Pagine

giovedì 4 luglio 2013

Raccontami una storia...

Un  recente amico di Fb ha iniziato, credo casualmente, un simpatico ( lui è certamente un tipo simpatico, anche se devo ammettere che è uno dei pochissimi contatti di Fb che non conosco personalmente)  gioco aperto ai suoi amici. Lui mette una foto, per ora sono foto di gatti, e loro devono cercare di inventarsi una storia che sentono vivere dietro e dentro la foto (più o meno, forse non è iniziato proprio con questa motivazione ma è lo stesso). Fb è normalmente il regno della frase breve, del botta e risposta eppure qualcuno si è lanciato in mini racconti esilaranti e intriganti. Mi sono chiesta cosa poteva venirne fuori sul blog, dove, notoriamente, la gente è più disponibile al racconto, al lasciare correre la fantasia. Ci proviamo?
Le regole non ci sono: io ci metto la foto e voi il resto. Storia, intrigo, personaggi, ambiente, dialoghi...
Premio? Il prossimo post alla storia migliore.
Giocate? 


 


Qualcuno è disposto anche a cercare di indovinare dove ho scattato questa foto?

23 commenti:

  1. E lei era lì, persa negli stretti vicoli, fra i profumi provenienti dalle case e quella voglia irrefrenabile di rincorrere emozioni e maliconie.
    Con lo sguardo fece una foto da riporre nella memoria e continuò il suo girovagare a scoprire la nuova sé stessa.

    RispondiElimina
  2. Nom posso partecipare, ho solo il cellulare e non riesco a scrivere a lungo. Peccato.

    RispondiElimina
  3. Risposte
    1. Dai Margherita...aspetto curiosa...

      Elimina
    2. Mi dispiace, riesco a scrivere di me, una storia non riesco ad inventarla.
      In quel tunnel vedo me stessa, guardo il mondo là fuori, non oso uscire, eppure so che ce la potrei fare. Ascolto i rumori attenta e vigile per scoprire chi c'è, annuso i profumi di un mondo che vorrei conoscere ma che in realtà mi spaventa.
      Mi chiedo se è possibile che alla mia età io debba ancora temere quello che è fuori di me, eppure... in questo piccolo passaggio coperto mi sento al sicuro, nessuno mi vede e non importa se non sono vestita bene, nessuno mi ascolta se canto stonata canzoni di tanti anni fa, nessuno può ferirmi nemmeno con uno sguardo di disapprovazione. Allora aspetto il buio ed il silenzio poi forse uscirò e potrò ballare, saltare, gridare la mia voglia di vivere e di amare.

      Elimina
    3. È una storia vera...vale il doppio! Un bacio.
      Mìgola

      Elimina
  4. Lei stava rientrando a casa, camminando per quei vicoli dove solo una luce fioca indicava la strada, pensava alla biblioteca appena lasciata, al suo mondo relegato là tra i libri, chiuso come le pareti di quel vicolo che quella sera le sembravano ancora più anguste, più chiuse, proprio come i libri che aveva chiuso e riposto soffocati negli scaffali .
    Lui le apparve là in fondo dove il lampione sembrava più giallo. Lui si girò e i loro occhi si incrociarono in uno sguardo profondo.
    Lei rallentò il passo e in quell’istante capì che il suo mondo non sarebbe più stato chiuso, che quegli occhi le stavano aprendo una strada nuova, che quella luce là in fondo era la fine del suo tunnel di solitudine.

    E vai !! Sarò romantica !! Però non so rispondere alla domanda del luogo dove è stata scattata. Pazienza.
    A proposito: non essendoci regole mi sono trattenuta sulla lunghezza, ho cercato di condensare. Ma si poteva elaborare meglio e ovviamente la conclusione è come nelle favole: e vissero felici e contenti.
    Ciao.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fantastica! Puoi ancora continuare se vuoi questo è un blog aperto...mi piace!

      Elimina
  5. mi riprometto di farlo
    però oggi non ho tempo!

    RispondiElimina
  6. Dopo la quotidiana lunga camminata senza meta per le vie della città, trovò il luogo stranamente pulito e accogliente. Appoggiò i suoi quattro stracci, stese un vecchio giornale e, stringendo la bottiglia del vino, si lasciò addormentare. I sogni che fece non possono essere raccontati.

    Mi pare che non si tratti delle catacombe di San Callisto e, men che meno, della cantina della mia vecchia casa di Caldaro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bello Guido...ci voleva un occhio e una sensibilità maschile per dare colore! Grazie! No non è Caldaro, ne sono catacombe... restringo il campo...è la Francia...ma resta comunque difficile! Un caro saluto!

      Elimina
  7. Si è perso il mio commento... Avevo scritto che per me era Forte Belvedere a Lavarone...

    Allora:
    Lei stava correndo, cercandolo disperatamente per i vicoli stretti e bui. Era l'ultima possibilità, sapeva che stava partendo e voleva spiegargli perché non poteva lasciare tutto e tutti per andare con lui. Voleva dirgli mille cose.
    Girò per ore ma non riuscì a trovarlo.

    Mariatn

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Acqua acquissima...la foto è stata scattata in Francia...altro aiuto, nel sud!
      Guarda che qui giocano duro...da una blogger storica mi aspetto un seguito, mia cara!;)

      Elimina
  8. Visto che non ci sono regole e visto che questo gioco mi piace, ti rifilo un altro scritto. Stamattina appena sveglia ero molto romantica, adesso dopo una mezza giornata di corse avanti e indietro, incavolature e frenesie, cambio registro e vado sul noir. Mi è sempre piaciuto fare i temi a scuola e mi venivano anche bene. Sei fortunata che ho un pomeriggio pieno e pure la serata, altrimenti mi sa che ti avrei invaso il blog. Ciao !!!!

    “Eppure mi chiamo Mario … “questo andava borbottando tra sé mentre percorreva quel vicolo. Stava vivendo un film, uno di quei film americani, ma lui non si chiamava Kevin o John e non lavorava per la CIA o FBI. Lui era semplicemente Mario e lavorava in un’agenzia investigativa di provincia. Un lavoro tranquillo in un ufficio spoglio dove le uniche grandi azioni erano quelle di pedinare coppiette. Un lavoro sottopagato ma che a lui bastava per vivere, per vivere una vita tranquilla. Quella vita che improvvisamente era stata sconvolta perché durante uno dei suoi monotoni pedinamenti aveva visto troppo: aveva visto quello che non doveva vedere.
    Ed ora era braccato, qualcuno lo stava seguendo. Lui non ci era abituato, lui non era mai stato spiato, perché lui era quello che spiava.
    Non sapeva nemmeno come ci era finito in quel paese. Aveva imboccato l’autostrada ed era riuscito a seminare quei fari che per tanti km aveva veduto fissi nel suo retrovisore. E adesso era lì ad aggirarsi per un vicolo sconosciuto di un paese di cui non conosceva il nome e sentiva solo il suono dei suoi passi.
    Aveva bisogno di riposare, sì aveva proprio bisogno di tranquillità per riordinare le idee per capire cosa ne sarebbe stato della sua vita da braccato. Sapeva molto bene che non gli avrebbero dato tregua, che era diventato un uomo pericoloso, perché se avesse parlato e avesse detto quello che aveva visto, sarebbero saltate poltrone molto importanti.
    Finalmente la luce gialla di un lampione e la fine di quel vicolo angusto. Finalmente l’insegna di una locanda, laggiù seminascosta. Ci avrebbe dormito sopra, sì era la cosa migliore da farsi.
    “Domani con la luce del giorno tutto sarà più chiaro, domani saprò dove mi trovo e saprò dove andare.”
    Con questa sicurezza nella testa Mario percorse gli ultimi passi che lo facevano uscire da quel vicolo che non conosceva in quel paese di cui non sapeva il nome.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Direi che si adatta perfettamente al luogo dove ho scattato la foto. Una location perfetta per un giallo come quello che si delinea nel tuo racconto...mi piace sempre più 'sto gioco!

      Elimina
  9. eccomi...
    Alla fine decisi di tornare a casa, stanco dopo l'ennesima serata passata con gli amici a ricordare cose che avevamo fatto anni fa e che eravamo pronti a negare per qualunque motivo. Troppe sigarette e troppo alcool tra me e la mia porta, quindi decisi di prenderla quella scorciatoia che vedevo ogni sera ma che per il mio essere abitudinario non prendevo mai.
    Mi era sempre sembrata una sorta di passaggio del tempo, come se svoltato l'angolo mi potessi ritrovare davanti ad un'antica corte, dei cavalli e qualche soldato dalla sguardo minaccioso.
    Ma, forse sarebbe stato meglio evitare i cinque negroni della serata e quel chupito finale.
    Intanto senza accorgermene ero dentro, e camminavo come avvolto dall'iperspazio, sguardo inebetito. Poi una macchia. Un attimo solo.
    "Ciao", una voce.
    Così ci incontrammo dopo tanti anni, fratello.

    :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi state gatando avrebbe detto moi figlio piccolo qualche anno fa ( dal verbo francese gâter-viziare)!!
      Che bello leggere i vostri racconti.
      Grazie Ernest. Anche questo mini racconto si adatta bene al posto della foto. Quella sera, inoltre, c'era nebbia e girare per il villaggio con queste luci e queste costruzioni antiche faceva veramente viaggiare nel tempo! Salvo che invece che dame e cavalieri o soldati in armi giravi l'angolo e ti apparivano dei....ti racconterò alla fine del gioco! ;)

      Elimina
  10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  11. Di nuovo nella notte quel bussare. Di nuovo nessuno alla porta.

    Bé, è l'incipit! :-D

    Eh, c'è ne sono tanti paesini che possono aver regalato quello scorcio. Mi viene in mente Triora, ma la sola Liguria ne conterà minimo una trentina ;-)

    www.wolfghost.com

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No caro Wolf, niente Ligura...ma sud della Francia! Un paese delizioso che si chiama Èze, fermo nel tempo e che per sopravvivere ha trasformato alcune delle sue vecchie case in stanze d'albergo. Camerieri che girano per raggiungere i clienti sparsi nel paese...buffo! Un abbraccio!

      Elimina

Tutti i commenti sono letti e meditati con entusiasmo dall'autrice del blog che si riserva il diritto di cancellare quelli poco educati o in lingue non comprensibili.