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martedì 26 marzo 2013

Dans mes rêves

Vi siete mai resi conto mentre sognavate di essere in un sogno e di poter usare questo sogno per fare qualcosa di impossibile ma meraviglioso?
Io, questa notte, ho potuto salutare i miei genitori e abbracciarli e toccarli come se fosse tutto vero e le sensazioni al risveglio erano così forti e potenti che mi hanno seguito tutto il giorno.
Un regalo che mi ha riscaldato e commosso.
Il livello di realismo dei miei sogni a volte mi spaventa.

domenica 24 marzo 2013

Salus per aquam...

E basta parlare di figli, del Papa, di politica, di ricordi, nostalgia...
Basta.
Oggi, qui, si parla di nudità.
Lasciate perdere il post precedente dove, in un momento di sconforto, mi sono paragonata alla strega di Hansel e Gretel, nella realtà, Mìgola è una giovane signora, una signora, una donna, una ancora tra i quattro e cinque anta, che al giorno d'oggi si definisce ancora giovane, comunque.
Una che è stata abituata, in famiglia, ad avere un rapporto rilassato con il proprio corpo e la nudità. Nessuna paranoia, nessun falso pudore, nessun esibizionismo e sempre nel massimo rispetto dei propri spazi.
Però, non ho con il mio corpo quel sicuro rapporto di fiducia che ti permette di girare nuda in pubblico. Come per la maggior parte della gente uno dei miei incubi ricorrenti è ritrovarsi senza vestiti in mezzo alla folla, un normale pudore, lo definirei, dove normale è un aggettivo che mi disturba un po'. Un mio personale, normale senso del pudore, ecco.
Lo Scettico, che ha un suo personale, normale senso del pudore, adora il mondo delle terme, la sauna, l'hammam, i massaggi, le piscine, acqua calda, idromassaggi, io apprezzo le ultime tre.
 Declino spesso i suoi inviti con varie scuse e proposte alternative ma l'occhio da Labrador privato di passeggiata di ieri mi ha intenerito e poichè, mannaggia ai tedeschi e alla loro mania delle terme, ne abbiamo a profusione, direi troppe, di terme nei dintorni, ho accettato l'invito.
Complesso nuovissimo, con piscine interne ed esterne che rilasciano un vapore che ti senti in un girone dantesco, piscina sensoriale che se infili le orecchie sott'acqua ti senti la musichetta indiana, cascate, enormi getti e vulcanetti di bolle. Carino, bello eh? Lo Scettico immerso nella piscina sensoriale è felice e anch'io non me la passo male, galleggio con l'ausilio di tre o quattro cilindroni galleggianti e cerco di adeguarmi allo standard relax. La musica subacquea adesso ha reminescenze orientaleggianti, dei tlin tlin che a lungo andare mi hanno fatto venire voglia di riso alla cantonese, un sensoriale a 360 gradi, caspita.
Carino, bello eh? Andiamo a fare una saunetta? La sauna mi abbassa la pressione. Un Hammam? Sarebbe un peccato non vedere quella parte, no? Diamo un'occhiata.
Avvolta nel mio accappatoio caldo, rassicurante e di due taglie di troppo, mi ritrovo davanti ad una porta a vetri che recita, traduco  a braccio eh: vogliate rispettare la nudità! Che starebbe per: lasciate ogni costume o voi che entrate!
Lo Scettico sentenzia: normale, dov'è il problema?
Nessun problema ma, essendo la prima volta, lasciare il mio costumino all'entrata mi costa un po', mio adamitico Scettico.
 L'asciugamano fornito è appena sufficiente ma io lo afferro e lo drappeggio, lo arrotolo, lo giro e trotterello dietro alle nudità familiari della mia metà che si infila in una sauna affollatissima e dove tutti sono assolutissimamente a loro agio. Io resisto due nanosecondi e poi dichiaro la resa.
 Quello che fa per te è l'Hammam! Bene.
 L'Hammam è come la sauna ma c'è buio e anzichè bruciarteli i polmoni te li affoga, lessandoteli. Qui resisto tre nanosecondi ed è già tempo di doccia bella gelata tutti in compagnia, c'è anche chi si massaggia con cubetti di ghiaccio al centro della enorme doccia collettiva.
 Rispettare la nudità altrui significa guardare senza vedere ma soprattutto senza giudicare e così, man mano che passano i minuti, diventi più bonaria con la tua pancia, con le tue natiche, con il tuo seno, più bonaria insomma e ti rendi conto che il vero benessere non viene per niente dal caldo o dal vapore o dagli olii essenziali ma dal fatto che ti sei immerso nel concetto di umanità e che ti sei voluto bene, alla fine, come non succedeva da un po' nella solitudine guidicante della propria doccia casalinga.
Ieri ho scoperto perchè, a moltissima gente, piace frequentare i centri spa.



venerdì 22 marzo 2013

« Knuper, knuper, kneischen ! wer knupert an meinem Häuschen ! »

Che mi piaccia o no, faccio le stesse domande che faceva mia madre e che mi creavano ansia.

Che mi piaccia o no, contabilizzo le feste e le uso come le stazioni della via Crucis.

Quando si è figli non si capisce perchè i genitori diano così tanta importanza alle festività e ti sembrano quasi dei capricci, delle fisse per farti restare nei ranghi.

Quando salti la barricata ti rendi conto, invece, che sono delle finestre di cui noi genitori abbiamo bisogno  per prendere aria, le date sono delle briciole che gettiamo per riportarli a casa.

E mi sento un po' come la strega della fiaba di Hansel e Gretel che trasforma la sua casa decorandola con marzapane e biscotti e caramelle, solo che io prometto melanzane alla parmigiana, tiramisù, lasagne...

E alle volte mi sento vecchia come la strega.

File:1903 Ludwig Richter.jpg

Notate perfavore il bretzel sotto la finestrella nell'illustrazione, credo proprio che copierò l'idea!

mercoledì 20 marzo 2013

Come si guidava una volta...

Il mio papà non amava viaggiare. Non ne capiva l'essenza, del viaggio.
Eppure non erano i chilometri a spaventarlo, gli piaceva guidare, con una guida nervosa che purtroppo ho ereditato. Un modo di guidare, il suo, pieno di gesti estranei da far impazzire un istruttore di scuola guida dopo cinque minuti. Fumava in macchina come si usava fare, senza alcun senso di colpa, armeggiava con l'accendisigari, con il posacenere, con il pacchetto di MS che si infilava tra i sedili, intanto guidava e guardava la natura intorno. Vedeva caprioli, volpi, sapeva dirti, dal volo, che rapace volteggiava sopra di noi, il tutto guidando con una mano visto che la destra era sempre sul pomello del cambio. Finchè non ho preso la patente, con la normale inconsapevolezza di chi non sa, ero perfettamente a mio agio, sia al suo fianco che sui sedili posteriori, assolutamente senza cintura di sicurezza, che allora sembrava un vezzo. Mi lasciavo trascinare felicemente nel suo gioco di: Guarda!
Trovavo i commenti e gridolini di mamma  esagerati ed ero meravigliata che non fosse convinta anche lei che la macchina davanti, che avevamo sfiorato, dopo una frenata decisa, papà l'aveva vista da quel po'!
Un pomeriggio d'inverno venne a recuperarmi al ritorno da un allenamento di sci, mi sedetti al suo fianco e incominciai a raccontargli tutte le fantastiche avventure che avevo vissuto nel pomeriggio, forse fu per questo, forse fu perchè cercava il pacchetto di sigarette ma passò, senza nemmeno accennare ad una frenata, uno stop. Centrò in pieno la fiancata di una povera Simca che si avviava verso una gloriosa carriera di auto d'epoca, e la trasportò, guidatore compreso, per parecchi metri. La sua mano sinistra piegò leggermente il volante per la forza dell'impatto, la sua mano destra fece quello che adesso fanno le cinture di sicurezza, ma con più amore ed io non mi feci assolutamente niente. Per fortuna nemmeno il triste proprietario della Simca si fece niente, visto che l'impatto era stato dalla parte del suo passeggero e lui era solo. Scese dalla macchina con gli occhioni sbarrati e guardò mio padre senza parlare con la bocca aperta. Mio padre scese già con il modulo e la penna e disse senza apparenti emozioni: mi scusi è tutta colpa mia...parlavo con mia figlia! Sono un ex dell'Arma e liquidatore dell'assicurazione Taldeitali, ho la casco, non si preoccupi! In cinque minuti il signore firmò il modulo, si ritrovò con un foglietto pieno di dati in mano, la macchina posteggiata dove non disturbava e l'invito a bere un caffè al bar all'angolo.
La sera a cena, per la versione mamma, un po' di colpa la Simca l'aveva accumulata, altro non fosse perchè aveva lasciato una esagerata distanza di sicurezza, che trae in inganno in città, pensi che non ci sia più nessuno...
Le sue auto restavano decenti qualche mese, poi si trasformavano in un contenitore misto di oggetti, carte del suo lavoro, peli di cane, giacche da caccia, zaino, cassette per la frutta vuote, ganci, pinze, cassettina per il pronto soccorso...ed altro, molto altro, ancora.
C'è chi giura di aver visto germogliare dei semi sui tappetini posteriori.

Il mio papà non amava viaggiare ma coraggiosamente superò la paura di volare, solo per arrivare dai suoi nipoti. Lo recuperai in un enorme aereoporto che camminava impettito spingendo il carrello dei bagagli e che si guardava intorno come se stesse paragonando i servizi dello Charles de Gaulle e quelli di El Prat con occhio esperto. Gli corsi incontro preoccupata:
- Tutto bene, pà?
- Certo, perchè? Ma che guida nervosa 'sto pilota!

lunedì 18 marzo 2013

Work hard, play hard


Questa è la stanza di Cucciolo nel campus della sua università...Organizzato l'evento, battuto il record e siamo solo al primo mese!
All'inizio del video, come buttafuori al contrario, si intravede anche il Tecnico...mentre Cucciolo ringrazia alla fine.
Work hard, play hard.
Pare si usi così.

giovedì 14 marzo 2013

Ad maiorem Dei gloriam

Se ne stava fermo, immobile, ad osservare la piazza che, a sua volta, lo studiava nonostante un sottofondo, dovuto, di saluti.
Un sorriso leggero.
Non ha mai pronunciato la parola Papa.
Ha piegato la testa.
Ha messo subito al lavoro i credenti del mondo: pregate!
Mi è piaciuto.
Niente show, niente effetti speciali, qui si parla di religione, di fede, di preghiera.
Cercava le parole, si è ripreso il microfono, che era stato già velocemente riposto e mi aspettavo un saluto in spagnolo alla sua gente, a quei 330 milioni di persone che parlano spagnolo e che, certo ci sarà tempo, ma che avevano forse voglia di sentirsi dire due paroline nella loro lingua meravigliosa, ma anche fosse una lingua orribile non cambia il concetto.
Quando ho sentito pronunciare, in modo faticoso, da un cardinale emozionato e forse malato, il suo nome o pensato: però, tosto 'sto Spirito Santo.
Quando la sua Chiesa rallenta, si accartoccia e vacilla...zac, tira fuori la spada, ripesca tra i combattenti e ti trova un gesuita.
È ora di salire sulla canoa giusta, Francesco.



lunedì 11 marzo 2013

Non sono pronta...

C'è la casa dove sono cresciuta, è adagiata su una collina, un po' stretta tra altre case, adesso.

Quando ero bambina si ergeva fiera, decorata di rose, altezzosa. Solitaria, osservava la città che si stendeva nella valle e aveva l'aspetto soddisfatto di chi si è installato proprio bene.
Io non le ho mai viste ma mi raccontavano di greggi di pecore che la sfioravano cercando i pascoli  ed io le immaginavo curiose ad annusare il cancello con il pastore che si fermava a riposare guardando le rose e alzando il cappello per salutare mia nonna al balcone.
Poi, ogni tanto, passava una macchina ma piano piano perchè la strada era bianca e polverosa ed io  ci sono già allora in una foto, piccola, vicino alla macchina grande del nonno e ho una pellicciotta bianca, come la strada.
Quando ero bambina si giocava su quella strada e in maggio le rose coloravano ancora il giardino ed era come stare in campagna con le bisce che uscivano da sotto i sassi e i maggiolini a gruppi intorno al glicine e il picchio sul cipresso.

C'è la casa dove sono cresciuta, è abbandonata adesso sulla collina.
 È come una vecchia signora che porta un cappotto logoro e nessuno le ricuce i bottoni che, ogni tanto, perde per strada. Le rose non ci sono più e nemmeno le bisce ma macchine, macchine, suv, monovolume e piccole utilitarie sfacciate che si litigano i posteggi contati.

C'è la casa dove sono cresciuta, è spenta adesso e se ne sta infagottata al freddo aspettando che qualcuno vada ad accendere la caldaia. Nessuno ha il coraggio di dirle che i tubi sono stati staccati, che l'acqua non scorrerà più.
Ogni tanto qualcuno va in visita ma sono occhi sconosciuti, mani che non sanno, bocche che non sorridono. La guardano e ne scrutano i difetti, le crepe, le travi vetuste. La trasformano in cifre, la riducono in metri quadrati. Nessuno si è seduto in giardino e ha guardato la forma fiera del cipresso che si staglia davanti alla Paganella, nessuno ha aspettato di vedere scendere il sole dietro il Bondone per scoprire che la casa si tinge di rosa in ricordo dei giorni lontani di maggio.
Salgono le scale, seri e professionali, e non sanno quante volte io le ho scese, saltando i gradini tre e anche quattro alla volta, per giocare a rincorrere il cane, per andare a scuola, per accogliere lo Scettico quando arrivava il sabato mattina. Le ho scese vestita di bianco. Le ho salite, tornando dall'ospedale, con il Tecnico appena nato tra le braccia. Le ho scese per accompagnare bare di legno biondo.

C'è la casa dove sono cresciuta, sulla collina e tra un po' dovrò dirle addio e non sono pronta.

venerdì 8 marzo 2013

Paris

Dormono negli anfratti, nelle entrate polverose di negozi falliti, sulle panchine del metrò, sulla strada umida.
Dormono avvolti in strati di coperte senza colore proteggendo con il loro corpo sacchetti pieni di vita.
Dormono di un sonno irreale, forzato, anestetizzati ai dolori, ai rumori, alle voci.
Sono senza fissa dimora, veramente.
Ovunque nella strade di Parigi, dietro ogni angolo, sono un popolo misto di colore, età, storia.
Hanno occhi stanchi la mattina e voglia di sigarette e caffè cattivo.
Ti chiamano da lontano con un fischio.
Fanno finta di sorridere, solo il tempo di un passaggio, quando la strada è deserta si guardano le mani. Raccolgono con cura cartoni macchiati e li mettono in fila per mimetizzarli con l'ordine delicato e fasullo della vita normale che li circonda, sempre, senza guardarli.
Hanno storie da raccontare e le riassumono a volte in piccoli cartelli ma nessuno li legge.
Sono senza dimora, veramente.
Sono senza identità, tristemente.

Foto di Robert Doisneau (1912-1994)

Parigi, ogni volta che cammino mi colpisci anche così.

venerdì 1 marzo 2013

La neve è come i crauti

Il cielo grigio alsaziano non mi è d'aiuto in queste giornate pesanti di riorganizzazione della mia, della nostra, vita.

Non penso di essere meteoropatica, in genere mi lascia  indifferente cosa succede fuori dalla finestra perchè la meteo della casa la decido io e tranne la pioggia insistente e uggiosa tutto il resto mi garba.

Mi piace il sole ma questo è fin troppo banale.

.Mi piace il temporale, quello vero che si prepara con cieli arrabbiati, con l'aria carica di elettricità e si scatena in botti che fanno tremare i vetri. Tutte le volte che un bel temporale si avvicina devo trattenermi  e combattere  la voglia di uscire e di viverlo sulla pelle.
 Questo è un piccolo regalo che mi ha lasciato la mia mamma. Lei correva alla porta quando il temporale incominciava a borbottare e lo aspettava naso all'aria respirandolo come se stesse facendo l'aereosol. Una cura energizzante che la metteva di buonumore fino a quando, mio padre, che aveva a suo tempo lanciato bombe a mano, abbattuto un toro inferocito e vissuto  varie avventure che  portava sul corpo con una certa fierezza, rigorosamente dall'interno della casa ci gridava di rientrare.
Dai rientriamo che papà si agita! E ci sorridevamo complici. Mi chiedo fin quando saremmo restate fuori, a farci accarezzare dal vento e umidificare dalla pioggia polverizzata, se non ci fossero stati gli spaventati ordini paterni.

Mi piace il vento quando movimenta il giardino e sposta materia e la accumula negli angoli più remoti.
 Mi piace a tal punto che credo di essere stata la sola in tutta l'Île-de-France a definire "venticello" la tempesta perfetta del 1999 , che si avvicinava con l'importante nome di Lothar e che ci scosse con un venticello, appunto, che correva a 259 chilometri all'ora.
Anche quella volta mamma, che era venuta a trovarmi per Natale, volle aprire la porta d'entrata e non fu impresa facile richiuderla. Credo che Lothar desistette e lasciò la porta, più per il suono arcano dei bestemmioni toscani di papà che per la nostra forza fisica.



Adoro la neve. La neve è come una botta di energia, è un piatto di carbonara, è una birra d'estate, è un rifugio di montagna dopo due ore di salita, è l'odore dei canederli e dell'orzetto e anche dei crauti.
Ecco la neve è come i crauti. Riconfortante.

Ma il cielo grigio è inutile, è noioso, non trasmette emozioni e quindi esalta solo quelle interne e soprattutto quelle negative.


A meno che non sia parte integrante di un passaggio d'opera dove allora diventa poesia.