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venerdì 30 marzo 2012

Di corsa...

Pronta per farmi i miei 150 chilometri per accompagnare Pelosone nella sua pensione tre stelle extralusso, poi si torna, facendo attenzione ai 125 radar sparpagliati lungo la strada, poi pranzo veloce per i miei uomini che stranamente si presenteranno al desco  con la luce del sole, che ho quasi quasi pensato che lo Scettico sia un parente (di secondo o terzo grado, eh!) dei vampiri di quel film pallosissimo, poi si va a ritirare la moto nuova, io il mio 25% e Cucciolo il suo 75%, io sarò molto attenta che abbiano lucidato come si deve il mio pezzetto e mi preparerò una domanda intelligente, da pro, da fare al capo officina(tanto ho 150 km da pensarci), poi preparo una valigetta leggera che ho il TGV, « Turbotrain à Grande Vitesse », che mi porterà in due ore e qualche minuto a Parigi, poi auto, hotel, nanna, dimenticavo, prima di nanna, cena, magari in una brasserie, che domani Cucciolo tenta il suo IELTS (test di inglese) ma faceva pro dirvi la sigla e si fa sempre una certa figura, tappa fondamentale e indispensabile per il prossimo passo verso il  futuro.
Lo so che non c'è nemmeno un punto in tutto il lunghissimo paragrafo ma avevo fretta.
Buon fine settimana a tutti, magari vi faccio due belle foto di Panam eh?!


lunedì 26 marzo 2012

ai-vita

Dopo aver utilizzato, per anni, cellulari in disuso, sempre molto pubblicizzati(perchè lo cambiate allora?) e gentilmente offerti dai figli e dallo Scettico, dopo aver passeggiato per tutta l'Europa un affidabilissimo telefono che necessitava però di abbondante bendatura di scotch per non perdere il cursore e quindi la relativa capacità di essere acceso e utilizzato, ebbene, eccomi ora proiettata nel famoso mondo  ai.
Dove tutto è ai e dove non esistono manuali d'uso perchè: ma dai è i-ntuitivo!
- Signora ecco qui il suo ai, se mi da il suo vecchio...aggeggio , cioè, telefonino le trasferisco tutti i dati, contatti, foto, video, liste sul suo nuovo aai-acquisto, prego!
-Veramente ci sono solo due foto a cui tengo molto e qualche numero di telefono...
- Dicono tutti così...
Due nanosecondi dopo.
- Il più breve trasferimento dati della mia carriera!
- Le avevo detto...grazie! E adesso?
- Adesso lei si collega a ai-qualcosa e si apre un conto ai-personale poi scarica moltissime ai-cose e vedrà le cambia la vita! E adesso la voglio stupire...
- Guardi lo sono già...
- Ascolti: Quel    temps    fera-  t  -il    demain    a    Strasburg?
Parla articolando come un prof di francese ad una classe di immigrati.
 L'ai-coso, con voce molto più sciolta, risponde:
- Il y a du beau temps qui arrive pour demain!
Sorrisone del commesso ai-dipendente che si affretta a rispondere:
- Merci     Siri!
Con una leggera nota divertita, vi giuro, l'ai-attrezzo risponde:
Je suis votre humble serviteur!

Sto insegnando all'ai-coso a parlare l'italiano e sarà una i-nvenzione tutta mia.

giovedì 22 marzo 2012

La primavera sarà sempre come novembre



Come mai, in questi giorni, vieni così spesso a trovarmi?
 Lo so che c'è una data imminente, lo so, eppure mamma non sembra darle molta importanza.
Tu, invece, resti legato alla terra.
Sei stato un uomo legato alla terra, alla natura, alle stagioni. Attento ai minimi cambiamenti delle "cose" intorno.
 È grazie a te che, adesso, apro gli occhi, sempre più spesso, sulle piccole, enormi, cose della natura: ai boccioli in formazione, agli uccelli con il becco pieno di rami, al rumore del mattino, ai merli nervosi.
Ero così disattenta, ricordi? Come in genere lo sono gli adolescenti, presi a passeggiare il loro enorme ego impacciato. Guardavo poco, osservavo poco.
Tu ti saziavi di piccole cose. Passavi ore ad osservare il merlo maschio che faceva il prepotente nel giardino, raccoglievi per lui i vermi quando vangavi l'orto e poi li gettavi nel prato quando lui arrivava schioccando impertinente. E gli parlavi. Con la stessa pazienza guardavi il grosso topo che camminava furtivo lungo i muri e ne studiavi i percorsi e aspettavi che io fossi a scuola per fermarne la corsa.

Come mai, in questi giorni, vieni così spesso a trovarmi?
Questa notte abbiamo bevuto insieme acqua torpida in cui galleggiavano sfarfalli bianchi, ma tu eri felice e non ho voluto deluderti.
 I bicchieri assomigliavano a quelli che avevi comperato tu in qualche spaccio, da qualche parte, roba da osterie, che non si rompevano mai ma che toglievano la sete senza farti gustare niente. Non si rompevano ma si graffiavano facilmente e così, alla fine, ti toglievano anche il piacere di osservare il colore di quello che bevevi. Ma gli sfarfalli li ho visti, grossi come briciole.
Andiamo, hai detto, ho inghiottito, come una medicina,l'acqua torbida e ti ho trotterellato dietro mentre tu ti avviavi con quei passi grandi. Dall'ombra che facevo avrò avuto una decina d'anni.

Vieni, vieni pure tutte le notti a trovarmi ma non ti preoccupare, ricordo.
E la primavera sarà sempre come novembre.



mercoledì 21 marzo 2012

Restauro prossimo venturo










Alcuni anni fa sono stata a Clos Lucé e ho visitato il piccolo castello dove trascorse l'ultima parte della sua vita, amato e rispettato da un re che lo chiamava "mon pére".
 Sono stata nella sua stanza e me lo sono immaginata nel suo letto, infreddolito come tutti gli anziani, con lo sguardo lontano, oltre la finestra, mentre guardava, negli ultimi giorni, un cielo francese freddo, senza i colori della sua Toscana.
Me lo sono immaginato proprio così, con questo sguardo, vivo ma austero e scarso di sorrisi.
Ho immaginato una voce stranamente sottile e delicata che detta le ultime idee e le estreme disposizioni, senza emozioni.
Mi sono chiesta cosa possa aver pensato davanti alla morte. Una mente geniale cosa pensa alla fine?

Ora, anche il suo ritratto sta morendo, ucciso lentamente da un fungo che si mangia la carta, piano piano.
Il restauro dovrebbe garantirne la conservazione  per qualche anno ancora, almeno per tener fede alla frase del maestro:

 "la pittura non muore immediate dopo la sua creazione come fa la musica, ma lungo tempo darà testimonianza dell'ignoranza tua [...] "




lunedì 19 marzo 2012

Buona festa, papà.

Quando chiudo gli occhi e ti penso sono le tue mani che per prime mi appaiono, immagine color seppia, in questo assurdo cinema che è la memoria.
Mani grandi, nodose e storte che sapevano fare praticamente tutto.
Sporche di terra.
Tenevano con delicatezza le tazzine di caffè, come fossero sempre sul punto di rompersi e  sbucciavano le mele con una maestria intrigante.
Scrivevano con una calligrafia da nobile anche se si erano esercitate poco sui banchi di scuola e  accarezzavano con nostalgia le sinossi dell'accademia. Quando volevi darti un tono inforcavi gli occhiali e con voce impostata mi dicevi: "Vai a prendere le mie sinossi, perfavore!" Ridevo. Sfilavo, con cautela, libroni rossi dagli scaffali alti e li appoggiavo teatralmente sul tavolino del soggiorno, tu  li sfogliavi cercando risposte impossibili o quantomeno improbabili da trovare dentro testi così specifici e sospetto, ora, limitati. Ma questo lo avrei capito più tardi. Allora ti guardavo e aspettavo che i nostri dubbi si risolvessero in quel suono di carta finissima.
Avevano esplorato e modificato un mondo che era già antico mentre lo vivevi. Un mondo contadino in salita e tirchio di strade, strade che si interrompono sempre, come succede in montagna, e  ti costringono a tornare indietro, a cambiare direzione. Una direzione presa per caso e che ti aveva  condotto su altre montagne, con sentieri diversi, con alberi contorti e spinosi che tanto ti piacevano.
Avevano impugnato armi con fierezza e con pacifica sicurezza.
Rammendavano con punti piccoli e precisi anche se l'ago spuntava appena dalle dita,  sapevano riattaccare i bottoni e fare il punto croce più regolare che abbia mai visto.
Cucinavano, mescolando con insistenza.
Tagliavano, senza amare i coltelli.
Versavano con lentezza.
Sapevano offendere, con il dito puntato, duro come il marmo della tua terra.
Sottolineavano le tue parolacce con gesti ballerini, più delicati delle parole.
Mani che mi salutano sul cancello di casa, l'ultima volta.


 Buona festa, papà.

Aguzzate la vista




 Hanno attraversato lo stretto di Gibilterra e, con il lungo becco puntato in avanti, sono tornate a casa. Qualcuna si sistemerà sul tetto della chiesa, altre nelle strutture dei nidi già pronti, come grossi canarini pigri.
 I giovani sposi già riempiono l'aria di curiosi battiti, come di legni vuoti, ma  l'amoreggiare discreto delle vecchie coppie è quello che preferisco.

mercoledì 14 marzo 2012

Due righe stile diario...


Rieccomi qui. Sono stati giorni intensi, gironzoloni, pieni di belle cose e di bella gente. Ho sciato, non en Bondon, ma in Svizzera, su montagne bellissime ma diverse dalle mie, panorami differenti, più ampi forse, senza la roccia dolomitica che è li da toccare, da ammirare. Mancava l'imponenza delle nostre montagne ma il panorama toglieva il fiato lo stesso. Ho sciato tra le ferite delle valanghe che rigavano la montagna e ne ho ascoltato il borbottare umido che le precede.
 Ho pranzato su una terrazza innondata di sole da cui si vedeva il Cervino, piccolo e appuntito.

Sono tornata a Parigi ma Parigi l'ho vista scorrere dal finestrino, come fanno i turisti sulle corriere sempre più alte e con i vetri sempre più scuri, che credo tornino a casa con uno strano effetto nella testa, come chi sta troppo al cinema.
Ho abbracciato, sorriso, ascoltato, che ero in ritardo di diciotto mesi.
Ho raccontato poco di me, non avevo voglia di raccontarmi, avevo bisogno di essere nuovamente dei loro, rinfilarmi nella mia vecchia comunità e, in fondo, risentirmi a casa.
Ho comunque parlato parecchio, fortunatamente, a visi attenti e sorridenti.


 Con i ragazzi che si diplomeranno quest'anno abbiamo attraversato velocemente le avanguardie artistiche del '900, con quelli che si cimenteranno con l'esame finale delle scuole medie, o simile, abbiamo cercato di entrare negli enigmi della metafisica di De Chirico.
I ragazzi mi meravigliano ogni volta. L'attenzione verso i quadri, la loro composizione, la storia e il percorso dell'artista è sempre genuina, spontanea. Le ore che mi sono state assegnate scorrono ad una velocità folle ed io vorrei dire ancora e ancora.

Oggi ho piantato primule e il contatto con la terra mi ha fatto bene, come sempre, ma il cuore è pesante e la nostalgia ci metterà un po' a sedimentare, lo so, la conosco.

martedì 6 marzo 2012

Resto en Bondon




La mia montagna...c'è stato  un periodo della mia vita che ero più en Bondon che a casa...qui ho imparato a sciare, qui ho fatto i miei primi pali, la prima gara, la prima gara in notturna, gli allenamenti con la squadra, risate, pianti, male ai piedi,alle spalle, che mica c'erano i pali tecnologici che li sfiori e si spantacchiano sulla neve, i nostri ti spaccavano le spalle ma, se ben piantati, erano ancora li, perfetti per quello dopo. Panini mangiati in fretta e cioccolata al Norge, sorrisi e occhioni da bambi al sior della seggiovia perchè ci facesse risalire senza bucare il biglietto, che mica c'era il passaggio con il biiiip, ma un giro equivaleva ad un buchetto sulla tessera...boci l'è la terza volta che non sbuso...graziegrazie!!
Sono anni che non faccio una sciata en Bondon...

giovedì 1 marzo 2012

Aspettiamo senza avere paura domani...

La cassetta che girava ancora e ancora, pomeriggi interi con la sua voce che usciva dai grossi amplificatori bianchi che troneggiavano nel soggiorno della casa dei miei genitori e la qualità audio che mi pareva perfetta.



Ci sono canzoni che immediatamente ti riportano indietro a certi momenti della tua vita, che scatenano nostalgie e dolcezza.
 Quando ascoltavo questa, mi sembrava che tutto sarebbe stato possibile, che il mio futuro era proprio dietro l'angolo.
Contiene tutta l'atmosfera di una sessualità intensa e semplice che era, per me, alle porte piena di promesse.
Quante volte l'ho cantata? Tante, non abbastanza. Cantiamola ancora una volta insieme.