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domenica 27 gennaio 2019

Migrante.

Quinto giorno.

Le utopie hanno ubriacato metà umanità nel corso della storia,
i paroloni degli intellettuali ne hanno stordito l'altra metà
ma siamo ancora qui a raccogliere cadaveri,
come primitive tribù in lotta per il pascolo più grasso.
Non ho soluzioni, non ho idee, non ho ricette, nemmeno di quelle facili casalinghe da proporre
ma credo che alla fine scuoteremo la testa pensando alle nostre porte chiuse, ricordando i muri innalzati e leggendo sui libri di storia dell'ottusità dei politici e delle grandi organizzazioni mondiali.
Ma non è per domani.
Forse nemmeno per dopodomani.
Io, che ho passato confini senza mai provare paura, da grande privilegiata, provo ancora più empatia verso queste persone che sbattono contro barriere di filo spinato e devono raccogliere pane lanciato come fossero cani affamati.
Io, che ho avuto corridoi preferenziali in uffici pieni di timbri, provo quasi vergogna ad usare il termine migrante.
Io, che sono una migrante con tanti documenti da esibire, con assicurazioni in tasca e welcome da ascoltare, sento un nodo in gola guardando questa gente con sacchetti di plastica pieni di poche cose e bambini tenuti stretti.
Io, che ho potuto offrire una scolarità serena ai miei ragazzi, piango pensando ad una pagella cucita nei vestiti.
Una pagella come speranza nel futuro.

5 commenti:

  1. Il problema è proprio la pagella che ti viene affibbiata ancora prima di conoscerti. Si chiama pregiudizio e non c'è modo di superarlo a meno di non togliere il lievito dalla ricetta e lasciare crescere l'umanità meno rapidamente.

    Ah, la marca del lievito è: cupidigia.

    Ti trovo in forma in questi tuoi scritti.

    A presto, fanciulla

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  2. Io che non ho avuto tutto quello che hai avuto te sento le stesse cose, sarà perché davanti a certi fatti ci stringiamo tutti uguali.

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    1. Assolutamente. Siamo e restiamo umani. Obbligatoriamente.

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  3. L'importante è non perdere la nostra umanità. I privilegi alle volte non si scelgono, diciamo che sei nata dalla parte giusta del mare, ma non per questo non vedi chi sta dalla parte più sfortunata. ciò ti fa onore.

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