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venerdì 7 agosto 2015

Inserto estivo

Estate, vacanze, tempo libero, voglia di leggere...
Una volta quando si comperavano i giornali, quelli con l'odore di inchiostro, spesso d'estate ci si trovava in mezzo l'inserto culturale. Un paio d'ore di lettura di facile manipolazione. Finita la giornata l'inserto era ridotto ad un insieme di pieghe, olio solare, sabbia e parole già dimenticate ma nel tempo di mezzo, quello tra l'odore di stampa fresca e il cestino della spiaggia, restava il piacere di aver vissuto qualche avventura o aver conosciuto nuovi personaggi o aver viaggiato in luoghi lontani.
Ora, dimenticando l'odore di inchiostro che tanto lo so che leggete tutti i tablet,  l'inserto lo offro io e visto che il mio concorsino è ufficialmente chiuso,  invece che metterlo nel cassetto il mio racconto lo sottopongo al giudizio dei miei  affezionati lettori ( 'chè se passate di qui in Agosto affezionati lo siete di sicuro!)
Lo posterò in due puntate per tenere viva la vostra attenzione, spero e per darvi il tempo di affezionarvi al mio personaggio. Un personaggio a metà tra realtà e finzione, nato come esercizio di un piccolo corso di scrittura fai da te, che ha ormai uno spazio nel mio cuore.
Leggendo qualcuno potrà riconoscere i luoghi dove la storia si svolge e potrà anche riconoscere certi personaggi, io ho passato ore deliziose a farli muovere nella mia fantasia e ad immaginarli reali e vivi.
Buona lettura.


                                                     Gli occhi nella neve


Fosco non sapeva se fosse un buon segno o l'inizio di una catastrofe ma di sicuro sapeva che quando il prete saliva la strada con un passo veloce e tenendosi la tunica con tutte e due le mani c'era nella aria qualcosa.
- Buongiorno Don! - Gridò forte Fosco contro il vento che saliva dalla valle.
Il prete bofonchiò qualcosa e fece un cenno di saluto con la mano, senza quasi girare la testa. Continuò la strada a passo svelto con le spalle piegate da chissà quali pensieri. La strada dopo pochi metri si restringeva e diventava un sentiero che seguiva il saliscendi dei poggi.
Chissà dove stava andando don Aldo, si chiese Fosco, il sentiero portava in direzione della casa del pecoraio e poi si inerpicava verso l'ultimo paese della vallata ma ci voleva almeno un ora di buon cammino e poi a Figliano c'era già  don Giustino che diceva messa, tra un bicchiere e l'altro.
Fosco sorrise pensando a don Aldo.
Un brav'uomo, don Aldo, se non fosse stato per il vizio di saltare giù dalle finestre.
L'ultima volta, saltando, si era rotto un piede e le stampelle, con il loro cupo doppio tonfo sul selciato, avevano sottolineato per un paio di mesi la sua colpa, ad ogni passo trascinato. Era stato anche convocato dal Vescovo in città ed era tornato sobrio e serio. Le omelie della settimana seguente si erano stranamente popolate di angeli giustizieri, di fiamme calde dell'inferno e le anziane del paese avevano stretto il rosario tra le mani con più determinazione che durante il maggio.
Quel Berto lo aveva  capito subito che il don era saltato giù dalla sua camera da letto in quella primaverile  mattinata, la stessa  in cui  lui avrebbe dovuto essere a  Cadenzano, per delle carte, ma poi si era invece fermato troppo dal Gigante, a parlare di  quel terreno che voleva vendere e aveva deciso di rientrare a casa a mangiare un boccone, prima di andare nei campi. 
Gli era bastato guardare le guance arrossate di sua moglie agitata e  che parlava troppo forte in mezzo al gruppetto  delle donne. Tutte cercavano di aiutare il don che si contorceva per terra, sotto casa, sotto la finestra,  tutte tranne lei.
 E i due avevano certo sentito che  lui stava arrivando,  'chè in paese tutti si salutavano a voce alta e ogni volta che si incontravano, fosse stata anche la ventesima volta e ti chiedevano tutti dove andavi e cosa stavi facendo, tutte le volte, sempre.
E  così, mentre il Berto girava l'angolo della canonica per spuntare nello stradino di casa, la Maria  lo aveva visto e tutta allegra gli aveva buttato lì un bel:
- Oh Berto, dove vai? Visto che bel sole oggi?
Poi il tonfo, il grido soffocato e le grida delle donne alla fontana.
Tutto il resto era diventata storia da bar.
Fosco sorrise.
Il pennato tagliava metodico e il suono era quello giusto dato dalla filatura perfetta della lama. Ogni movimento preciso del polso corrispondeva ad una larga mezzaluna di erba che si reclinava sul terreno. Mezza luna dopo mezza luna Fosco andava veloce e preciso. Stava ancora sorridendo quando gli parve di udire un grido. Acuto, brevissimo.
Veniva dal paese. No. Lo aveva portato il vento, veniva dal sentiero. Forse qualcuno aveva fatto un grido per chiamare. No era troppo corto e spaventato. E se fosse stato don Aldo che era caduto, questa volta non da una finestra? Valeva la pena dare un'occhiata, pensò Fosco. Buttò il pennato sul mucchio di fieno e si avviò lentamente.
Le nuvole cariche di pioggia salivano in fretta dalla valle e lui pensò che se il don era caduto, magari per la caviglia ancora debole, si sarebbe preso un bello sguazzo a stare sul sentiero. Girò l'angolo della collina e si infilo nel sentiero sassoso incorniciato di cespugli di sorbo. Oltre i cespugli c'erano i terreni coltivati ma erano tutti deserti, vista l'ora.
Il sentiero era silenzioso fino alla curva e Fosco decise di arrivare fin là prima di chiamare.
C'era profumo di legna bruciata nell'aria e di funghi.
- Don Aldo?!
 Lo gridò senza convinzione. Era sicuro di aver male interpretato quel suono che già aveva perduto potenza nella sua mente. Forse qualche ragazzo in paese che faceva lo stupido, nient'altro. Una perdita di tempo.
- Oh, don Aldo! 
Stiracchiò ancora più la o per allungare la portata del richiamo.
Fatta la curva, il sentiero si apriva in un leggero slargo erboso dove, qualche decennio prima, mani e muscoli pietosi avevano costruito una piccola edicola dedicata alla Madonna. Appoggiato all'edicola, seduto a gambe larghe e con la testa ciondolante, stava don Aldo.
Fosco incominciò a correre, come corrono i contadini, con falcate lunghe ma poco veloci, mettendo i piedi nei posti giusti senza guardare. Mentre si piegava sul prete si accorse di uno strano odore di fiori, intenso e dolciastro e pensò che quello era l'odore del sangue dei religiosi.
Don Aldo, che vi è successo? Forza, svegliatevi!
Il prete pareva svenuto, era pallido e leggermente sudato. Fosco si tolse la fedele coppola che lo accompagnava ovunque e con quella in una mano si mise a fare aria al don mentre con l'altra gli dava ruvidi colpetti su una guancia.
Mi ha parlato...biascicò don Aldo, ancora con gli occhi chiusi.
Via! Apra gli occhi! La voce di Fosco tremava leggermente.
La Madonna...mi ha parlato. Adesso la voce era più chiara. Il don aprì gli occhi all'improvviso  e guardò Fosco con un'espressione allibita e quasi accusatoria.
L'hai fatta scappare tu!
Ma chi?
La Madonna, Fosco! Era qui e mi ha parlato.
Va bene, adesso alzatevi, forza.
Aiutato dalle forti braccia di Fosco, il prete si alzò e istintivamente si portò la mano alla testa, si guardò le dita, erano sporche di sangue.

La storia di don Aldo e della Madonna sarebbe rimasta semplice e banale se fosse rimasta confinata nella buia osteria del paese. Tra qualche bicchiere di vino e carte scurite di terra e di mosto la storia del prete prese la via della burla e si spense in pochi giorni perché priva di particolari intriganti. La stessa storia prese  invece altri colori e un’altra proporzione nella stalla dove si riunivano le vicine di casa di Fosco. Ogni volta la narratrice aggiungeva alla storia dei particolari che riteneva importanti e certissimi e il dialogo tra i due uomini si dilatava. La visione della Vergine  si arricchiva di effetti speciali come nuvole, cerchi di luce e squilli di trombe. 
Le frequentatrici assidue della messa mattutina prestarono maggiore attenzione alle parole del parroco dopo “l’incidente”.
Fu così che egli stesso definì quello che era successo, “l’incidente”,  per sfuggire alle domande insistenti della perpetua e delle parrocchiane. 
La perpetua, era una donna alta e mascolina che non si era mai sposata e che aveva trascorso la sua vita a lucidare gli ottoni della chiesa, inamidare i centrini degli altari e vestire i santi per le processioni. Parlava poco e pareva sempre arrabbiata, attributo utilissimo per scacciare i mocciosi dal cortile della parrocchia armata di scopa e di grandi mani. Lei don Aldo lo conosceva bene. Conosceva i suoi calzini buttati sotto il letto, le sue sottane sporche di fango e il suo debole per le gonne. 
Sapeva dei suoi salti dalle finestre e dei bicchierini all’osteria ma conosceva anche la sua disponibilità, il suo intuito per le situazioni difficili in seno alle famiglie e l’abilità di aiutare senza mai essere invadente. Lui sapeva parlare con tutti senza barriere e si faceva voler bene.  Le sue omelie non erano dei capolavori di arte oratoria e cercando l’ispirazione le faceva praticamente tutte alla cieca. Chiudeva gli occhi, infatti e alzava il viso verso l’alto leggermente girato a sinistra verso l’altare di S. Michele e parlava così con gli occhi chiusi. Non aveva l’aria mistica ma sembrava piuttosto un bimbo che cercava di ricordarsi le tabelline. Faceva lunghe pause, talmente lunghe che a volte perfino la  vecchia Mirella alzava gli occhi dal rosario per vedere se era ancora lì. Tirando le somme il suo prete era un brav’uomo che guidava la sua comunità in modo corretto. 
L’incidente lo aveva scosso e aveva avuto un forte mal di testa per qualche giorno ma non voleva parlarne. 
- Don Aldo, si raccontano storie strane in paese - lo aveva incalzato una mattina presto in sacrestia.
- Lascia che raccontino- aveva risposto seccato.
- Forse se lei dicesse come sono andate le cose, veramente, la gente smetterebbe di ricamarci sopra. 
- E come sono andate le cose, veramente? La guardò dritto negli occhi, a lungo, come mai aveva fatto.
- Non ho niente da dire, sono caduto e ho battuto la testa, cosa c’è da ricamare?
La perpetua ebbe la netta sensazione che quel giorno fosse stato proprio l’inizio dei guai che vennero in seguito.

La domenica successiva una giovane donna, non del paese, si sedette in fondo alla chiesa. Era pallidissima e il velo nero sui capelli raccolti sottolineava i tratti fini del volto. Finita la messa attese da sola don Aldo fuori dalla sacrestia tenendo tra le mani, con infinita cura, un tessuto ripiegato. Quando il prete uscì dalla piccola porticina verde e vide la donna che non conosceva, capì  subito che era lì per chiedere aiuto. Molte volte venivano da altre parrocchie per chiedere piccoli favori, lontano da occhi e orecchie indiscrete. A volte erano lettere da scrivere, altre volte erano piccoli aiuti economici, oppure erano liti da raccontare per avere un parere autorevole. Sorrise alla ragazza che si avvicinò a testa bassa. Quando fu vicina si inginocchio in fretta, raccolse il bordo della tunica e se la avvicinò  alle labbra  con tale fervore che don Aldo ne rimase meravigliato. Non era certo abituato a queste cose.
- Su, su non sono mica una reliquia! Cosa posso fare per te?
La ragazza invece di parlare allungò la stoffa ripiegata verso il parroco. 
- Beneditela Padre, è  la vestina di mio figlio, è malato e forse voi potete fare qualcosa, altrimenti sarà  già benedetta per il funerale.
Don Aldo non capiva, tutta questa strada per qualcosa che poteva tranquillamente fare il parroco del loro villaggio.
- Prese la vestina delicatamente  con la sinistra e con la mano destra fece sulla stoffa il segno della croce sussurrando le parole…in nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.
- Grazie Padre. Sussurrò la ragazza. 
Riprendendo la veste  dalle mani del prete le trattenne nelle sue e le baciò entrambe. Strinse la vestina al seno e si avviò in fretta lungo la strada che attraversava il paese. Aveva una buona ora di cammino davanti nonostante le gambe giovani. 
Don Aldo restò sul sagrato a ripensare a quella strana visita. 
Poi l’odore del pranzo della domenica lo riportò alla realtà e si avviò veloce verso casa.


Due settimane dopo tutte le file di sedie in chiesa erano occupate e anche  il coro dietro l’altare rumoreggiava maggiormente. I due chierichetti erano particolarmente agitati e strattonavano i paramenti. Come sempre fu sufficiente alzare leggermente la voce per rimetterli al loro posto.
- Oh, ragazzi che c’è stamane? Mi sembrate un po’ troppo agitati! È tutto pronto?
- Sì don Aldo…libri, campanella, calice e ciotola. Rispose svelto il più grande.
- Ci sono tanti uomini nel coro, come se fosse festa grande, eh don Aldo? Chiese cantilenando il piccolino.
- Farà troppo freddo fuori sul sagrato… rispose il don sorridendo.
- No, la mamma ha detto che se la Madonna è venuta a trovarvi vuol dire o che siete proprio un gran peccatore o che siete un santo e che quindi è meglio venire ad ascoltarvi e ha detto al papà che era meglio che entrasse anche lui invece di parlare delle vigne fuori con gli altri. Che qualcosa di buono lo poteva, forse, imparare. Ma voi siete un santo, don Aldo?
- No Sandrino, non sono un santo. Dai sistematevi che iniziamo!

L’omelia fu più faticosa del solito. Le parole sfuggivano e non riusciva a trovare gli esempi giusti. Aprì gli occhi e abbasso lo sguardo verso le parrocchiane. Aspettavano.
Lo guardavano incuriosite e si aspettavano da lui chissà quale parola salvifica.
Cosa stava succedendo alla sua parrocchia sonnacchiosa?
Vicino all’altare di S.Michele, seduta in seconda fila, c’era la giovane donna della benedizione, gli sorrideva e stringeva tra le braccia forti un fagotto da cui spuntava una piccola testina. 

Finita la messa, fuori dalla porticina verde c’era un piccolo gruppo di donne e un omone con un cappello in mano. Ebbe la tentazione di rientrare in fretta in chiesa e di nascondersi dietro il coro ma lo avevano ben visto e i loro occhi erano carichi di una strana espressione, un misto di attesa, paura, rispetto. 
Avevano problemi diversi ma tutti legati alla salute loro o di qualcuno restato a casa sdraiato in un letto. Tutti avevano portato un indumento o un oggetto. L’omone chiese di benedire una tazza.

Quel pomeriggio don Aldo non passò dal bar e decise invece di ritornare alla piccola edicola dove aveva avuto “l’incidente” e  da dove non era più passato. Camminò piano come se cercasse di rimandare l’incontro. Nell’angusto spiazzo erboso, l’edicola si ergeva piccola e dignitosa. Unica novità, rispetto al solito, una colorata raccolta di mazzolini, composti di fiori tardivi e foglie di castagno, allegramente accatastata  sul ripiano dell’edicola a nascondere quasi  la figura della Vergine. Si avvicinò e appoggiò la mano al tetto del tabernacolo. Freddo. Cosa si aspettava?
 Non si ricordava niente di quel giorno, era stato Fosco a raccontargli di averlo visto passare sul sentiero, di aver sentito un grido e le frasi strane che aveva detto risvegliandosi. Lui non si ricordava nemmeno perché era andato da quelle parti. Non aveva parrocchiani da andare a trovare quel giorno, non aveva niente da fare in quella parte del paese mentre aveva invece disertato stranamente un appuntamento con le parrocchiane per il piccolo coro. 
Lui non ricordava niente.
Si accovacciò davanti all’immagine e spostò delicatamente i fiori per guardare in volto la Madonna. 
Il pittore aveva dipinto frettolosamente il vestito e il velo che ricadeva in grosse pieghe pesanti e irreali. Anche il bimbo che teneva in braccio non era stato ben dipinto e il piccolo volto paffuto era leggermente asimmetrico, sgraziato. Entrambi guardavano intensamente dritto davanti ed entrambi non sorridevano. Il viso della Vergine era invece straordinariamente proporzionato e delicato. Gli occhi erano intensi e cercavano un dialogo con gli occhi di chi guardava. Forse erano stati due artisti a dipingere, un maestro e un allievo, forse. Don Aldo sorrise. Non si era mai soffermato molto davanti al tabernacolo. Era fuori dai soliti percorsi, non faceva parte di nessuna processione e nemmeno nel mese di maggio era un punto di preghiera.
Si lasciò catturare dagli occhi della Vergine e si mise a pregare.

Faceva quasi buio quando don Aldo, infreddolito, spinse la porta di casa. Era affamato e stanco. Si tolse il mantello e lo appoggiò sulla sedia, unico arredo della stretta entrata. La perpetua gli aveva lasciato la cena sul tavolo della cucina e il camino era acceso. Chiuse la porta della piccola cucina per scaldarsi, aveva mani e piedi gelati. Si sedette e si fece il segno della croce prima di toccare il pane. Nella stanza c’era odore di fumo e di minestrone.
Si versò un bicchiere di vino. Era un vino scuro, acido e che gli faceva venire un noioso bruciore allo stomaco ma lo confortava e gli riempiva la bocca e il cuore. 
Dopo tre cucchiai di minestra e due bicchieri di vino, quando un certo benessere incominciava ad infiltrarsi nelle ossa fu spaventato da colpi fortissimi dati alla sua porta.
- Don Aldo! Don Aldo!
La porta della cucina si spalancò e Fosco entrò stravolto.
- Don Aldo…Renata!
...
Continua


5 commenti:

  1. L'attenzione è viva e curiosa.
    Aspetto il seguito!
    Cristiana

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  2. Ma sei bravissima!!!!!
    Non vedo l'ora di leggere il seguito.
    Potevi pubblicarlo in Amazon, almeno avevi un circuito più ampio e secondo me molti l'avrebbero letto.
    Il racconto originariamente è in italiano o in inglese?

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  3. Grazie Sempre Mamma!! Il racconto è in italiano...so scrivere e pensare solo in questa lingua...Com'è la storia di Amazon? Sono ignorantissima...

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  4. Intanto ho fatto "aggiungi pagina a segnalibri"
    poi dammi tempo che leggo e commento.
    Grazie della visita.

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