Mammografia, di routine.
Mentre salgo, con un ascensore lurido, in ambulatorio, mi rendo conto che questa sarà diversa dalle altre, sarà una mammografia particolare, simbolica.
Ho la stessa età che aveva la mia mamma quando le trovarono il tumore al seno ed è estate come lo era allora, in quel disastroso pomeriggio che cambiò la vita sua e di tutti noi.
Coincidenze che non hanno nessun valore ma che girano nella testa come corvi funesti.
Mi siedo in sala d'aspetto ed il silenzio mi avvolge, ci sono tante donne sedute e tutte cercano di avere un'aria rilassata ma le pagine delle riviste girano in fretta, troppo in fretta, nessuna di noi legge veramente. Ci chiamano a turno ed ogni volta alziamo gli occhi e qualcuna accenna ad un sorriso. Chi non rientra vuol dire che è già partita, è andato tutto bene. Chi rientra deve aspettare la tappa successiva, un ecografia, un'ulteriore lettura dei dati, un agoaspirato.
Una signora rientra in lacrime.
È sola ed io ho voglia di andare da lei e di abbracciarla forte.
Non lo faccio, nessuna di noi ha il coraggio di farlo, anzi abbassiamo gli occhi per pudore, per non ferirla.
Davanti alla grande macchina schiacciatetterotante faccio un bel respiro. Non mi fai paura, nemmeno quando mi scruti con tutti i tuoi ticchetii e trattengo il fiato solo perchè il tecnico radiologo mi ha chiesto di farlo, cara la mia macchina schiacciatetterotante!
Io passo alla tappa successiva d'ufficio perchè sono figlia d'arte.
Il mio dossier incute timore, mette in allerta, quindi vengo scortata in sala ecografia.
Mi sdraio e nell'attesa guardo in soffitto giallino tristino e penso a quanti soffitti ha guardato mamma, in tutti gli anni della malattia. Soffitti d'ospedale carichi di ansia, sempre un po' sporchi, con qualche segno da seguire con gli occhi mentre si aspetta.
L'ecografia è lunga e immagino noiosa per la dottoressa ma lei è meticolosa e non tralascia nemmeno un centimetro. Parliamo della mia età, della coincidenza, della malattia della mia mamma, di esami eventuali e futuri e alla fine, con un sorriso, mi allunga il rotolone dello scottex.
Riparto con la foto delle mie ghiandole, per il momento sane e con un quasi appuntamento per il prossimo anno in un altro centro. Già, salgo di grado e vado nel cortile dei grandi, tra chi non scherza.
Non era una coincidenza, era in giro di boa.
Uscendo, butto l'occhio in sala d'aspetto, alzano gli occhi e mi sorridono.
Guerriere rosa non abbassate mai la guardia.