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martedì 14 ottobre 2014

What are little girls made of? Sugar and spice And all that's nice, That's what little girls are made of!

Vado ancora a scuola.

 La mia scuola non finisce mai.
 Credo che ci sia una specie di punizione, messa in atto da qualche spiritosa entità superiore, che dura da quando avevo tre anni. 
A tre anni, in un Alto Adige che all'epoca non era proprio friendly con chi non parlava il tedesco, mi sono ritrovata ad essere l'unica bambina che parlava l'italiano iscritta nel piccolissimo asilo del paese. Narra la leggenda che, spinta dall'entusiasmo iniziale, tenessi piccole conferenze, su argomenti vari, per un gentilissimo ed attento pubblico di paciosi bimbetti che ascoltavano ammaliati l'esotica attrazione  e che sottolineavano con convinti Ja soprattutto le colorite espressioni da caserma di cui avevo una approfondita conoscenza. 
 Dopo tre giorni di conferenze però devo essermi annoiata parecchio perché pare che, con la scusa che "quei bimbi non mi somigliavano", nessuno sia stato più capace di riportarmi all'asilo.
Punita.
 Adesso vado in un "asilo" super friendly con chi non parla l'idioma locale ma dove devo assolutamente sforzarmi di parlarlo o mimarlo o disegnarlo, insomma dove, anche se non mi assomigliano, devo starci ed essere anche collaborativa.
Io collaborativa lo sono ma devo anche cercare di controllare molto la mia mimica facciale e assumere espressioni credibili perché, vi assicuro che per quanta buona volontà ci stia mettendo, le giapponesi non le capisco proprio.
Tutte le mattine la lezione inizia con il gioco della palla. Una piccola palla gialla passa di mano in mano e tutte noi dobbiamo deliziare le compagne, siamo tutte femminucce in questo asilo, con piccoli racconti di cose che ci sono successe o con notizie di cronaca dei nostri paesi di provenienza.
Credo che il gruppo delle giapponesi si sia messo d'accordo per prendere in giro il gruppo misto di latine di cui faccio parte. Le due più spigliate si lanciano, a turno, in racconti che a mio parere  sono in un dialetto stretto delle isole Amami, secondo la mia compagna di banco invece è un dialetto del distretto di Shimajiri. La prof secondo me bleffa  o ha una sua tecnica pedagogica che ancora non comprendo e annuisce sempre con grande serietà facendo finta di aver capito tutto. A volte arriva perfino ad estrapolare parole che secondo lei sono in inglese e  tutta felice decreta il "momento vocabolario". 
Io lo so che non è la parola giusta perché ho scorto più volte un'espressione sorniona negli occhi della giapponese. Probabilmente si scambiano ricette o si raccontano barzellette, infatti ridono molto, mentre noi cerchiamo di decriptare le loro frasi.
Noi latine invece, più corrette, cerchiamo di usare l'idioma locale ma nei momenti difficili ricorriamo alle sciarade e siamo bravissime a mimare anche concetti difficili come l'ebola che crediamo voli con delle piccole alucce stile colibrì  o il colore dell'autunno del Michigan che è triangolare. Con noi la prof è molto più severa e ci interrompe spesso con il ritornello del: dovete fare frasi complete!
Ma noi non vogliamo mica far vincere le Giapponesi.
In mezzo ai due blocchi ci sono due russe, ancora più allibite di quanto lo sia io, che rigide catturano la palla e fanno brevissimi e serissimi resoconti delle loro metodiche giornate: niente ricette, niente mimi, niente barzellette. Le russe prendono molto seriamente l'asilo.
Queste bimbe non mi assomigliano ma adesso adoro andare all'asilo, proprio per questo!




18 commenti:

  1. Anche alla high school di mio figlio fanno il gioco della palla. Quindi, se verrai promossa e arriverai alla hogh school, continuerai a fare quel gioco!

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  2. Direi che quasi ti immagino, pur non conoscendoti, perché hai descritto perfettamente le tue compagne d'asilo.... direi che senz'altro otterrai bellissime riflessioni sugli immigrati in USA....

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    1. Ktml le riflessioni le faccio...sono le frasi in inglese che non mi vengono! Grazie.

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  3. potrei proporlo qui, il gioco della palla. Che tanto credo che quei bimbetti che "non ti somigliavano" siano gli stessi con qui ho a che fare quotidianamente.

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  4. Consolati: tu vai a scuola per perfezionare l'idioma e inserirti meglio ( e per divertirti con le giapponesi!! ;-) ) ; io ci vado per evitare di rimbambirmi, abituata per 40 anni a dover comunque "studiare" qualcosa per lavoro!
    Da quattro anni frequento un corso di "cinese", ovviamente con scarsissimi risultati, vuoi per la difficoltà e vuoi per il fatto che a casa lo studio poco...;-P

    In fondo è bello andare sempre a scuola!! Fa sentire ragazzini...;-)
    Chissà, magari, or della fine, imparerai il giapponese..

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    1. Chissà magari imparo quello o il coreano...ma qui intanto come sopravvivo?!

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  5. Che la forza sia con te!

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    1. Grazie! Tu dici che mi devo portare la spada laser?

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