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mercoledì 30 settembre 2015

Una banda di italiani a Detroit, in purezza.

Giovani ma tosti, sembra una pubblicità ma è  semplicemente quello che sono i due ragazzi che riescono ad aggregare una banda di italiani a Detroit, in purezza.
È già trascorso un intero anno. Ed eccoci ancora tutti insieme, sempre più numerosi, tanti visi nuovi, ancora più bimbi, ancora più sorrisi. Focaccia e nutella per non dimenticare e hamburger per non restare sconnessi.
Le piccole ansie dell'anno scorso si sono dissipate e l'incontro con il gruppo è un ritrovarsi festoso, familiare.
Tutti arrivano con vassoi, sacchetti, contenitori, bottiglie, lattine in un allegro mercato che trasforma i tavoli in mense colorate. I bambini curiosano e gli adulti si presentano,  con una semplicità che solo i grandi cambiamenti regalano. Quando si viaggia veramente ci si libera di molti orpelli e di tante sovrastrutture, si scende dalle proprie sicurezze e ci si rimette in gioco. Ma è proprio allora che il gioco diventa più interessante.
 Consigli su visti, permessi, green card, vaccinazioni e trasformatori scivolano tra una birra e un hot dog.
Come è nato questo gruppo? Dalla convinzione che se sei in viaggio forse hai semplicemente bisogno di una mano, forse vuoi fare una domanda a qualcuno che ha fatto lo stesso sentiero prima di te o forse vuoi solo lanciare una voce ed è naturale che tutte queste esigenze le conosca meglio chi ha già passato le varie tappe dell'espatrio.
Allungare una mano sembra un gesto scontato ma farlo con spontaneità e con il sorriso non è da tutti ed è questo il segreto del successo di questo gruppo. Senza sovrastrutture e caselle, senza coni di direzione, senza programmi scritti.
Un senza che diventa contenitore attraente.
Perché alla fine, alla base di tutto c'è solo la voglia di condividere.
Ma come lo fanno Giorgio e Marianna è arte.

Ma adesso basta complimenti che poi i ragazzi mi ci si abituano e si montano la testa.

 Ps
Solo se verrà vietato per legge, decretata dal capo, di chiamarmi "signora" porterò ancora la nutella. Avvisati.




mercoledì 23 settembre 2015

Auguri al Tecnico del mio cuore.

Eccoci Tecnico.
Sono venticinque. Venticinque è un bel numero, non trovi?
Io ho amato moltissimo il mio venticinquesimo anno, a tal punto che  ho continuato a pensare di averne venticinque anche quando ero ormai prossima ai trenta. Volevo godermelo questo venticinque.
 È stato un anno felice per me: mi sono sposata, sei arrivato tu, ho cambiato casa, città e vita. Tutto durante il mio venticinquesimo anno.
Ci sono nella vita degli anni cardine, anni che non si possono dimenticare, mentre altri ci scivolano invece via, anonimi.
Che sei nato in una notte tempestosa lo sai, Tecnico, che non eri il bimbo più bello della nursery, lo sai, che eravamo in uno stanzone con altre cinque partorienti e che tu eri l'unico maschietto urlante, sai pure quello.
Non ti racconterò, invece, che mi sono innamorata di te appena ti ho tenuto tra le braccia, perché non è vero. Ero già innamorata di te da almeno sei mesi, da quando ti ho visto nella prima ecografia ed eri già un bimbo, anche se miniaturizzato.
 Il medico, un omone barbuto e di poche parole, dopo averti cercato un po' con la sonda dell'ecografo,  ha girato lo schermo verso di me e tu mi sei apparso. Le tue gambette si muovevano velocissime ed io, che non avevo idea di come dovesse essere un bimbetto a tre mesi di gestazione, mi sono spaventata.
Sta bene? Cos'ha? Ha paura?
Ma che paura, signora, ha spazio!

Dopo tutte le rassicurazioni e spiegazioni sono uscita con la tua foto sbiadita in mano e l'immagine di te che sgambettavi, fissa nella mia mente.
Pazzamente innamorata.
Tutto quello che è venuto dopo è stato solo una conferma, una certezza.
Io ero spazio per te, luogo sicuro, calore e casa e lo sarei stata per tutto il resto della mia vita.

Buon compleanno, Tecnico.

Murals in the market


Ho già scritto qui, diverse volte ormai, quanto sia importante per Detroit una rinascita. La voglia di cambiare direzione, di uscire dal vicolo cieco e di rimettersi in cammino è nell'aria. Si respira nelle strade del centro, si percepisce dai lavori di ristrutturazione di splendidi palazzi che escono dall'oblio e dal degrado. Ma quello che mi emoziona è la capacità di usare l'arte per questo risveglio.
Una specie di terapia cromatica di gruppo.
Ed ecco allora una settimana straordinaria in cui artisti di diverse parti del mondo convergono qui, a Detroit, nel quartiere del mercato per riempirlo di immagini, per trasformarlo, per fare alzare gli occhi e il viso alla gente che lì cammina, lavora, vive.
Energia e speranza. 
Che voglia di prendere una bomboletta e colorare anch'io un angolino.