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lunedì 24 settembre 2012

Ventidue anni fa

La sveglia suona alle cinque e non mi muovo, lascio scorrere i soliti rumori di coperte spostate, occhiali recuperati a tastoni, di passi incerti fatti al buio, di porte aperte piano.
 La mente è sveglia anche se il corpo fa finta di essere in uno stato di coma indotto.
 Cerco di ricordare cosa mi aspetta per la giornata, la settimana...poi penso che ventidueanni fa ero mamma da pochissime ore e avevo la sensazione di aver compiuto un atto unico ed eroico.
Mi alzo sbadigliando e raggiungo lo Scettico che è già sotto uno scroscio di acqua che l'ecologia a lui gli fa un baffo, la doccia dello Scettico è infatti una cascata da mille litri al secondo ad una temperatura di circa 40 gradi che produce una massa di vapore misurata in potenza/cavalli. Per dire buongiorno allo Scettico in queste condizioni di rumore bisogna immaginarsi sulle rive delle cascate di Iguazù e alle cinque di mattina devo impegnarmi ben tre volte prima di essere ascoltata. Intravedo parti di Scettico tra il vapore e gli ricordo che ventidueanni fa eravamo genitori da poche ore ed avevamo la sensazione di aver compiuto un atto eroico ed unico, io più di lui.
Vado in cucina scortata dal Pelosone che con gli anni rallenta la falcata mattutina, perfortuna, e per prima cosa adempio ai miei obblighi di proprietaria di cane viziato e apro il sacchetto di biscottini per cani che, come tutte le sante mattine, mi procurano un conatino di vomito e che, come tutte le sacrosante mattine mi inducono a pensare che dentro ci debbano essere tutte le carcasse di tutti gli allevamenti esistenti al mondo e alle cinque e quindici di mattina non è un bel pensare.
Preparo il succo d'arancia, le pastiglie per la pressione, le vitamine, il caffè, il pane tostato. Infilo l'antibiotico di Pelosone in un pezzo di formaggio e mi chiedo perchè la mattina mi devo sempre avvolgere di profumi così poco invitanti. Ho lo stomaco debole, io, alle cinque e venti. Anche ventidueanni fa non ero proprio un fiore, adesso che ci penso, ma anche gli eroi hanno dei momenti difficili.
Mi vesto raccogliendo i vestiti nei vari angoli della stanza, i pantaloni sul bordo della vasca, i calzini sotto il letto a destra, la maglia sul comodino, le scarpe sotto il letto a sinistra. Lo scettico esce dal bagno seguito dalla sua nuvola di vapore, avvolto nell'accappatoio e perfettamente pettinato pronto per la traversata oceanica che lo attende oggi. Già vestita?
Rispondo che avrei potuto fare il pompiere da grande e mi ricordo il latte sul fuoco in cucina. Acc...
Quando lo Scettico si siede a tavola il suo calore corporeo è tornato quasi normale e gli occhiali sono trasparenti. È in versione business casual con sovrapposizioni strategiche che gli permetteranno di affrontare treno, aereo, taxi, riunione, cena senza pause per le prossime 24 ore. Lo guardo con tenerezza pensando alla giornata eterna che lo aspetta e penso che siamo genitori da ventidueanni con la sensazione di aver fatto qualcosa di meraviglioso e di eroico insieme.

Buon compleanno Tecnico, per questa volta ti risparmio il racconto avventuroso della tua nascita in una notte buia e tempestosa, che tu sai comunque già a memoria e vorrei solo dirti che averti è il premio più bello che potevo chiedere per questo atto eroico ed unico che, più io che papà, abbiamo compiuto ventidueanni fa.

giovedì 20 settembre 2012

Aperitivo tra "ragazze"...

Ci si racconta, è normale, naturale, tra donne ci si racconta, anche quando ci si conosce poco, anche se si è diverse.
Basta poco. Basta sedersi da qualche parte,  un bicchiere davanti, un piatto che gira tra le mani, qualche sorriso e parte la chiacchera.
 Raccontarsi è normale, viene da lontano, da antenate accoccolate intorno ad un fuoco che si raccontano di piante trovate, luoghi magici, cacciatori coraggiosi, da nonne in stalle calde che rammendano e si trasmettono saperi antichi e trucchi per sedurre.
Le storie cambiano ma i racconti restano e in fondo si parla sempre e ancora di sentimenti e di maschi.
Maschi  raccontati in modo tenero, a volte con umorismo,  con rabbia, quasi sempre con amore.
Storie d'amore che fanno brillare gli occhi, storie che fanno soffrire, figli che fanno sempre sorridere, malgrado sentieri contorti, vite complicate.
Questi maschi che ci riempiono il cuore e ci scombussolano l'anima.
Questi maschi semplici da capire, prevedibili e tremendamente scontati.
Sempre d'attualità nelle chiacchere tra femmine perchè attraverso i secoli tra tradimenti, abitudini, ritualità e ripetitività questi maschi sono la materia prima con cui plasmiamo la nostra vita, sono i colori con cui ci sporchiamo le mani per lasciare le impronte del nostro passaggio.
Ed è solo parlando tra donne di altri maschi che torni a casa e guardi il tuo con maggiore tenerezza e capisci che è il cacciatore che avresti scelto in qualche pianura selvaggia, è il contadino con cui avresti condiviso le fatiche immense sotto un sole medioevale, è il cavaliere a cui avresti donato il tuo fazzoletto ricamato ed è ancora il ragazzino, con il costume da bagno inguardabile, che hai preso per mano quasi trent'anni fa ...e non è stata per niente una brutta scelta.

giovedì 13 settembre 2012

A sua Eccellenza...

Ci dimenticano.
 Dimenticati come un calzino spaiato, come quei bottoni che ti riprometti di attaccare e poi butti l'abito e loro restano anni nel cassetto, dimenticati e all'apparenza inutili, perfino imbarazzanti.
Ci abbandonano.
Lo stato italiano ci abbandona in nome di una saggia gestione di fondi.
 Posso sorridere?
Se saggia gestione di fondi significa abbandonare ragazzi sulla porta della maturità mi sembra che di saggio non ci sia proprio niente.
Immaginate che vostro figlio abbia fatto tutto il suo percorso scolastico, che dietro questo percorso scolastico ci siano state scelte famigliari mirate, traslochi, come percorsi ad ostacoli, per permettere a vostro figlio di continuare a parlare la sua, la vostra lingua, ore in più di corso, attività, compiti in più, la sensazione di avere comunque fatto qualcosa che porterà ad un punto, ad un crocevia importante.
Siete finalmente all'ultima casella, lui e voi, siete all'ultima tappa, finalmente. Quante volte è stata pronunciata la parola maturità. Magari ci sono progetti di rientro in Italia, magari c'è finalmente in vista l'università tanto agognata.
Ebbene qualcuno viene a dirti: game over! Sono finiti i soldini, niente prof, finito! Maturità? Cosa? La linea è disturbata, non sento...siamo in un tunnel...
Ci hanno scaricati a bordo strada con la scusa che è finita la benzina.
 Posso ridere?

Ieri, in una sobria e antica aula di liceo, in una antica e sobria città europea, sede di un parlamento europeo, una manciata di genitori allibiti si è riunita per scrivere lettere alle autorità.
 Ci si chiedeva quale fosse la formula giusta di inizio: Eccellenza? Gentilissimo? Egregio?
  Posso sbellicarmi?
Questi scaricano ragazzini come fossero vuoti a perdere e noi facciamo gli educati? Va bene. No, no è giusto, educati.

Gentillissima eccellenza egregia
magnanimità somma

forse Lei non si è resa conto che  per risparmiare una tanica di benzina, dopo che ne ha scaricate di nascosto nel mare interi carghi, ma questa è un'altra storia, abbandona al suo destino ragazzi che in teoria dovrebbero essere le risorse di domani, per dirla in parole povere quelli che domani dovrebbero aiutarla a spingerla la sua carretta. Mette semplicemente alla porta qualche ricercatore, qualche medico, futuri economisti che andranno, forza di cose, a studiare in qualche altro stato visto che Lei ha deciso di chiudere loro la porta in faccia.
 I ragazzi del suddetto liceo chiedono infine a Sua Eccellenza l'invio di 20,25 euro, soldi che andranno a coprire i costi di acquisto di un' accetta. No, che sua Eccellenza non si preoccupi, nessuna voglia di vandalismo. L'accetta servirà ai ragazzi per tagliare in modo netto e definitivo il cordone ombelicale con la madrepatria. Tagliare in fretta la corda. Vede Lei Eccellenza è molto pesante e in arrampicata per salvare i più giovani noi non esitiamo a tagliare il peso sotto. Cosa dice? Lei non c'entra? Cosa? Spending cosa? Spending Review cosa? Peccato.

mercoledì 12 settembre 2012

Mannage!

Oltrepasso il cancello del giardino e già la vocina dentro dice: MMmmm... sicura?
Guardo il grande portone in vetro e ferro battuto e mentro suono la vocina insiste: Io avrei fatto altre scelte!
Quando lei apre la vocina assume un aria trionfante e scoppia in un : Te l'avevo detto!!

Lei:tubino nero di sartoria con inserti vari, sandali arancioni e pedicure perfetta, foulard Hermès in tinta con lo smalto di mani e piedi, bien sûr! Occhiale da sole già inserito e sorriso di rigore.

Io: jeans vissuto, con inserto forse di qualche pelo di Noris ( che non è uno stilista emergente ma è il nome vero di Peloso), camicia a quadretti, scarpe da ginnastica, non quelle proprio più comode, avevo messo quelle da festa, zainetto con spalliere in cuoio stile sudtirol e per finire, tocco glamour, cicogna in peluche, portafortuna, dondolante dallo zaino.

Io 'sta cosa che italiana rimi con moda e con stile la voglio sfatare e ci lavoro con metodo.
Mi sono venute in mente 3598 altre scuse simili a quella appena sfornata sopra, alcune buone.
Io ho sorriso, lei ha smesso.





martedì 11 settembre 2012

Undicesimo undici

Facile dirsi dopo che le cose sono successe: io me lo sentivo, ci avrei giurato, avevo uno strano presentimento.
 Facile.
Io ho adorato New York e me ne sono innamorata senza rendermene conto.
 Quando sono rientrata, all'alba di una mattina di agosto, nel deserto e silenziosissimo paesino della banlieue parigina, ho avuto, probabilmente, quello che posso definire  il mal d'Africa al contrario.
 Mi mancava la verticalità esasperata di quella città, il suo rumore costante come di enormi cascate, la gente ovunque, gli odori intensi e diversi ad ogni angolo.
Al contrario, qui mi appariva tutto piccolo, vecchio, superato.
 Sarei ripartita, subito.
Eppure, durante quella settimana, un senso di ansia profonda mi aveva accompagnato, da subito e costantemente.
La sensazione di dover sopravvivere, di essere in pericolo.
 Uno sfarfallio nello stomaco che cercavo di non ascoltare.
Talmente assurda come sensazione che non avevo il coraggio di raccontarla.
Dopo un mese mi sono chiesta se una tragedia di quelle dimensioni può essere nell'aria prima ancora di accadere, se l'enormità del male che sta per abbattersi è percepibile come un campo magnetico.
I più logici di voi si staranno dicendo che no, che è stata soltanto la mia parte femminile ansiosa che ha fatto 2+2  dopo il disastro...chissà.
Ogni anno, come oggi, io mi faccio delle domande.



lunedì 10 settembre 2012

Raccontami una storia

Ho conosciuto gente simpatica, ho scoperto che questo non è un quartiere fantasma, che dietro queste porte lucide e sempre chiuse si nascondono personaggi niente male con tutte le loro vite che fanno simpatia, con figli, cani, gatti, nonni malati, voglia di raccontarsi...insomma della gente normalmente vera.
Ci siamo scambiati i numeri di cellulare, fatti tante promesse e tanti sorrisi.
Ho conosciuto una coppia straordinaria, lui  ex diplomatico, lei piccola e vispa come una ragazzina, hanno vissuto in tantissimi posti, lui parla almeno cinque lingue e legge Baricco in italiano, amano l'opera e viaggiano ancora moltissimo e lei lo ascolta e sorride delle sue storie che credo conosca già molto bene.
Ci sono tante vite e io amo quando la gente mi racconta la sua, in semplicità.
Il mio spirito blogger ama la vita vera anche quando si tramanda oralmente.
Avrei amato i cantastorie.

giovedì 6 settembre 2012

Paname

La signora del terzo piano dice che devo uscire, prendere aria. Però nessuno mi guarda, nessuno mi parla.
Ascolto i passi del ragazzo che porta la pizza al quarto piano. Doppio formaggio e peperoni, credo.
Mangiamo una pizza? Chiami tu? Parlano troppo in fretta, non ci riesco e fanno un sacco di domande.
Nel frigo è rimasto il barattolo dei sottaceti che avevi comperato, ma solo il liquido, ed è tutto bianco, le medicine che il dottore ti aveva dato e che andavano in frigo, lo so, ci sono e la marmellata di prugne, quella che ti piace ma non la mangio, ti giuro.
Non posso guardare più la televisione perchè la luce è andata via da tanti giorni.
Te ne sei andata?
Vuoi che ti leggo il giornale? Piano, piano, con calma una parola dietro l'altra. Lo so. Sono bravo, mi sono esercitato, tanto il giornale lo conosco tutto, è quello che aveva portato il dottore l'ultima volta e che aveva scordato sul tavolo.
 Avevi promesso che non mi avresti mai lasciato, però.
 Hai detto che avrei capito. Ci penso tanto, mi concentro.
No, non ho capito.
 Parlano tutti in fretta, non mi guardano negli occhi, non squilla più il telefono.
Dove sei andata?
Non ho ancora capito.
Mi dicevi che c'è un posto molto bello dove vanno le persone quando si fermano e che poi stanno tutte li e aspettano gli altri, quelli che gli volevano bene. Io ti voglio bene. Anche quando mi sgridi che sporco il divano, anche quando apri l'acqua della doccia, ti voglio bene. Anche quando grido forte e tu mi fai gli occhi grandi e dici che arriva la portinaia che parla strano e che è piccola, piccola.
Spero che non arrivi proprio adesso la portinaia, la signora portinaia, scusa, a bussare perchè mi sono infilato un tuo vestito sopra le braghe del pigiama, che profuma tantissimo, il tuo vestito, e mi sono coperto con il tuo scialle, quello della zia Claudine che ti aveva prestato per andare all'ospedale, quella volta dell'operazione. Ricordi?
Sono lunghe le giornate e senza luce anche la notte è lunga.
Credo proprio che vengo anch'io in quel posto, che tanto non mi diverto più, qui, senza di te, mamma.

Per capire meglio il post 

mercoledì 5 settembre 2012

Pensieri disorganizzati a colazione!

Ho comperato 50 sfumature di grigio e la quarta di copertina gridava: nooo, perchè? ma dai!
Niente, comperato!
Insieme, nel sacchetto, è finito anche Eva dorme di Francesca Melandri che promette molto ma molto bene.
Ambientato in Alto Adige negli anni sessanta , mi dovrebbe parlare degli anni intensi di papà, della mia infanzia, dei paesaggi che amo...mi aspetto molto da questo libro e spero non mi deluda.
Dalle sfumature, invece, mi aspetto poco o niente.
Meccanismo perverso quello che ti fa comperare un libro solo per dire: l'ho letto!

Sono stata a Ferrara questo fine settimana e la città era addormentata, deserta...in sospensione. I danni del terremoto sono appena percepibili se passeggi da turista distratto ma le ferite sono  profonde e preoccupanti. Musei chiusi, chiese chiuse, mostre sospese, camini smontati, pinnacoli spariti...per una città come questa, che non ha altra strada che quella turistica, è una botta che tramortisce.


C'è una sorta di rassegnazione nelle gente che non mi piace.

Tornando a casa abbiamo fatto il passo del San Gottardo snobbando un tunnel deserto e ammiccante che prometteva tempo. Ma il tempo bisogna saperlo perdere e, salendo tornanti ampi, il premio era un panorama sinuso di valli e laghi, rocce grige e severe.
 Ho scoperto che, partendo dal passo, è possibile percorrere un sentiero di 90 km che tocca quattro sorgenti di grandi fiumi tra cui il Reno ma bisogna avere tempo.
Abbiamo mangiato all'Ospizio, una struttura che ha saputo mantenere una certa sobrietà anche nel menu, cosa che mi piacerebbe ritrovare anche nei nostri rifugi di montagna, ma questo è un altro discorso.

Primo anno, dopo diciannove di onorato servizio, che non ho un primo giorno di scuola...niente liste di materiale, niente zaino nuovo, nessun emploi du temps su cui disquisire ore e ore.




Un certo senso di vuoto mi prende la mattina a colazione.