una casa temporanea, una lingua da imparare in fretta, strade da memorizzare e un cuore gonfio di nostalgia da consolare.
E come dice uno degli uomini più saggi che io conosca, mancano solo trecento settantasei giorni a Natale.

martedì 19 novembre 2013

Case



Case, case enormi, case presuntuose, case ordinatissime, case vuote con caminetti accesi, case piene di poltrone e di gatti e un cane in gabbia come un canarino.
Case come fortezze e case come biglietti da visita.
Case sgarruppate, case abbandonate, case bruciate, case svuotate e lasciate alle banche.
Case con passerelle e bandiera che raccontano ritorni di veterani in sedia a rotelle, case con portici pieni di sedie e di tavolini e giocattoli e echi di risate.
Case museo completamente vuote perché il museo è solo la casa.
Case profumate di dolci e di feste in arrivo.
Case distrutte in cinque minuti e sparpagliate in una pianura immensa di disperazione, alberi di natale che hanno riconquistato la foresta vicina volando come nelle fiabe, ma che non faranno sorridere nessun bambino questo Natale.
Case, semplicemente.


lunedì 18 novembre 2013

In collegamento da...

I tornadi ci hanno sfiorato e abbiamo solo sentito il colpo di coda di uno di questi bestioni che, insieme ad altri 79 compagnucci suoi, si é divertito a scorrazzare per le sconfinate pianure di questa parte del continente americano.
Mentre vi tengo aggiornatissimi guardo le immagini della CNN e devo dire che sono abbastanza impressionanti. In certe zone la sensazione é  che sia esplosa una bomba di incredibile potenza. Delle case non c'é più traccia, solo travi e mobili e materassi e vita buttata ovunque, le macchine assomigliano a giocattoli abbandonati da un bambino gigante che si é annoiato del gioco.
 C'é chi, in cinque minuti, ha perso tutto e la gente si é salvata correndo nei basement che sono le enormi cantine onnipresenti nelle case americane.
Chi era per strada si é rifugiato nelle chiese di varie  confessioni sparse lungo le strade insieme ai centri commerciali e ai fastfood. Vi assicuro che non conoscevo l'esistenza di così tante derive cattoliche o protestanti, mi informerò, con calma.
Girano sui detriti raccogliendo quello che si é salvato, abbracciano i vicini, parlano al microfono del giornalista con una dignità e una forza che mi sorge il dubbio che sia solo l'effetto dello choc e che prima o poi crolleranno, magari  subito dietro le spalle del cameramen. O forse hanno veramente una fibra da pionieri che non si é assopita con il passare dei secoli.
Oggi ripartirò alla ricerca della mia casa con altri occhi e altro spirito.
Rivedrò le mie priorità e scenderò  nel basement come prima cosa, fosse solo come forma di rispetto. Mi informerò sui materiali utilizzati per la costruzione anche se, credo, che la forza distruttiva di questi cosi sia capace di trascinare via qualunque casa.
E con questo chiudo il collegamento, la vostra inviata da Detroit, Michigan, Mìgola. Alla prossima.


venerdì 15 novembre 2013

In the restaurant: vocabulary

Ieri sera mi sono ordinata la cena tutta da sola.
Faró finta di ignorare le vostre facce allibite e i sorrisini.
 Per un livello di inglese che una fin troppo generosa prof ha definito survival, non é male.
Anche perché, qui, i camerieri sono chiaccherini e il passaggio dal minimalismo francese alla personale presentazione dettagliata con nome di battesimo e interessamento alla tua vita mi lascia, appunto, senza parole.
I menù sono lunghi e complicati, pieni di parole sconosciute e di ingredienti misteriosi, inoltre il cameriere chiaccherino arriva e ti elenca tutto quello che tu, cliente fortunato, avrai in piú, oggi e solo oggi, di speciale. Io ascolto armata esclusivamente di un sorriso che spero essere il meno stupido possibile e cerco disperatamente di afferrare una parola familiare con cui poter ricostruire, con pazienza da archeologo, una parte del tutto.
Ieri sera in tre lunghissimi minuti di elenco ho isolato, selezionato e tradotto: funghi.
Lo Scettico memorizza, traduce, semplifica e mette i sottotitoli.
Ma, ieri sera, quando Chiaccherino é rispuntato, tutta sola, ho sciorinato il lunghissimo titolo del mio piatto.
Inutile dirvi che poi, per l'infinita lista di domande che sono seguite, ho dovuto passare la mano al primo pilota, cioè sempre allo Scettico che, per fortuna dopo trent'anni di vita comune, conosce perfettamente  i miei gusti su livelli di cottura, verdure amate e non, salse tollerate e non e ha concluso in pochi attimi una manovra che avrebbe potuto protrarsi per tanto, tanto tempo.
Quasi tutti ripartono con la loro scatolina di polistirolo piena di avanzi e Chiaccherino ha cercato di propormela a piú riprese davanti alla mia evidente incapacità di terminare la zampa di brontosauro che mi era stata spacciata come pezzettino di carne con salsa al Marsala.
No, thank you, sir! Niente box, really! Il dog é restato sul vecchio continente...


giovedì 14 novembre 2013

Marketing in salsa americana

Che lo Scettico sia sempre stato bravo nel marketing é risaputo, ogni volta che ci trasporta a vivere in un angolo di mondo diverso, sa promuovere luoghi, usi e costumi, tradizioni culinarie della destinazione che, dopo qualche giorno, tutta la famiglia é convinta che diventare abitanti della nuova città, regione, nazione é un sogno individuale e coltivato da tempo.
Questa volta si é superato. Volo perfetto con pranzo pensato e creato da uno chef stellato a bordo, mentre io ero restata ai vassoietti con l'insalata plastificata. Sedile che si trasforma praticamente in un letto e che,volendo, ti massaggia pure. Pulsantini  ovunque che ci ho giocato tutto il viaggio e avrei avuto bisogno di due o tre ore ancora per usarli tutti.
In fase di atterraggio le nuvole sotto si sono dissipate  e i laghi, che dominano questa parte di mondo,  hanno iniziato a brillare. Una luce dorata come fosse di tramonto anche se eravamo ad inizio pomeriggio e verdi e gialli a profusione.
Detroit, dal finestrino é un grumetto di grattacieli sbrilluccicanti, anche loro, un grumetto di totem resi ancor più giganti dalle costruzioni basse che si estendono a perdita d'occhio.
Welcome at home! É stata la prima scritta, enorme, che mi ha accolto subito dopo il controllo scrupoloso del passaporto, delle impronte digitali con foto di rito.
Certo non era proprio, proprio pensata per me la scritta ma per i veterani delle varie guerre, comunque l'ho trovata benaugurante.
Il tocco da maestro lo Scettico lo ha tenuto peró per la serata: con un tramonto blu e vermiglio mi ha portata a visitare una subdivision, un domaine lo definirebbero i francesi, dove c'è una casa in vendita, quella vicino al suo ufficio, per capirci con chi avesse letto i post precedenti, una casa enorme da fuori ma che é in perfetta sintonia con le sue vicine, enormi pure loro. Improvvisamente nella luce rosata sono apparse, loro, cinque meravigliose cerve, tranquillamente al pascolo nel giardino di casa, occhi tondi e grandi orecchie con pelo color crema, attente e timorose ma senza panico, mi hanno guardato con interesse poi, elegantemente, con qualche balzo si sono spostate dai vicini.
Lo Scettico mi ha sorriso sornione e poi sottovoce ha finalmente detto: benvenuta in Michigan!

martedì 12 novembre 2013

Allora vado...

Ok vado...vado eh...guardate che vado...ho detto vado.
Ho la valigia pronta, il passaporto vistato, con un visa serio, leggermente ologrammato, ho vestiti pesanti che mi hanno detto che, dall'altra parte, c'è già la neve, sistemato Peloso.
Ok vado.
Voi datemi un'occhiata al blog, please.
See you soon.


martedì 5 novembre 2013

Don Simon

 
 
È restato in quella piazza tutto il giorno.
La vita gli scorreva davanti, i bambini lo sfioravano, per gioco o per dispetto.
Incredibilmente giovane, con mani  troppo morbide per una vita così ruvida.
E le spalle magre, appuntite, spingevano verso l'alto la maglia sporca.
Scapole come abbozzi d'ala, voli restati in sospeso, intrappolati dal sonno.
Avrei voluto svegliarlo ma non avrebbe capito.
Ho cercato, allora, di entrare nel suo sogno.

sabato 2 novembre 2013

Prima di morire...

Prima di morire...
vorrei scalare una montagna ma un cosa seria, un ottomila, qualcosa come l'Annapurna o il Nanga Parbat; vedere il Gange, il Nilo e il Rio delle Amazzoni; salire su una duna del deserto; fare la maratona di New York in compagnia e il cammino di Santiago; lavorare in un kibbutz e imparare l'ebraico antico; vivere qualche mese in una stazione di ricerca in Antartide; buttarmi con il paracadute e volare con un aliante; attraversare la Mongolia a cavallo e camminare sulla grande Muraglia; incontrare la mia sosia, che si dice esista per ognuno di noi; vorrei conoscere Josè Mujica e avrei adorato incontrare Tiziano Terzani ma questo non sarà possibile...
e voi?

http://www.repubblica.it/tecnologia/2013/11/02/foto/prima_di_morire_voglio_il_giro_del_mondo_della_lavagna_dei_desideri-70086081/1/?ref=fbpr#2

venerdì 1 novembre 2013

NO8DO

Ho preso treni svizzeri pulitissimi, dentro e fuori, poichè da quelle parti pare abbiano inventato un materiale anti graffiti autopulente, altrimenti non si spiega.
Ho aspettato aerei rumorosissimi, pieni di gente allegra e bambini dittatori.
Ho conquistato taxi stranamente silenziosi nonostante fossero guidati da omoni ispanici.
Ho camminato per strade sconosciute che mi hanno incantato ad ogni passo.
Tutto questo per conoscere il nuovo mondo.
No, non equivocate, non sono ancora andata dallo Scettico oltreoceano ma da Cucciolo, nella caliente terra di Spagna.
Avevo un gran bisogno di conoscere il nuovo mondo di Cucciolo, di condividere per qualche giorno i suoi riti quotidiani, di respirare l'aria calda di cui si era tanto lamentato e soprattutto sentirmi meno lontana.
Atterrare a Siviglia è come cambiare, in un attimo, tutti i propri codice colore.
 Dimenticati subito i grigetti, l'azzurro pallido, il bianco topo perchè qui i gialli ocra ti colpiscono a tradimento e in pochi minuti ti sembra di non poterne più fare a meno, l'azzurro si carica vicino ai bianchi e al verde, al punto che ti sembra faccia un alone intorno alle cose.
 Anche nella  più scontata periferia, le brutture architettoniche, che uniscono tristemente tutte le grandi città europee, sono stemperate da eleganti palme cariche di datteri gialli e pettegolissimi pappagallini verdi squillanti.
Dopo aver fotografato quintali di scarpe, ventagli e vestiti da flamenco ti viene voglia di battere il tacco nelle viuzze strette e deserte e ti scappa un lamento che inevitabilmente finisce con corazon.
Mi direte che vi sto facendo una descrizione scontata e da cartolina di Siviglia, probabile, ma nel cuore di questa città va in scena proprio la Spagna da manuale durante tutta la settimana e poi, il fine settimana, arrivano "gli spagnoli" e va in scena "la Spagna".
 Quella che ti schiaccia, senza darti scelta, in una processione, che ti riempie le narici di incenso che non lo hanno nemmeno in Vaticano così intenso e potente, che ti trascina in cattedrale e ti ritrovi davanti all'immagine enorme della Vergine  con mantello e corona e candele e argenti, portata a spalla da uomini sudati e con strani turbanti.
 Le donne sono vestite di nero, gli uomini importanti sono vestiti di nero e tu, con il tuo jeans e la tua macchina fotografica, dai un po' fastidio, turista. Avevi tutta la settimana per guardare la Spagna! Va a guardare la tomba di Colombo, dai! Va sulla Giralda, dai! Qui si prega e poi, adesso, ci sono le Confraternite, poi ci sono i ragazzi che si preparano per le comunioni, poi ci sono le Vedove della Addolorata  e ...vai!
Io mi sono goduta tutto: lo spettacolo fatto per me turista e la Spagna vera.
A differenza di Cucciolo mi sono pure goduta la fila, condivisa con tanti sudamericani e qualche asiatico, per ubbidire alla burocrazia spagnola e conquistare un numerino che ti permette di restare e lavorare e pagare qualche tassa che:" Caballero, se no te gusta..."
Gli impiegati della grande macchina burocratica sono tutti uguali, in Spagna, in Francia, in Italia ma questo Cucciolo non lo sapeva ancora ed è stato bello essere con lui in una piccola tappa della sua vita.

Pappagallo di periferia














 

venerdì 18 ottobre 2013

"Houston, we have a problem"



Mattoncino su mattoncino il ponte verso gli USA si costruisce.
Insomma pare proprio che io debba partire.
Certo che tutto è più concreto per lo Scettico che ormai, da pendolare transoceanico qual è, ha una visione del mondo che assomiglia, vagamente, a quella che ha Luca Parmitano dal suo oblò.
Tutto è vicino, tutto è facile, tutto è fattibile.
Io, che  ancora respiro la tersa e rassicurante aria alsaziana, sono in piena fase di negazione.
Tra qualche settimana andrò a cercare una casa in una zona e in un quartiere che farò fatica a pronunciare per un po' e sicuramente questo equivale ad un atterraggio stile Baumgartner nella mia nuova destinazione.

Si apre lo sportellone, io mi affaccio e guardo terrorizzata lo spazio infinito e buio, i dati di bordo rassicurano su tutti gli aspetti tecnici ma l'ansia mi serra la gola e l'unica voglia è quella di rientrare al caldo e al sicuro nella mia capsula.
 Poi dalla base ti chiamano e ti chiedono: tutto bene?
Ma certo, base, tutto ok. Prendevo un po' d'aria, adesso mi butto.

So che mi butterò, so che sarà un atterraggio senza grossi problemi, forse qualche rotolone ma niente di grave, so che farò ciao ciao con la manina quando riprenderò fiato, lo so...
Ma per il momento ho aperto lo sportellone e vedo tutto lontano, troppo lontano.





venerdì 11 ottobre 2013

Quantità e qualità

Le porte dell'ascensore si aprono piano, ne esce un omone enorme, il camice, che pure deve essere di una taglia con tante X prima della L, fatica a restare chiuso sulla schiena e le maniche sono troppo corte. Si toglie con un gesto di stizza la cuffietta liberando i capelli tagliati a spazzola e si passa una mano sugli occhi. Un coppia di coniugi, seduti di fronte a me in sala d'aspetto, si alza in piedi. Il linguaggio del corpo è chiaro, non ascolteranno nessuna buona notizia dall'omone vestito di verde.
La sala è piccola e aperta ed è impossibile non ascoltare.
Mi dispiace. Non c'è stato niente da fare. Ma credo che la qualità della vita sia più importante della quantità e voi le avete offerto una vita meravigliosa.

Già, caro omone, la qualità è più importante della quantità, di questo  ne sono certa e questo vale per la cagnetta Shirley che non sei riuscito a salvare oggi ma vale anche per noi umani.
 Solo che, nel mondo degli umani, è tutto più difficile da gestire.
 Così costringiamo esseri umani ad agonie eterne per non lasciarli andare, per poter godere di una  parvenza di vita che, a volte, ci chiede solo di chiudere il suo viaggio.
 E non ci sembra mai giusta questa quantità, ne vogliamo sempre ancora un po'.

Qualità e quantità.

È da questa mattina che rifletto sulle parole del chirurgo.
 Purtroppo  il destino, in certi casi, è avaro proprio in quantità e così ci si aggrappa alla speranza che almeno quei pochi anni siano stati intensi e felici.
E a volte capita.
Questo pomeriggio ho letto un discorso funebre, in piedi immobile, nella corsia dei prodotti biologici. E ho pianto.
In mezzo alla rumorosa sfilata della vita ho pianto  per una vita breve ma intensa, colorata, piena di velocità e relazioni umane.
Ho pianto perchè a quella vita era stata negata proprio solo la quantità.
Ma qualcosa mi dice che la quantità della vita è un dato che noi umani non siamo capaci di analizzare correttamente perchè, probabilmente, partiamo da una capacità di misurazione errata, perchè ci basiamo su una scala di grandezza sbagliata o ci manca semplicemente un tassello importante per vedere il quadro in tutta la sua composizione.

Così Tecnico, tra un barattolo di marmellata e le melanzane bio, ho cercato di squarciare il famoso velo che ci separa dal mondo dove ormai Adrian è entrato in tutto il suo splendore. E domani pensa solo che probabilmente lui avrà già in tasca il biglietto per il prossimo viaggio e vi sta sorridendo.





lunedì 7 ottobre 2013

Ma un carro?

Lo Scettico, oltreoceano, visita villaggi, subdivision, quartieri, cittadine con nomi presi in prestito dal vecchio continente.
 Nei nostri precedenti spostamenti c'era sempre una sola priorità: la scuola.
 La scuola del  Tecnico e di Cucciolo era  il centro da dove partivano, concentriche,  le nostre ricerche per la casa. La comodità dei ragazzi, le loro relazioni sociali, le attività extrascolastiche influivano sulle nostre scelte e davano un ordine a tutte le altre esigenze.
 Costantemente la distanza dal lavoro dello Scettico finiva in fondo alla lista ed è così che, anche in questa ultima avventura in terra alsaziana, per conciliare lavoro e scuola le ore di trasferimento giornaliero accumulate  erano salite a due.
Adesso, invece, la ricerca di una casa americana si baserà su equilibri diversi.
 Per la prima volta saremo  in due, una coppia con cagnone claudicante e una grandissima voglia di socializzare.
 Il luogo di lavoro dello Scettico sale ai primi posti della fatidica lista di priorità ed è così che, sorridendo sornione, mi ha raccontato di una casa vista in una "gran bella zona" a cinque, dico cinque minuti dall'ufficio...
 Non ci giurerei ma mi sembra di aver notato una leggera nota di emozione nella voce.
 Sarà stata la connessione Skype disturbata.





venerdì 4 ottobre 2013

C´est le temps de l´amour..Le temps des copains...Et de l´aventure....





On se dit qu´à vingt ans
On est le roi du monde
Et qu´éternellement
Il y aura dans nos yeux
Tout le ciel bleu...


lunedì 30 settembre 2013

Frammenti



Mi chiedi, Tecnico, quali parole?
Quali parole si possono usare di fronte al buio?
Eppure, seduti sul divano, pochi giorni fa abbiamo parlato proprio di questo, ricordi?
E giocando con le parole, come facciamo da sempre tu ed io, abbiamo discusso di anime, di ritorni, di sogni, di luce e di Dio.
Ci siamo fatti promesse reciproche di dimore definitive e con la tua logica ferrea, non corrotta dagli anni e dalla paura, mi hai raccontato la tua profonda filosofia postuma.
E adesso mi chiedi, quali parole?
Il dolore immenso di una perdita ha la capacità di risvegliare in noi la parte profonda e atavica legata alla morte, scatena il lato primordiale e semplice del nostro cervello che cerca, ancora e ancora, una risposta.
La morte fa esplodere  in mille pezzi l'immagine di chi è partito, come un colpo di mazza in uno specchio, e a tutti quelli che hanno condiviso il cammino con quella persona, ne consegna un frammento, come un immenso puzzle disperso nel mondo.
Allunga le mani Tecnico, lascia che i frammenti si depositino nelle tue mani e nel tuo cuore e poi scegli il più vero, quello che più racconta il tuo amico e portalo in giro con te, sempre. Lui sarà per sempre il tuo amico perchè, per voi, il tempo si è fermato a ieri.
Sono le uniche parole che posso dirti.
E che forse anche tu potrai dire a chi dovrà imparare a vivere nel buio.
Io intanto ho già scelto il mio microscopico frammento di Adrian e l'ho messo in tasca.
Tintinna con tanti altri.

Ti voglio bene.
Mìgola

mercoledì 25 settembre 2013

Aspettando che arrivi la casa

Sono ormai al mio ottavo trasloco, incomincio ad avere un buon bagaglio di esperienza e una certa familiarità con cartoni e procedure.
Ma, c'è sempre un ma in ogni storia che si rispetti, è il nostro primo trasloco intercontinentale ed ora si gioca con  regole nuove.

Il nostro traghettatore, questa volta, è un riservatissimo signore inglese che lavora per una società Svizzera e vive nel centro della Francia. L'Europa è piccola quando la scala è il mondo.
Lo faccio accomodare in cucina perchè lui ed io dovremo diventare una squadra per qualche tempo e la cucina, si sa, accorcia le distanze. Mentre gli preparo un caffè italianissimo, stranamente, mi chiede: tornerà in Italia, Madame?
Buffo- penso- stai per traghettarmi oltreoceano e già mi parli di destinazione finale, Caronte?
A costo di tornarci a nuoto, Monsieur - rispondo sorridendo.

Mi proietta un piccolo filmato in cui si vedono mobili, oggetti, elettrodomestici che, leggeri come piume, volteggiano nell'aria, si sistemano nella giusta posizione e si lasciano avvolgere da soffici bolle d'aria, delicate carte finissime, immacolati cartoni. Poi, come in un perfetto tetris, si infilano ordinati nel camion che parte veloce verso il porto più vicino che, nel nostro caso, è probabilmente Le Havre. Un riassunto virtuale di un trasloco perfetto.
Facciamo insieme l'ispezione della casa, tutta la casa, e Caronte scrive, calcola, misura.
Infine arrivano i divieti.
Niente cibo, niente medicine, niente piante, niente tappeti iraniani.
No al frigo, no alla tv, no lavatrice e sconsigliati i piccoli elettrodomestici.
Mi raccomando, Madame, non vorrei, dopo sei, sette settimane, fare dietrofront e ritornare con il suo container indietro, mi spiego?
Poi, Caronte si commuove  guardando Pelosone che, con  grande fatica e tenacia, non rinuncia  nemmeno un attimo al suo lavoro di guardia del corpo della padrona di casa e mi  propone di traghettare, con i bagagli  che viaggeranno on air, anche il materassino ortopedico del cagnone. 
Così starà comodo,  aspettando che arrivi la casa...dice e per la prima volta sorride.

martedì 24 settembre 2013

Nice to meet you...

Sono arrivata in Francia, giovane sposa e giovane espatriata, in un caldo e insolito, azzurro Agosto.
Tutto era nuovo e da scoprire. C'erano tutti i giorni delle prime volte.
La mattina mi alzavo e mi dicevo: questo è il primo autunno, qui.
Sono partita con pochi mobili, due bambini e nessuna parola di francese in tasca.


 
Adesso guardo dalla finestra e mi dico: sarà l'ultimo autunno, qui.
Questa volta parto con molti mobili, senza figli e poche parole di inglese.
Ma ci saranno comunque tante prime volte e sarà tutto nuovo e da scoprire.
E un oceano da attraversare.



domenica 15 settembre 2013

Lavoro offresi...

Nel post precedente ho dato notizie di Pelosone sotto forma di bollettino medico.
 Certo, c'era una punta di ironia nel cercare di imitare bollettini più importanti,  dedicati a pazienti a due gambe, ma la clinica dove è stato operato questo cagnone niente aveva da invidiare a molti ospedali per umani e il pensiero che ho avuto nella sala d'aspetto è stato proprio quello che, purtroppo, ci sono nel mondo tanti, troppi, esseri umani e soprattutto bambini che non avranno mai la possibilità di accedere a cure mediche così sofisticate, ad ambienti così curati e puliti, ad un equipe medica qualificata.
 Il chirurgo che ha operato ci ha dedicato quaranta minuti del suo tempo per spiegare ogni dettaglio dell'operazione, facendoci vedere le immagini dello scanner, per capire esattamente tutte le implicazioni e ha dato il via alle dimissioni solo dopo aver riempito, con cura, un elegante e dettagliato dossier.
 Molte volte, nel mondo degli umani, ho visto invece parenti che dovevano appostarsi per cercare di incrociare chirurghi distratti e poco disponibili, ho visto medici infastiditi nel dare notizie dei pazienti, ho ascoltato termini incomprensibili usati come barriere.
 Contraddizioni che, personalmente, mi danno noia, detta alla toscana.

E a proposito di NOIA, vorrei dire al gentile lettore che ha segnalato il precedente post come "noioso" che se volesse venire a condividere le mie attuali noiose giornate sarebbe assolutamente il benvenuto.
Offro vitto e alloggio e camera con uso bagno in cambio di: passeggiate alle quattro di mattina, previa imbragatura di pastore tedesco riluttante, pulizia di pipì a ciclo continuo (che ben è conosciuta l'incontinenza dei paralizzati!), servizio di autista per visite mediche, ed altri piccoli servigi che potrebbero prendere quelle sette-otto ore di servizio.
Assicuro mancanza assoluta di NOIA per il prossimo mese.
Grazie.


giovedì 12 settembre 2013

Bollettino medico

Il paziente presenta leggeri segni di miglioramento. È vigile e collaborativo. Si nutre con appetito e richiede con insistenza biscotti , alimenti zuccherati, salati, fruttati e con qualunque sapore decente.
Prende con regolarità i medicinali prescritti soprattutto se infilati in grosse porzioni di formaggio.
Con l'aiuto di una imbragatura riabilitativa cerca di fare piccole passeggiate ma sopporta male le sedute di massaggi e ginnastica.
Paziente facile e poco tendente alle lamentele ma che comunica con lo sguardo una certa perplessità riguardo al suo stato.
 Apprezza molto le visite e cerca di adempiere ai suoi piccoli impegni di cane da guardia utilizzando le capacità vocali.
In complesso buon quadro clinico in evidente evoluzione.

mercoledì 4 settembre 2013

La vita è un lungo fiume tranquillo...

Se pensi che la tua vita sia un tranquillo fiume che scorre, hai esattamente qualche secondo per pentirtene, perchè c'è già una divinità barbuta che ride.
 Una grassa e forte risata che risuona nelle sfere celesti, rimbomba in alta quota e ti costringe a guardare il limpido cielo alsaziano chiedendoti che strano temporale stia arrivando dai rilievi dei Vosges.
Perchè, se pensi che la tua vita è un fiume tranquillo, vuol dire che cucini senza sale e non conosci la velocità con cui cambia il sapore di un piatto con l'improvvisa spolverata di cloruro di sodio.

Perchè se pensi che la tua giornata sarà un piacevole rincorrersi di abituali riti quotidiani non ti sei accorta che, davanti al lavello, con te, non c'è il calore di quarantacinque chili di pelo che aspettano il biscotto mattutino e sorridi pensando alla vecchiaia canina che avanza e fai anche la perfida facendo scricchiolare la carta del pacchetto.

Perchè, anche se pensi che basterà il suono carezzevole della tua voce per farlo alzare, ti rendi, finalmente, conto che nemmeno le inesorabili certezze canine niente possono contro una subdola e improvvisa paralisi.

E resti a guardarlo mentre con gli occhi ti dice- tutto bene adesso arrivo-ma almeno trenta dei quarantacinque chili non hanno nessuna intenzione di farlo.

Oggi un chirurgo veterinario cercherà di rimettere in piedi Peloso, ci saranno almeno due mesi di convalescenza e se tutto andrà bene avremo sei possibilità su dieci di farcela.

Ieri sera ho deciso che vorrei che la mia vita fosse una tranquilla strada di campagna, da percorrere lentamente guardandolo almeno camminare e spero di non far ridere nessuno.








mercoledì 28 agosto 2013

Safīnat al-barr

A Gerusalemme sono già in coda per la distribuzione delle maschere anti-gas.


 

Il Tecnico mi chiama sorridendo da una terrazza ventosa e verde che abbraccia tutta Tel Aviv e mi parla di politica internazionale con entusiasmo e leggerezza.
Mi racconta di  Gerusalemme, della sua bellezza magica, delle contraddizioni che la plasmano, dei colori, dell'amico trasformato davanti al muro, in dialogo con Dio.

 

 
 
Poi parliamo di grammatica e di verbi.
 La lingua di un popolo racconta molto della sua storia e così scopro, senza meravigliarmene troppo, che l'ebraico moderno non concepisce una vera e propria costruzione verbale al futuro.
 
 
Ridiamo dei dromedari e del loro carattere che, perfettamente, si adatta alla filosofia di vita dei beduini.
 
 
 
 
La storia passa lontana, li sfiora, a volte, come un parassita, li disturba e tenta di pungerli, ma basta una scrollata, una rotolata nella sabbia, e si può riprendere la strada. Lentamente, con ritmi secolari, perchè qui non c'è fretta, non ci sono ore ma giorni e stagioni. Tempo di acqua e tempo di sete.
 
 
 
 
A Gerusalemme distribuiscono le maschere anti-gas e il Tecnico impara dai dromedari, macina strada, osserva e sputa( metaforicamente) sulla storia contemporanea.
 
 
 
Lo Scettico, immerso nella storia, tiene d'occhio lo spazio aereo.
 
 
 
 
 
 
 
 

martedì 27 agosto 2013

Sans papiers

Ho sognato che nevicava.
 Era agosto, come effettivamente è, ma nevicava a larghe falde ed io cantavo Bianco Natale, stonata anche nel sogno per dare quel tocco di veridicità che non guasta.
Ero seduta sui gradini di una stretta scalinata e un anziano signore, che scendeva le scale, mi ha fatto la carità lasciando delle monetine.
Mi sono messa a ridere e l'ho ringraziato.
Questa notte ero una clochard.

Senza fissa dimora, sans papiers, senza copertura sanitaria, senza documenti validi, tutto questo l'ho già vissuto e probabilmente ricapiterà a breve. Ci sono stati momenti in cui ho dovuto spiegare situazioni complicate a rigidi burocrati, senza ricevere mai un sorriso.
 Società d'oltreoceano con sede tedesca ma esigenze di residenza francese causa forte dipendenza dalla lingua italiana...prova a spiegarlo!
Fortunatamente sempre con le spalle ben coperte e con la certezza che, in fondo, nel bisogno, avrei potuto mandare al diavolo l'ottusa burocrazia europea e farmi curare dove, come e quando volevo.
Possibilità negata a tanti, troppi, veri sans papiers.
Straniera in terra straniera. Straniera in terra natale. Straniera in trasferta. Straniera frontaliera.
Ma non ancora clochard.

Forse nell'animo.

Nelle orecchie la voce di mamma che mi rincorre sulla porta di casa: " Mìgola, non uscirai mica vestita così?! Sembri una barbona!





venerdì 23 agosto 2013

Viaggi in pillole

Ieri sono stata sul Mar Rosso.
Il deserto della Giordania, a destra, si tuffa incosciente nel mare, tingendolo di rosa.
L'Egitto, in lontananza, si fonde con il cielo e pare proprio di toccarlo, anche stando comodamente seduta su una sdraio in terra israeliana.
Nessuna nuvola disturba il cielo della baia di Eilat e solo gli aerei che, assurdamente atterrano nel cuore della città, ne interrompono l'assoluta azzurrità.
Il vento del deserto è caldo e profumato di spezie e di caffè.
Ho la testa piena di sogni di beduini e cammelli e tende nell'oasi.

Quando la connessione Skype si interrompe...è dura ritrovarsi in Alsazia!

mercoledì 21 agosto 2013

Disse: vieni in spiaggia con me?

Disse: vieni in spiaggia con me?
Era magrissimo, gli occhiali con una montatura scura segnavano gli zigomi e nascondevano gli occhi verdi.
Teneva il telo da spiaggia buttato su una spalla, un gesto studiato per darsi un'aria rilassata.
Spalle grandi.
Capelli neri, corti, troppo pettinati.
Disse: ho già chiesto il permesso a tuo zio.
Lei era sdraiata a leggere. Si chiese come declinare l'invito e non trovò nessuna risposta decente e credibile.
Perchè no?
Le allungò una mano per aiutala ad alzarsi.
Le venne da ridere pensando ai rapporti con gli atleti maschi della squadra dove, se ti andava bene, erano spallate amichevoli e incoraggiamenti vocali piuttosto rudi.
Rifiutò la mano e senza sorridergli raccolse telo e libro.
Un libro è una buona arma contro i noiosi, pensò.
Lui esibiva un costume bianco striminzito e stranamente vezzoso.
Lei si era nascosta dentro un costume intero, nero, senza fronzoli, essenziale. Erano gli anni del topless selvaggio.
Le prime cose che scoprì di lui non le garbarono affatto.
Troppo bravo a scuola, troppo bravo a casa, troppi talenti in pochi minuti, gusti musicali assurdi, sport diversissimi, bassissimo livello di competitività.
La conta dei punti anzichè salire scendeva ad una velocità pazzesca come l'altimetro di un paracadutista.
Disse: va bene qui?
Stese il suo telo con una precisione da orefice e nemmeno un granello di sabbia osò sporcare la spugna.
Lei buttò il suo ad una distanza di sicurezza, una specie di fossato medioevale con tanto di coccodrilli.
Lei ebbe la tentazione di aprire, maleducatamente, il libro ma le domande incalzavano, una specie di educato interrogatorio.
Tornata alla tenda lei disse: Non fatemelo vedere mai più!
Il giorno dopo le  chiese ancora: vieni in spiaggia con me?

Ci sono volte che il fato ride di noi e soprattutto non ascolta i nostri desideri perchè ha, per noi, altri progetti.
Oggi sono trentaquattro anni che sorrido a quel ragazzo magro, che proprio magro non è più, ma che ha ancora gli occhiali e i capelli troppo pettinati.
 Ho accettato la sua mano offerta migliaia di volte e ancora adesso leggo raramente in sua presenza...per amore.


lunedì 19 agosto 2013

Sorridimi che torniamo a casa...

Come le partenze anche i ritorni sono differenti. Ci sono ritorni lenti e tristi, ci sono ritorni frettolosi, ritorni decisi, ritorni attesi, ritorni festaioli e poi ci sono i ritorni  a tappe.
Piano piano, nei ritorni a tappe, si perdono per strada parte delle truppe ma la marcia non si interrompe.
Il primo a rompere le righe è stato il Tecnico, in una splendida mattina di sole, ha riempito le sacche da viaggio con una inimitabile capacità decorativa che, da sola, spiega tutto lo stato del suo guardaroba. Ha "preso in prestito" oggetti personali e vestiti del fratello, ha saggiamente recuperato la sua macchina fotografica ( peccato Tecnico che, senza carica batteria, di foto però ne farai proprio pochine...) per dimostrare una buona volontà di condivisione della sua vita, ha dimenticato freudianamente giacca e cravatta negli armadi ed è partito, armato di barba mediorientale, per Tel Aviv.
Il Cucciolo ha resistito ancora qualche giorno, poi, in silenzio, lentamente e metodicamente ha riempito le valige con più di trenta chili di vestiti e oggetti e in un'alba pallidissima e manzoniana è partito per Siviglia, augurandoci Buon Natale.
Lo Scettico ha risistemato il carico del carro e silenziosamente ci siamo issati a cassetta. - "Sorridimi Mìgola che torniamo a casa."
Il sole, intanto, sprofondava dietro le prealpi bergamasche.
Ci sono ritorni un po' romanzati ma che nascondono una certa nostalgia.
Benritrovati.




martedì 23 luglio 2013

Inizia lo spettacolo

Non pensavo mica di lasciarvi così...anche se, nel dormiveglia estivo, forse nessuno ci avrebbe fatto caso.
Ho smaltito qualche cartone del trasloco del Tecnico, mi sono immersa nei sacchi neri (proprio quelli grandi dell'immondizia, pare per mancanza spazio nella valigia!) di Cucciolo che è già rientrato dalla sua adorata terra rosso crociata e che è in fase organizzazione stage in Siviglia. Tutto questo preparando zaini per la montagna e rassicurando lo Scettico che tutto, proprio tutto ci starà in macchina.

Boccheggio aspettando l'aria delle mie montagne e zampetto per casa in attesa di lenti e misurati passi che portano in alto.

Ci saranno cieli meravigliosi e roccia rosa, ci saranno fischi di marmotte pigre e rifugi rumorosi, ci saranno fiori e chiazze di neve, ci saranno nubi di temporali e mattine brumose, ci saranno tramonti da commuoversi e albe da non perdere, finestre da aprire sorridendo e rumore di aghi di pino che scricchiolano, ci saranno camosci lontani e musoni e campanacci lenti che si avvicinano curiosi e acqua che scorre felice e api in ritardo e stelle alpine da guardare e polenta da assaporare e...
Ssssstttttt......
Entra in scena il mio Trentino... e sarà uno spettacolo, come sempre.
Ci si vede nel foyer, forse all'intermezzo o sicuramente alla fine, per raccontarci le sensazioni.
A presto...
Ah dimenticavo la colonna sonora...


 

 



mercoledì 17 luglio 2013

Quando inizia la musica

 
 
Quando inizia la musica e loro cominciano ad uscire da dietro la scena, sorridenti e freschi come le rose appuntate sulle giacche e sugli abiti leggeri, Mìgola inizia a piangere. Non lacrime discrete e signorili, quasi adatte all'occasione, ma un vero e proprio pianto, con il singhiozzo in gola e grosse e calde pallotte salate che rotolano velocissime verso il vestito, disegnando grosse macchie sul tessuto.
Applaude Mìgola e non solo al suo Tecnico ma a tutti quei ragazzi che, per un momento, sono tutti suoi, come tanti pulcini che si sparpagliano nell'aia incoscenti e teneri.
Quando inizia la musica si ferma il tempo e si mescolano i ricordi come i colori su una tavolozza di un pittore, ricordi puri che mescolati danno questo momento, proprio questo e nessun altro.
Sfilano davanti al palco e scendono tra il pubblico, cercando con gli occhi altri occhi, come bimbi all'asilo in una rumorosa recita natalizia e qualcuno accenna un saluto veloce.
Quando inizia la musica  è come un'onda che investe la sala, un brivido che scorre fino in fondo e scuote il pubblico facendolo vibrare all'unisono e i miei sentimenti si mescolano a quelli di una mamma francese, di una tedesca o dell'isola della Rèunion.
Quando inizia la musica ti accorgi che  è assolutamente inutile cercare di fermare le lacrime e ti lasci andare anche se al tuo fianco ci sono uno Scettico  e un Cucciolo che ti osservano e sorridono sornioni.
Congratulazioni ragazzi e che l'Herald-Tribune sia con voi!



mercoledì 10 luglio 2013

Un giallo a Èze...

“Eppure mi chiamo Mario … “questo andava borbottando tra sé mentre percorreva quel vicolo. Stava vivendo un film, uno di quei film americani, ma lui non si chiamava Kevin o John e non lavorava per la CIA o FBI. Lui era semplicemente Mario e lavorava in un’agenzia investigativa di provincia. Un lavoro tranquillo in un ufficio spoglio dove le uniche grandi azioni erano quelle di pedinare coppiette. Un lavoro sottopagato ma che a lui bastava per vivere, per vivere una vita tranquilla. Quella vita che improvvisamente era stata sconvolta perché durante uno dei suoi monotoni pedinamenti aveva visto troppo: aveva visto quello che non doveva vedere.
Ed ora era braccato, qualcuno lo stava seguendo. Lui non ci era abituato, lui non era mai stato spiato, perché lui era quello che spiava.
Non sapeva nemmeno come ci era finito in quel paese. Aveva imboccato l’autostrada ed era riuscito a seminare quei fari che per tanti km aveva veduto fissi nel suo retrovisore. E adesso era lì ad aggirarsi per un vicolo sconosciuto di un paese di cui non conosceva il nome e sentiva solo il suono dei suoi passi.
Aveva bisogno di riposare, sì aveva proprio bisogno di tranquillità per riordinare le idee per capire cosa ne sarebbe stato della sua vita da braccato. Sapeva molto bene che non gli avrebbero dato tregua, che era diventato un uomo pericoloso, perché se avesse parlato e avesse detto quello che aveva visto, sarebbero saltate poltrone molto importanti.
Finalmente la luce gialla di un lampione e la fine di quel vicolo angusto. Finalmente l’insegna di una locanda, laggiù seminascosta. Ci avrebbe dormito sopra, sì era la cosa migliore da farsi.
“Domani con la luce del giorno tutto sarà più chiaro, domani saprò dove mi trovo e saprò dove andare.”
Con questa sicurezza nella testa Mario percorse gli ultimi passi che lo facevano uscire da quel vicolo che non conosceva in quel paese di cui non sapeva il nome...

Ebbene caro Mario te lo dico io il nome...Èze.


Grazie a tutti per aver giocato con me, lo sapevo che i blogger sono scrittori dentro...ma la scrittrice vincitrice, ad insindacabile giudizio della giuria, cioè io me medesima, è una bolognese verace e autrice di un fresco e simpatico blog di pianura.




Il futuro nelle radici

 
 
Il futuro.
 Io in questi giorni penso più al futuro dei miei figli che al mio e credo sia normale.
Mi sento radice più che foglia e mi piace.
Quando ero piccola ed ero assolutamente foglia, procedevo per tappe.
Affidandomi ad una Entità Superiore molto vaga ed indistinta, chiedevo di poter arrivare ad una determinata meta, ritenuta al momento fondamentale, raggiunta la quale, l'Entita Superiore avrebbe tranquillamente potuto disporre di me anche fino alla risoluzione finale.
- Fammi, perfavore, finire le elementari, poi sono a posto!
-Fammi superare gli esami di terza media, poi sono a posto!
E via così, vi risparmio le varie tappe che, crescendo, chiaramente diventavano sempre più importanti, facendoti sorridere per quello che avevi chiesto prima.
Di tappa in tappa ho raggiunto quasi tutto quello che desideravo.
 Credo che le foglie novelle chiedano all'Entità di arrivare indenni all'autunno innoltrato, senza essere mangiate, bucate strappate...
 
Ogni tanto mi guardo indietro e vedo che ho già fatto un bel pezzo di sentiero poi mi giro e vorrei strappare promesse per altri.
 
Il futuro è solo la promessa che vorremmo strappare all' Entità in cambio  di poco o niente.
 
Tutta questa sbrodolata per arrivare a raccontarvi del regalo che ho ricevuto,  per posta, questa settimana con una dedica deliziosa.
È l'ultima opera, data alle stampe, dal mio carissimo amico Guido Leonelli, poeta e scrittore, che attraverso il dialetto riesce a trasmettere sensazioni intense. Quest'opera è come un piccolo manuale di storia e, al tempo stesso, è un tenerissimo libro per bambini. Guido racconta vecchi mestieri aiutandosi con poesie fresche ma non scontate. Si è guardato indietro e ha colorato il passato con colori adatti ad un bambino per non annoiare, per stimolare, incuriosire e, per farlo, ha scelto il dialetto.
Il dialetto come un regalo alle nuove generazioni.
Guardarsi indietro per andare avanti, ecco il trucco. Non saltare le tappe, non dimenticare niente, seguire il sentiero con lo zaino ben saldo sulle spalle, perchè senza quello, ad un certo punto del cammino, sei perso.
 
 
Conoscere la strada che ci siamo lasciati alle spalle è l'unico modo per tornare a casa.
 
Grazie Guido
 
 
 
 
 
 

giovedì 4 luglio 2013

Raccontami una storia...

Un  recente amico di Fb ha iniziato, credo casualmente, un simpatico ( lui è certamente un tipo simpatico, anche se devo ammettere che è uno dei pochissimi contatti di Fb che non conosco personalmente)  gioco aperto ai suoi amici. Lui mette una foto, per ora sono foto di gatti, e loro devono cercare di inventarsi una storia che sentono vivere dietro e dentro la foto (più o meno, forse non è iniziato proprio con questa motivazione ma è lo stesso). Fb è normalmente il regno della frase breve, del botta e risposta eppure qualcuno si è lanciato in mini racconti esilaranti e intriganti. Mi sono chiesta cosa poteva venirne fuori sul blog, dove, notoriamente, la gente è più disponibile al racconto, al lasciare correre la fantasia. Ci proviamo?
Le regole non ci sono: io ci metto la foto e voi il resto. Storia, intrigo, personaggi, ambiente, dialoghi...
Premio? Il prossimo post alla storia migliore.
Giocate? 


 


Qualcuno è disposto anche a cercare di indovinare dove ho scattato questa foto?

martedì 2 luglio 2013

Istantanee da un terremoto

Ricevo una foto sul telefono.
Apro le foto sempre in allegria perchè, in genere, sono momenti particolari, situazioni divertenti che  si sono prodotte in qualche parte del mondo e che qualcuno ha pensato di condividere con me, che sono in un'altra parte del mondo.
Ma questa è triste.
È un pezzo della mia casa, in pezzi.
È la casa del mio papà, la casa dei miei nonni, dei miei bisnonni che è arrivata fino a me, un po' più piccola, ridotta da una normale sequenza di eredità, che accomuna le grandi famiglie, le famiglie di una volta, con tanti figli, tanti nipoti, tanti pezzetti da passare.
È proprio la foto della stanza che mi è più cara, la cucina, con il grande camino in pietra, quella dove abbiamo fatto le più pazze e rumorose e pericolose colazioni del mondo, in un girotondo di cugini, che io, seria figlia unica, trovavo meravigliose.

Adesso, il camino mi guarda, come offeso, dalla foto, scardinato dal suo muro e io mi sento in colpa, come sempre, di essere lontana.
Nessun Tg parla più di questo terremoto di categoria B ma io vi parlerò ancora del mio camino e vi continuerò a parlare di questa terra, dimenticata all'ombra delle Apuane, che piano piano incominciava ad essere scoperta ed amata da un turismo lento e straniero.
Turisti scozzesi, inglesi, francesi, russi che dovranno dimostrare di non aver paura, adesso.
Ma ho paura che, invece, avranno paura, perchè il terremoto è ingestibile, è subdolo, è testardo, è lungo.
Se partono anche loro, che futuro avrà questa terra?
Guardo il camino e ricordo solo momenti felici, almeno questi il terremoto non li può sgretolare.

La Francia si spegne...

Vi è mai capitato di passare, nel cuore della notte, in quartieri fatti unicamente di palazzi pieni di scrivanie, piante di plastica, sedie, bottigliette d'acqua vicine a foto sorridenti?
 Voi siete in macchina, è notte e nonostante questo riuscite a vedere tutto nei minimi dettagli.
Illuminati a giorno, ci sono chilometri di corridoi vuoti e silenziosi, chilometri di scaffali pieni di barattoli, palestre immense deserte, parcheggi  multi piano chiusi.
 Altissimi pali, carichi di grappoli di luci, che servono solo ad attirare pipistrelli e che illuminano carrelli vuoti, saggiamente incastrati.
Mi ero sempre chiesta, perchè?
Perchè ,a me, la nonna faceva una romanzina se lasciavo una lampadina accesa uscendo dalla stanza e nessuno si meravigliava di interi palazzi, negozi, magazzini, parcheggi illuminati inutilmente?
Qualcun'altro se lo deve essere chiesto e complice la "crisi" ha deciso di insistere ad alti livelli per spegnere l'interruttore.
Dal primo di luglio, saggia come la mia nonna, la Francia grida: spegni la luce quando esci!
Finalmente!
Vetrine spente la notte, uffici e scrivanie immersi in un sano buio riparatore, monumenti a riposo dopo l'una di notte.
 Tutto questo permetterà di risparmiare 200 milioni di euro in un anno, 250000 tonnellate di CO2 che sarebbe poi come far scomparire dalla faccia della terra 750000 case con relativi abitanti, senza spargimento di sangue.
Grande applauso degli ecologisti che avevano avvisato, da parecchio tempo, che l'illuminazione notturna disturba il ritmo sonno veglia della fauna...forse anche il ritmo sonno veglia degli umani...
I pipistrelli ringraziano ed io pure.

lunedì 1 luglio 2013

A come...

Il Tecnico è in volo verso la Turchia.
 Finito un  ciclo di quattro anni di severi studi universitari (ti piace Tecnico questo aggettivo "severo"? Ha il sapore di antiche università inglesi eh?) si appresta a festeggiare con altri duecento neo laureati.

 Come normali  genitori abbiamo recitato tutte le raccomandazioni di rito che vi evito, assolutamente inutili lo so, ma che servono a stabilizzare, come la pillola della pressione ad una certa età, l'animo inquieto di noi genitori.
Questa inquietutine non nasce poi così spontanea, solo in quanto progenitori, ma ci assale proprio perchè profondi conoscitori del pargolo, ormai uomo.

Il Tecnico, in età prescolare,  era un bimbo estremamente maturo, con un linguaggio che ci meravigliava e che stupiva immediatamente chiunque avesse l'ardire di interloquire con lui.
 Per mesi viaggiò armato di abecedario, costantemente tenuto sottobraccio, e divenne l'incubo della famiglia.
A come ape, B come banana, C come cane e via così, senza pausa, senza fiato, fino alla preghiera: adesso basta, Tecnico, eh? Nodaiancoraunavolta!
A come ape, B come banana...

Abbiamo presto scoperto, però, che questo suo sviluppo intellettuale precoce non si accompagnava  alla tipica tranquillità fisica dello studioso, dai, troppo facile.
 Il Tecnico nascondeva già, dentro di lui, l'animo di un futuro, perfetto frequentatore di eventi sponsorizzati da bevande enrgetiche. Cose oltre, no paura, niente limiti.
A come avventura, B come bungee jumping...
Spirito di avventura infantile abbastanza comune, direte voi, già, se non fosse per l'elemento x:
una soglia del dolore con asticella talmente alta da risultare pericolosa.
Regalo genetico di una nonna guerrigliera.
Ci fu un naso rotto, un gomito da ricostruire.
A come assicurazione, B come blocco operatorio...

Durante il mitico e tanto atteso viaggio- vacanza post maturità, in Spagna, il Tecnico riuscì a fratturarsi una clavicola e, subito dopo, tentare di picchiare una armada di infermieri  che volevano toccarlo. Cercò di convincerci, il giorno dopo, che vivere in tenda era perfettamente fattibile anche con una clavicola fratturata e scomposta.
 Il rimpatrio richiese trattative laboriose e forse fece più il suolo roccioso della Catalugna con un paio di notti senza materassino.
A come angoscia, B come buonanotte...

Narra la leggenda che la frattura arrivò  in seguito ad una fanciullesca competizione di capriole sulla sabbia.
La voce dell'amico, nel cuore della notte, non si dilungò in spiegazioni e - ne ricordo ancora il leggero accento teutonico - mi intimò di non preoccuparmi perchè era tutto sotto controllo.
A come autocontrollo, B come buona questa...

Ieri abbiamo concluso una telefonata di saluti con uno scontato: ci piacerebbe non essere svegliati alle tre di notte...eh Tecnico?!
La scontata risposta è stata: vi farò chiamare la mattina!
A come altruista, B come ben ti sta...

A come addio università, B come buon viaggio...






domenica 30 giugno 2013

Rêves ...

Il teatro è immerso in una triste penombra.
Il vestito, con l'ampia scollatura, produce un piacevole fruscio ad ogni mio movimento. Quanto mi costa suonare oggi, eppure il concerto l'ho provato e riprovato.
 Suono con fatica. Ho la febbre, credo.
Mi tocco il collo e sento un rigonfiamento sotto l'orecchio. Mi fa male.
Mi sento svenire, devo sdraiarmi.
 Il prete, che assisteva alle prove, si avvicina, mi sussurra che ci sono in giro casi di peste e che, pare,  io ne abbia già tutti i sintomi, dovrò abbandonare l'idea del concerto.
Sono arrabbiata. Faccio di no con la testa ma sento la febbre salire e so che dovrò lasciare il posto a quel viziato marmocchio di mio fratello.
Quanto sono arrabbiata.

Questa notte ero la sorella di Mozart.

Al risveglio rido del mio sogno con uno Scettico sempre più perplesso.  Sai, questa notte ero la sorella di Mozart! Chissà se Mozart aveva una sorella veramente? Ero una pianista.
Lo Scettico scuote la testa e sorride. Ma non era figlio unico Mozart? Ho questo ricordo nella testa.
Il sogno è, come sempre, ancora vivo e reale nella mia testa e non  riesco a staccarmi da lui.
 La curiosità sale. Mi alzo e vado al computer. Cerco Mozart ed eccola... la sorella pianista che è passata in secondo piano rispetto al fratello per volontà della famiglia, pare.
Sono allibita. Come ho potuto fare un sogno simile?
Non avevo mai letto niente di questa donna, ne ignoravo completamente l'esistenza.
Come ho potuto inventarla, provare delle emozioni  così reali?
 Ho suonato il piano ( io che non so suonare alcun strumento!), ho cercato di resistere per non essere messa da parte, ho avuto paura per la malattia... ero Maria Anna Mozart.




Incomincio seriamente a preoccuparmi.

mercoledì 26 giugno 2013

Era un caldo pomeriggio d'estate...

 
Allo stato attuale delle cose ho ricevuto tre regali:
 
Una frase scritta con il cioccolato bianco.
Grazie Cucciolo.
 
Una poesia struggente da un amico lontano.  Grazie Diaolin.
 
 
 
 
Splendidi fiori  dall'Italia. Grazie Franco e Maurizia!
 
Vi terrò aggiornati  ma la giornata promette bene
 
 
 
 
 

lunedì 24 giugno 2013

Dov'è la Lunigiana?


Molte volte faccio fatica a spiegare la disposizione delle regioni italiane ai francesi e prendo grandi punti di riferimento: sotto l'Austria,  vicino alla Francia, di fronte a...
Capita che qualcuno, particolarmente interessato, si armi di atlante, durante una cena e come uno scolaro bendisposto apra sulla pagina dello stivale e ti chieda: ma dov'è esattamente?
Dov'è Trento? Dov'è Ferrara? Dove sono le Dolomiti?
Ma oggi  mi chiedi: dov'è la Lunigiana?

È lì, appoggiata tra la Liguria e la Toscana, profumata di basilico e rosmarino che cresce libero lungo le strade, è lì, intrappolata tra le Apuane che la stringono forte come per possederla e non lasciarla scendere al mare che è lì, vicino e caldo e le invia un profumo salmastro in cambio di luccichii d'ulivi e lampi accecanti di marmo.
La Lunigiana è una terra dura, di montagne e poggi ripidi.
Ci sono paesi piccoli, con case vicine, vicine come i pezzi del Lego e aggrappati ai castagni per non finire nel fiume Magra.
Ci sono case vuote che aspettano ritorni estivi non garantiti.
La Lunigiana ne ha dovuto lasciar partire tanti e aspetta ancora che tornino, addormentata tra case di pietra che hanno ancora stalle e mestieri scolpiti sopra i portoni.
La Lunigiana è la mia metà, è la terra di mio padre, è l'estate della mia infanzia, è lucertole e parietaria sui muri, è silenzio e chiacchere di donne che riposano all'ombra delle case.
La Lunigiana è gente abituata ad aggrapparsi, a resistere, a lasciar passare: passare la storia, passare i briganti.
 E per passare il tempo la Lunigiana canta il maggio e ride di se stessa.
 Questa è gente abituata ad essere dimenticata solo perchè, qui, le strade finiscono.
Ho paura che sarà dimenticata anche adesso.

Hai capito dov'è?




venerdì 21 giugno 2013

La terra della Luna

 
 
Essere al telefono per chiedere notizie, sentire le grida di paura per la terra che si scrolla ancora, come un cane bagnato, ti fa sentire  impotente e inutile e puoi solo tacere perchè non ci sono parole contro la paura...

Esperienze

Sono notti stranamente calde in terra alsaziana.
Lo Scettico ed io sonnecchiamo in un continuo rigirarsi, 'chè  abbiamo perso l'abitudine al caldo.
Nel silenzio della notte, suona il telefono.
Scettico esce dal letto con una velocità inaspettata e nei brevi secondi in cui percorre il corridoio la mia e immagino anche la sua mente, si annuvola di tetri pensieri.
A favore della tesi che sotto stress la mente procede ad una velocità supersonica elenco tutti, ma proprio tutti, i possibili fatti nefasti che dovrò affrontare tra pochi secondi.
Tre, due, uno...è un corridoio lungo, casa degli anni sessanta quando gli architetti gestivano spazi senza problemi...silenzio.
Quando il telefono era un telefono fisso in ogni caso dovevi alzare la cornetta e dire:  Pronto?
Poi potevi sbizzarrirti in sequele di parole che prese da sole hanno significati diversi di quelli che assumono se abbinate in particolari combinazioni...il mio papà, in quanto toscano verace, era molto bravo con queste libere associazioni.
Il silenzio in fondo al corridoio mi inquieta e al tempo stesso mi rassicura.
Finalmente oso: Chi è?
- Gli Stati Uniti- borbotta uno Scettico molto più lento sulla via del ritorno.
Nel buio della notte lo schermo del cellulare sembra voler sottolineare l'importanza della chiamata.
Gli Stati uniti è un modo carino per definire il lavoro dello Scettico.
Solo il crollo della borsa di NY, una guerra termo nucleare, la morte accidentale di tutta la prima linea di dirigenza della società può giustificare una telefonata alle tre e trenta di notte.
-Deve essergli scappata- cerca di giustificare uno Scettico incuriosito.
- Hanno lasciato un messaggio però!-
Sdraiati, assonnati, increduli ascoltiamo la voce della signorina della segreteria che, in un inglese mettallico, ci rassicura che: c'è un messaggio e che adesso, subito, un attimo please, lo ascolteremo.
Suoni di passi nella notte, rumori di chiavi, portiere di auto che sbattono...
Per qualche secondo siamo nella tasca degli Stati Uniti.

giovedì 20 giugno 2013

Al posto del tempo

Gironzolando in rete troverete centinaia di blogs dedicati al fai-da -te, al bricolage, decoupage, ricamo, creazioni varie...
C'è di tutto per chi ama il genere, per chi ha tempo, per chi ha le mani d'oro, per chi ha fatto dei corsi, per chi ha mobili vecchi in cantina...
Io non ho seguito un vero corso ma ho avuto il piacere di incontrare Cathy che mi ha accolto (raccolto) nel suo angolo sotto le scale in una fredda giornata di febbraio e con pazienza infinita, qualche caffè, e sorrisi senza moderazione mi ha raccontato il mondo della patine.
In poche parole la tecnica consiste nel sostituirsi al tempo, ambizione non da poco, ricreando su mobili e oggetti la sensazione di antico o semplicemente di vecchio se siete poco poetici.
Ho aspettato un po' a mettermi all'opera dopo la lezione di Cathy, è vero, ma complici i bei giorni mi sono finalmente lanciata.
 In uno sperdutissimo villaggio alsaziano ho incrociato un signore che svuotava la sua casa invadendo con mobili e oggetti tutto il marciapiede.
L'ho visto e ho subito pensato che poteva essere un bel banco di prova, anzi un carrello di prova:

 
Ho svaligiato l'armadio bricolage dello Scettico e in un pomeriggio ho lavato e sverniciato il carrellino da servizio. Il giorno dopo, ecco il primo passaggio e a sera aveva questa faccia:
 
 
Dodici orette di riposo e ritrasformazione:
 
 
Altro riposino indispensabile e incomincia il vero lavoro. Ecco quello che dovrebbe fare il tempo in tot anni insomma!
 
 
Manca ancora un passaggio, la posa della cera che è praticamente il tocco magico e che darà una personalità al mobile. E qui sorgono i dubbi: patina da vecchio mobile del tipo ti ho appena tolto dalla soffitta o aspetto più da alternativo con cera chiara?
 
 

mercoledì 19 giugno 2013

Gente di frontiera


 

Non c’è viaggio senza che si attraversino frontiere – politiche, linguistiche, sociali, culturali, psicologiche, anche quelle
invisibili che separano un quartiere da un altro nella stessa città, quelle tra le persone, quelle tortuose che nei nostri inferi

sbarrano la strada a noi stessi. Oltrepassare frontiere; anche amarle – in quanto definiscono una realtà, un’individualità, le
danno forma, salvandola così dall’indistinto – ma senza idolatrarle, senza farne idoli che esigono sacrifici di sangue.

Saperle flessibili, provvisorie e periture, come un corpo umano, e perciò degne di essere amate; mortali, nel senso di

soggette alla morte, come i viaggiatori, non occasione e causa di morte, come lo sono state e lo sono tante volte.

Viaggiare non vuol dire soltanto andare dall’altra parte della frontiera, ma anche scoprire di essere sempre pure dall’altra parte.

Claudio Magris
 

 

Chi, come me, è nato vicino ad una frontiera  legge sicuramente queste parole di Magris con lentezza, assaporandone il suono.
Oltrepassare frontiere...da bambina la frontiera mi incuteva un certo timore, avevo paura che qualcosa andasse storto, che i militari dall'aria severa ci potessero fermare e far tornare indietro, giudicandoci non pronti per andare oltre.
Eppure era una frontiera vicina e strana perchè, dopo, oltre, non cambiava niente.
 Stesso suono nelle voci, stessi gerani alle finestre, stessi colori nelle case, anche le corna di cervo sopra i grandi portoni dei masi.
 Ero ancora a casa ma ero oltre, in  terra straniera.
Tutte le volte mi chiedevo: chi  avrà deciso,  esattamente, dove deve passare quella linea immaginaria, ma tangibile, che divide due stati?
 Il grande dubbio era: ma se c'è una casa in mezzo e metti che decidano di farla passare proprio in soggiorno, la linea, come farà chi ci abita? I grandi ridevano di questa possibilità e la risposta immancabilmente suonava: non è possibile!
 A parte che gli adulti sono esseri privi di fantasia e questo i bambini lo sanno, io ero sicura che nessuno avesse mai percorso, a piedi, visto che passava sulle montagne, tutta la linea di frontiera per verificare e, sicuramente, qualche baita sperduta si ritrovava tagliata in due come faceva nonna con il filo per tagliare la polenta.
Di frontiere, poi, da grande, ne ho passate molte: frontiere fricchettone, frontiere serie, frontiere polverose e dimenticate, frontiere armate e con mitra nervosi.
Ma le frontiere più difficili sono state quelle invisibili. Sono le frontiere che non sono disegnate su nessuna carta geografica, che non tagliano in due niente, ma che sono create dalle menti degli uomini. Ci sono frontiere che per passarle non serve un passaporto ma un codice stereotipato di linguaggio e di abbigliamento  e c'è chi ti becca subito se non sei pronto per andare oltre.


 




martedì 18 giugno 2013

Gente in viaggio

Questo fine settimana Mìgola era in trasferta.


 
Un rientro veloce per incontrare gente in viaggio.
 In tutti questi anni ho incontrato tanta gente in viaggio, pochi stanziali.
Gli stanziali sono poco interessati ad aprire gli occhi e il cuore.
Chi viaggia ha lasciato alle spalle tante cose importanti, ha salutato, ha nostalgie e piccole lacrime messe in tasca.
Chi è stanziale è reso insensibile dall'abitudine, è circondato dai vecchi amici di scuola, ha punti di riferimento e locali dove entrare, ha sempre impegni e cene da rifiutare.
Quando raggiungi la nuova meta appoggi le valige, ti guardi intorno e incominci a sorridere per continuare.
In genere solo la gente in viaggio, come te, ricambia il sorriso, ti viene incontro, ti allunga una mano che sa di casa e ti dice: benvenuta.
Quando è il momento di ripartire, la tua piccola famiglia, che ti sei ricreata intorno abbastanza faticosamente, ti abbraccia e ti presta una tasca dove lasciare la tua lacrima.
Ecco, sono andata a prestare la mia tasca a qualcuno che ricominciava il viaggio.
 

lunedì 17 giugno 2013

Sindrome di Stoccolma

Come puoi non affezionarti ad una terra che ti tiene a digiuno di luce per mesi, ti affama di calore, ti incatena in casa tutto l'inverno, ti copre di neve e ti dimentica sepolta per qualche tempo, apre uno squarcio di cielo, ti attira fuori dalla tana e ti colpisce di grandine a tradimento?
Poi, una mattina, spalanca il cielo, lucida i suoi campanili migliori, sparpagliati nella campagna più verde che esista al mondo, butta una manciata di cicogne a volteggiarti sulla testa e  lascia che tu scivoli  e rotoli  lungo le sue strade che altro non sono se non ottovolanti antichi.
E tu ti lasci sedurre, senza difese, rammollito dalla dura cura invernale, respiri aria pura come un malato di tisi, sorridi con l'aria beota e pensi di vivere in un paesaggio di fiaba...



Ps Immagini tratte dal web poichè io ero troppo presa dal volo circolare delle cicogne!
Ringraziando gli autori.