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giovedì 27 marzo 2014

Che cosa sei?


 Guinzaglio teso al massimo e naso in aria.
 Per Noris, un procione morto sulla strada ha un odore che riempie naso e testa. Sconosciuto e nuovo, pesante come la melassa.
 Prima di proseguire la nostra passeggiata dovevamo  assolutamente approfondire.
 Ci siamo seduti sul prato che costeggia la carreggiata e abbiamo studiato un corpo scomposto, lontano, solo attraverso il suo odore.
Quando tutto è stato chiaro siamo potuti ripartire.
Vivo o morto, adesso, lo riconosceremo ovunque, questo procione.
Anch'io ci ho provato ma l'odore della macchine e dell'erba e della terra mi si mescolavano nel naso in un polveroso intruglio fastidioso. Nessuna forma nella mia mente, nessun colore.
 Per Noris una forma e un colore, ne sono certa.
Chi ci ha visto di sfuggita questa mattina, scorrendo a 45 miglia orarie, ha sicuramente pensato ad una strana coppia.









lunedì 24 marzo 2014

Nice to meet you...

È bella la gente.
Nella diversità che ci caratterizza, proprio per la diversità, è bella la gente.
Più invecchio e più apprezzo incontrare persone, scoprirne le sfumature, i gusti, le storie.
Mi piace ascoltare le vite degli altri che sono come romanzi, anche quando sono semplici in apparenza.
C'è chi si racconta meglio di altri e cattura l'attenzione del pubblico ma quando diventi un ascoltatore attento non ti fermi alle prime pagine di presentazione e cerchi tra le righe i colori e le sfumature e in genere scopri belle persone.
Mi dispiace per chi non sa ascoltare.
Certo, come tutti mi piace raccontare pezzi della mia vita perché ognuno di noi trova le proprie storie interessanti ma ascoltare gli altri è come aprire finestre su paesaggi nuovi e sconosciuti.
Ho aperto finestre su mondi incredibili o su muri grigi con tracce di muffa ma non ho mai rimpianto di essermi affacciata.
Questa vita girovaga mi avrà sicuramente tolto qualcosa, allontanato da pezzetti del mio cuore, fatto scorrere qualche lacrima, creato piccole ansie ma mi ha regalato la possibilità di essere una persona più curiosa, attenta e aperta verso gli altri e di trovare dietro ogni angolo belle persone che ti si mettono a fianco, ti sorridono e si raccontano.
Incontro belle persone nel mio girovagare...

giovedì 20 marzo 2014

Messaggi contrastanti


Questa mattina, mentre preparavo la colazione, il pick-up del vicino si accende.
 A proposito, qui in Ammerica le macchine si accendono da sole, mentre il proprietario è ancora in casa, in doccia, in cucina, loro si riscaldano e viste le temperature è meno una tamarrata di quanto si può pensare all'inizio.
Dicevo, questa mattina, con un buio profondo, stavo preparando la colazione quando i fari del macchinone si accendono illuminando il prato e uno strano sfavillio mi incuriosisce...che sia neve?
Neve, ancora.
Una mezz'oretta dopo sono già  proiettata, con la solita dotazione di: giacca a vento, cappello, guanti sacchetto ( chi ha un cane ha capito l'utilizzo del sacchetto!), nella frescolina mattina del Michigan.
Marciapiedi ghiacciati, neve a cumuli, alberi in completo sonno invernale e qualche povero scoiattolo    infreddolito.
Ma dopo pochi minuti eccole!
Le oche canadesi sono di ritorno, a coppie, a stormi riempiono il cielo di grida e si chiamano e si raccontano e si scambiano coordinate di nidi e di laghi.
A loro non importa della neve di oggi perché la sentono la Primavera, la sentono nel becco e nelle ali e la raccontano volando basse.
Noris ed io le guardiamo affascinati.
Noris veramente preferisce gli animali terrestri che sono a portata di naso ma io adoro questi uccelli imponenti, che volano fianco a fianco per tutta la vita, cercando ogni volta un posto giusto dove fare il nido. Nonostante il peso riescono ad essere così  eleganti.
E grazie alle oche canadesi mi ritrovo a pensare che la Primavera è alle porte, ci credo e sorrido sola, in mezzo alla neve che mi sfarfalla intorno.
Buona Primavera a tutti.

giovedì 13 marzo 2014

Di date, di lavori e del baciamano...

Nelle varie case che abbiamo abitato in questi anni, se si escludono quelle in affitto, abbiamo sempre fatto dei lavori di ristrutturazione, per renderle il più possibile confortevoli e vicine ai nostri gusti. Quando dico "fatto" intendo dire "fatto fare" perché lo Scettico, che ha tanti pregi, non ha certo il dono di essere un bricoleur.
Per carità, in certe occasioni si è lanciato e ha tirato fuori tutte le sue abilità ma come sentenziò la mia mamma dopo una settimana di prove idrauliche in un mini bagno: meno male che non ci deve mantenere la famiglia!
Tornando ai lavori, abbiamo incontrato, sul nostro cammino di proprietari di case da rinnovare, tutte le varie categorie di artigiani con le più diverse tipologie e caratteristiche date anche dalla provenienza geografica dei suddetti.
Ci sono stati italiani, polacchi, portoghesi, francesi e adesso americani.
Un capitolo a parte la meriterebbero i polacchi che sono, credo, tra gli ultimi gentleman esistenti al mondo. La prima mattina che ho aperto la porta alla squadra di operai che dovevano costruirmi una veranda, in jeans e maglietta con mollettone nei capelli pronta alla battaglia, mi sono ritrovata, senza capire come, con la manina a mezz'aria e un codazzo di energumeni che mi facevano il baciamano che nemmeno a Backingham Palace lo fanno così perfetto. Dopo i primi due giorni di imbarazzo, alla terza mattina la mano si metteva in posizione da sola e io mi sentivo una gran dama che accoglieva i cavalieri sulla soglia del castello.
Torniamo ai lavori a alle categorie.
Ci sono stati operai attenti alla pulizia della casa che impacchettavano e pulivano il loro cantiere in modo magistrale ed altri che sembravano Pig-Pen in gita.
 Ci sono stati artigiani che cercavano la soddisfazione nel dettaglio perfetto ed altri che si innervosivano quando facevi notare macro errori nei loro lavori facendoti sentire la pignola rompiscatole e pronunciando strane paroline nella loro lingua d'origine.
Ci sono stati professionisti che spiegavano e dettagliavano ogni passaggio del loro operare con puntigliosità da chirurgo ed altri che ti smontavano pareti intere con due mazzate e poi, con sorriso fanciullesco ti dicevano: Ah non glielo avevo detto signora che era necessario?!
Ma una cosa, una sola, unisce tutti gli artigiani del mondo di tutte le etnie possibili: l'incapacità assoluta di mantenere la promessa fatta in quanto a date di fine lavori. Non c'è niente da fare, è più forte di loro, non ci riescono. Sarà che quando ti fanno la presentazione e la spiegazione dei lavori ti vogliono stupire con effetti speciali e sparano giorni e date ad effetto: non si preoccupi signora due giorni ed è tutto fatto, forse due e mezzo ma per stare sicuro eh! Perché quando dico una cosa io...
Poi i giorni diventano otto, dieci, quindici...no signora ma guardi è stato proprio un concatenarsi di robe che non mi succede mai...
Quando, anche qui, l'americano di turno si è messo a sparare date ad effetto il sorriso è nato spontaneo e quasi quasi rischiavo l'incidente diplomatico.
Quando ieri, lo Scettico ha dovuto alzare la voce al telefono per un evidentissimo ritardo nei lavori, mi sono detta che è bello avere dei punti fermi nella vita e che cambiano le temperature, i paesaggi, il cibo, l'idioma ma che alcune cose restano invariate e seguono meccanismi tradizionali.

Almeno imparassero a fare il baciamano...

martedì 11 marzo 2014

Mèrica, cossa saralo 'sta Mérica?


In questi anni di traslochi, spostamenti, cambi improvvisi, ritorni, ho incontrato tantissima gente.
Sono in viaggio da tanto tempo.
Ho stretto chissà quante mani, ho sorriso molto, a volte per dovere, a volte per sentita simpatia. Ho organizzato incontri,  per conoscere la gente intorno a me, per creare legami.
Ho creato moltissimi legami.
Quando si posano le valige in un nuovo posto, dove in genere non si conosce nessuno, non è facile capire a quali porte bussare, le prime volte hai perfino paura di bussare ma, dopo tanti anni di viaggio, stringi il pugno e bussi, con discrezione ma in modo deciso, perchè sai che è inutile sederti in una sala d'attesa vuota ad aspettare.
 Mentre mi preparavo a  partire per il nuovo mondo mi chiedevo come aprire, ancora, le famose porte della socializzazione. Questa volta senza figli al seguito da aiutare e senza la famosa frase: non ti proccupare conosco l'amica di mia cugina che ha la sorella che è proprio in quel posto...

Di solito bisogna diffidare delle sorelle delle cugine delle amiche.

In un pomeriggio di solitudine alsaziana, sorridendo io stessa della mia strana idea, ho scritto una moderna lettera elettronica ad una associazione che ha la migrazione nello statuto.
Iniziali mail di cortesia ma che lasciavano già intravedere un senso spontaneo di accoglienza e poi, finalmente, l'incontro con una persona speciale che mi ha completamente conquistata, in soli cinque minuti, con un mix di sorrisi e dialetto trentino. Ieri,  questa persona speciale, mi ha portato a conoscere la sua mamma, novanta anni di simpatia e di energia e ho trascorso una giornata meravigliosa con la sensazione calda e tenera di essere di ritorno, "a casa".
Dei ritorni parleremo un'altra volta.
Ho ricevuto abbracci così veri che mi hanno profondamente commosso, sono stata coccolata con i piatti della mia, della nostra, terra, che qui in Mèrica sono ancora più saporiti, ho riso di ricordi e ascoltato storie di vite difficili ma solide e ricche di amore e di grande dignità.
E non sarei più ripartita da quella casa deliziosa e ferma nel tempo, dove la parola accoglienza ha trovato, in sessant'anni di migrazione, la sua essenza più pura.
Grazie.

Dall'altra parte del mondo,  adesso, non sono più sola.




giovedì 6 marzo 2014

Alle mie nonne che forse avrebbero sorriso dell'otto marzo


Quando girò il chiavistello, facendolo scivolare delicatamente, intravide il verde della divisa e automaticamente abbassò lo sguardo sugli stivali. Erano stivali consumati e sporchi ma, anche così, ispiravano timore con la loro robustezza e facevano intuire la cura con cui erano stati unti e lucidati, qualche giorno prima. Pensò immediatamente ai bambini e oppose resistenza con la spalla, pensò al poco cibo che era rimasto, pensò alla fame come unico legame con gli uomini oltre il cancello. Gridavano ordini che lei capiva benissimo ma non rispose. Spinse ancora più forte e richiuse il portone. Corse in casa sperando di non sentire una raffica sulla debole serratura e si infilò in cucina. Le bambine erano spaventate, la grande piangeva seduta in un angolo, mentre la seconda cercava di distrarre il neonato, infagottato nella culla, porgendogli un cucchiaio di legno. Prese il bimbo in braccio e fece accoccolare le figlie per terra, tra le sue gambe. Sicuramente sentivano i battiti del suo cuore.
" Mama, te struchi masa el popo..." la sua secondogenita, con gli occhi da grande,  la fissava seria e preoccupata.
Ma le voci si stavano allontanando.
Quella sera il latte era scomparso dai suoi seni e il neonato pianse tutta la notte.


La strada era particolarmente polverosa, non pioveva da quasi due mesi e il calore, mescolato alla sete, faceva sembrare quel tratto di salita infinito. Le bestie ansimavano e le armi, caricate sul carro, producevano rumori metallici cupi. Vicino a lei il soldato camminava con un'espressione dura e preoccupata. Chissà cosa pensava, a chi pensava? Dopo la curva, la salita divenne ancora più dura e le bestie rallentarono affaticate. Il soldato invece allungò il passo e con un balzo si sedette sul carro. Il contraccolpo sul giogo fece fermare le vacche. Il soldato assunse un'espressione stupita, non capiva nemmeno il perchè, 'sto grullo. Lei si avvicinò, lo prese per il bavero della giacca e senza sforzo alcuno, lo rimise a terra. Mentre si fissavano negli occhi, lei schiocco la lingua due volte e gli animali, pronti, ripartirono:
" Cammina anche tu, tedesco."

Sono due aneddoti legati alla vita delle mie nonne. La prima, trentina, donna minuta e apparentemente fragile, sfollata durante la seconda guerra in Val di Non. La seconda, una possente donna toscana, con un carattere d'acciaio e due braccia degne di un culturista dei giorni nostri. Due donne distanti e diverse per cultura e carattere ma unite dal coraggio di essere madri di cinque figli, entrambe, durante uno dei periodi più difficili della nostra storia.
Io porto i loro nomi di seguito al mio e mi piace pensare che abbiano lo stesso effetto dei rafforzativi nella lingua italiana.
Mìgola Augusta Luigia.

lunedì 3 marzo 2014

La mia grande bellezza...ringraziamenti

Grazie cari lettori

sono molto emozionata, è un momento eccezionale, unico.
Vorrei ringraziare la mia maestra delle elementari che mi ha insegnato a scrivere e senza la quale, oggi, voi non potreste leggere queste mie riflessioni fantastiche.
Vorrei ringraziare i miei compagni di banco che si sono succeduti e alternati nel corso di tutta la mia scolarità, più precisamente: Cristina, Elisabetta, Katiuscia, Riccardo, Mariarosa, Antonella che mi hanno lasciato copiare, di quando in quando, permettendo così di realizzare il mio sogno e di arrivare alla maturità.
Vorrei ringraziare particolarmente il preside delle superiori, che si divertiva malignamente a mettere le pagelle in ordine di merito accademico, per essere stato la molla che mi ha spinto sempre a cercare di essere nei primi posti delle liste e devo ammettere che il mio cognome mi aiuta alquanto.
Ringrazio l'usciere dell'università che mi ha permesso, per quattro anni, di ritrovare l'aula giusta al momento giusto e vorrei dire, qui e pubblicamente, che lo perdono per tutte le volte che ha scrollato tristemente il capo dando l'impressione di parlare con un caso umano. Ciao usciere, mi perdo ancora ma adesso sorrido!
Vorrei fare un ciao ciao a tutte le bibliotecarie con gli occhiali, incontrate in questi anni di studio matto e disperatissimo e ringraziarle per la colonna sonora fornita, fatta di sibili e percussioni da tavolo, che davano un ritmo alle giornate uggiose di preparazione esami.
Saluto e ringrazio tutte le varie e numerose insegnanti di inglese che hanno avuto la sfortuna di incrociarmi durante la loro carriera e rassicurarle 'chè non è una questione di metodo ma sono proprio io negata e comunque adesso metterò a frutto tutte le varie lesson che non ho imparato.
E poi, a sorpresa, vorrei ringraziare tutti i cugini, cugini di secondo e terzo grado che mi hanno sostenuto, le zie che mi hanno coccolato e tutti i vicini di casa, anche quelli che non salutavano mai la mattina e che parcheggiavano costantemente davanti al garage di casa, obbligandomi a sciacquare i panni in Arno. Grazie papà per questa ricchezza del linguaggio toscano.
Poi lasciatemi concludere con un ringraziamento a Gustav Thoni che è stato per anni il mio idolo e il mio punto di riferimento nelle prime discese sui miei  sci di legno, bianchi e blu, della Elan.
Un saluto alla mia mamma che se potesse leggere direbbe: No te ghai niente de pu importante da far ancoi che scriver stupidade? Ti voglio bene mamma.
Ringraziare e salutare i miei figli:  ragazzi adesso il cellulare ammericano funziona, provateci!
Mio marito che  è la mia grande bellezza.


ps
Spero che qualche lettore colga l'umorismo del post...spero...no?!