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lunedì 9 aprile 2018

Le ragazze che sognavano il mare.

Cosa mi lega ancora così saldamente alla mia terra?
 Perché in ventotto anni questa sensazione di mancanza non si è mai dissipata?
 Perchè non riesco a tagliare questo cordone ombelicale così forte?
Cosa mi spinge a guardare il telegiornale regionale ( e quello nazionale chiaro) quasi quotidianamente, a leggere il giornale della mia regione quello stesso che leggeva papà,  a controllare sullo stesso l'elenco dei defunti (come faceva mio nonno), per vedere se conosco qualcuno, a mancarmi ancora la fiera di S. Lucia e pure quella di S.Giuseppe, ad avere sempre  una voglia matta della stessa pasta alla crema che comperavo nella pasticceria in centro, che c'è ancora tanto per la precisione, ad indignarmi per problemi che non hanno nessun impatto nella mia quotidianità, a gioire della costruzione di aiuole, del restauro di palazzi (e potrei continuare un elenco lunghissimo come potete ben immaginare)?
Eppure ho vissuto questi anni di migrazioni cicliche sempre in modo positivo, carica di energia ogni volta, curiosa di scoprire nuovi sapori, abitudini, paesaggi. Ho vissuto case che ho amato e adorato le persone che incontravo (quasi tutte). Ho concordato con lo Scettico ogni scelta e per ognuna abbiamo pesato pro e contro in sintonia, consapevoli del prezzo da pagare.
Ma una parte di me è rimasta là e quella parte, lasciata a casa, continua a mandare messaggi in ogni modo. A volte si assopisce un po', stanca di telegrafare, altre volte si scatena e mi invade di messaggi che un gruppo Whatsapp di shopping le fa un baffo. I suoi messaggi sono criptati e infilati in ogni situazione perché la parte che ho lasciato a casa è pure piena di fantasia, oltre che lagnosa.
Basta un odore a volte, basta una combinazione aghi di pino e pigna che parte la connessione.
Certe volte sono visi, altre volte suoni.
 In genere ci si mette Faccialibro a darle una mano con i maledetti gruppi nostalgici del SEI DI ( mettere città, paese, quartier strada a piacimento) SE...
E se poi una sera, sei in vena di farti del male da sola e vai ad un film festival e metti insieme un cocktail di: incontri, immagini, suoni, dialetto e donne che ti ricordano persone care...allora la parte a casa sorride beffarda e quella migrante si commuove pesantemente.
Che poi io il mare l'ho visto ma sogno le montagne.

lunedì 2 aprile 2018

Mariatn

Come Trentina all'estero ho commentato per diverso tempo. Aspettavo con impazienza le risposte dell'autore e degli altri blogger perché, all'epoca, questi qui erano posti caldi dove si sviluppavano dialoghi lunghissimi e i commenti erano sempre parecchi.
 Poi il grande salto, un blog tutto mio.
I primi tempi pensavo costantemente in forma di post: durante la giornata cercavo di trasformare nella testa azioni banali in frasi che avessero un minimo di stile, poi davanti alla tastiera, il buio.
Scrivere richiede perseveranza. Non è un atto banale, le parole non fluiscono come quando parli. Anche parlare non dovrebbe essere banale, comunque.
Ma scrivere richiede concentrazione, introspezione, ricerca, tenacia e a volte coraggio.
Scrivevo post lunghissimi che venivano cestinati in fase di rilettura, riscrivevo post semi lunghi che venivano tagliati alla seconda rilettura e alla fine postavo stupidate incredibili per stanchezza e perché, dopo che hai passato due ore davanti a quella maledetta tastiera, tralasciando milemila altri lavori, qualcosa la vuoi pur lasciare da leggere ai tuoi lettori, no?
Sono dieci anni che scrivo eppure la fatica di scrivere c'è sempre ma anche la stessa emozione quando   decido che le righe scritte hanno un qualche senso, una forma decente, che rispecchiano in parte i miei pensieri e si meritano il tastino "Pubblica".
Dopo pochi mesi dall'apertura del blog, era il 2007, morì il mio papà. I suoi ultimi giorni difficili, le miei ansie, il dolore, tutto era scivolato sulla tastiera e  molto, troppo per alcuni,  lo avevo condiviso proprio  con  gli assoluti sconosciuti che casualmente e da posti lontani avevano incominciato a leggermi.
Il giorno del funerale, nella camera ardente, sulla bara trovai un biglietto: poche parole, semplici ma intense, firmate Mariatn.
 Il mondo virtuale si era improvvisamente trasformato in presenza reale.
Mariatn aveva "ascoltato" i miei post con talmente tanta attenzione da riuscire a capire chi ero anche senza nomi, con pochissimi indizi ma con la voglia di condividere la  mia realtà ed essermi vicina oltre un semplice commento.
Dopo qualche tempo ho trovato Mariatn, ci siamo incontrate, conosciute, apprezzate e dietro quello pseudonimo c'è una persona splendida che ha continuato a condividere le gioie e i dolori della mia vita. Uno dei regali preziosi di questo blog che voglio celebrare e festeggiare con voi.
Un motivo per non abbandonarlo ma coltivarlo ancora e ancora.

...


mercoledì 28 marzo 2018

Scatole cinesi

Sono tanti anni ormai che scarabocchio pensieri da queste parti. Penso di aver festeggiato gli undici anni di blog e i sei/sette di presenza su Faccialibro. Tanti anni di riflessioni, momenti della mia vita condivisi con persone sconosciute, messaggi in bottiglia, voglia di raccontarmi, paura dell'oblio.
Ogni tanto c'è  qualcuno che mi chiede ancora: perché?
La prima volta che ho letto un blog ne sono rimasta affascinata eppure era semplicissimo, gli argomenti trattati erano lontani da ogni mio interesse. Se non ricordo male parlava di modellismo, raduni di appassionati del settore e ricordi dei tempi del militare. Roba che se avessi visto un saggio sull'argomento in libreria manco avrei allungato la mano.
 Eppure questo signore mi teneva seduta scomoda davanti ad un aggeggio, all'epoca solo un pelino più  misterioso che adesso, per delle ore. Aspettavo con ansia la tappa successiva del montaggio della parte A sul motore della parte B e leggevo i commenti che trovavo precisi, competenti, preziosi. Ricordo ancora che una sera chiesi al Tecnico delucidazioni su questo spazio fantastico che io, me medesima da sola, avevo scoperto in rete: "è un blog, mamma!  Ce ne sono tanti... Ma allora non è un genio solitario!?
No, di geni ce n'erano parecchi sul mercato, alcuni stratosferici, divertenti, colti, frizzanti e pieni di idee. Un mondo parallelo. Quello che mi affascinava era scoprirli, cercarli, aprire il blog ed iniziare a conoscere chi si nascondeva dietro nomi fittizi, alter ego divertenti, descrizioni stringate ma intriganti.
Mi fidavo dei commenti. Quando un commento mi colpiva particolarmente per l'ironia o l'arguzia o il cinismo allora andavo a scoprirne il blog. Devo dire che  in genere i post rispecchiavano il tenore dei commenti e mi si apriva un altro mondo.
 Scatole cinesi infinite, blog che portavano ad altri blog in un gioco infinito di pensieri.
 Non mi ricordo quando ho avuto il coraggio di lasciare il mio primo commento ma ricordo perfettamente a chi e soprattutto ricordo l'ansia, il dubbio: come mi firmo? Mica potevo mettere il mio nome in quel covo di  geniali anonimi. Ma io un soprannome non lo avevo. Il mio primo commento l'ho firmato: trentina all'estero. Fantasia sfrenata...

continua...

martedì 27 marzo 2018

Come i vermi...

Eccomi di ritorno. Ciclica. Come i vermi.
 Lo so non è una bella metafora ma sono stati proprio loro, questa mattina mentre passeggiavo 60ChiliFelici, a farmi venire voglia di tornare da queste parti.
Loro tornano sempre, tutte le primavere, puntuali come un'invasione biblica. Escono da non so dove e   a migliaia si passeggiano sul cemento di marciapiedi e strade. Sospetto un qualche evento riproduttivo ma non ne sono sicura perché sembrano farsi solo i fatti propri. Potrebbe essere un tentativo di suicidio di massa legato a qualche pratica religiosa dei vermi.
Io, che  soltanto da una settimana faccio yoga ma che mi sento già sulla via dell'Illuminazione, saltello tra uno e l'altro cercando di risparmiarmi  qualche reincarnazione. 60ChiliFelici è assolutamente disinteressato e li schiaccia e travolge senza remore, comunque per lui prevedo parecchie reincarnazioni ancora.
Dicevo che sono di ritorno.
Ho bisogno di pensare, ho bisogno di silenzio e di trovare qualcosa che sia più concreto e duraturo.
Sono stanca di questo frastuono di sottofondo che accompagna le nostre vite, di esperienze ed emozioni che durano cinque minuti, di pensieri e teorie usa e getta, di punti esclamativi che valgono niente e che si annullano in pochi istanti, di persone che  sorridono e passano, amicizie effimere, di contenitori vuoti.
E se tutto intorno tutto cambia allora vale la pena di fermarsi e guardarsi dentro o di guardare fuori ma in modo totalmente diverso.
Ma forse sarà solo un momento come per i vermi. Loro fuori in un'orgia di luce e suoni che li ucciderà ed io sottoterra, metaforicamente sia chiaro, in riposo e riflessione.
E questa è la mia tana, silenziosa e poco frequentata, dove scrivere e pensare.
Eccomi di ritorno.