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domenica 24 maggio 2015

La stanza dei ranuncoli

Quanto mi manca la mia guerriera.

Quando scende la sera, ancora adesso a distanza di anni, mi viene voglia di prendere il telefono per raccontarle la mia giornata, le nuove amicizie, i miei piccoli successi, le cose banali, le vite dei suoi adorati nipoti, le battute dello Scettico.
Per mesi, dopo la sua partenza, mi  sono spesso ritrovata con il telefono tra le mani e un nodo in gola. Ancora adesso, dopo quattro anni, mi è rimasto un piccolo corto circuito, in un angolino della mente,  che si attiva con l'arrivo del buio.
A volte ho voglia di farle dei disegni, come quelli che fanno i bambini quando sono lontani, in viaggio con la scuola, ma poi penso che non ho più l'età per fare disegnini e soprattutto che non ho più un indirizzo dove spedirglieli.
Ho tanti ricordi che si srotolano nella mente e tanti altri non vorrei averli persi ma forse persi non sono e chissà che un giorno non si possano aprire dei cassettini e possa godermi ricordi nuovi.
Tra i tanti ricordi, forse i più  teneri sono quelli più recenti, i più dolorosi al tempo stesso perché legati alle serate passate lei ed io, sole, nella stanza dei ranuncoli.
Quando tutti erano partiti, anche gli ultimi irriducibili e noi due fabbricavamo i nostri riti propiziatori per la notte, riti al profumo di camomilla che speravano di blandire il dolore.
 Un'intimità che cercava di essere normale e casalinga in un luogo di frontiera. La crema sulle mani, la camomilla calda sul comodino, il controllo dei tubicini , la posizione giusta del letto, non troppo bassa la testa, per poter respirare, un po' più alti i piedi,  per inseguire un equilibrio leggero che permettesse al riposo chimico di essere dolce, se possibile.
-Adesso provo a dormire, tu cosa fai?
-Vado a ballare...tu non lo sai perché vi riempiono di calmanti ma, quando tutti finalmente dormite, qui si scatena la festa.
-Va là stupidota, intendevo, leggi o dormi?
- Gelosa della festa eh? Leggo un pochino.
Chiudeva gli occhi come fanno i bambini quando gli dici che la storia è finita e vogliono convincersi che il sonno arriverà subito e subito arriverà il mattino, perché la notte è troppo lunga e un po' fa paura. Ferma, immobile, alla ricerca dell'equilibrio come un monaco tibetano.
Quando pensavi che finalmente era scivolata in un torpore senza dolore e ringraziavi mentalmente tutte le divinità, capendo perfettamente perché il laudano lo avevano chiamato così, sentivi una voce chiara e sveglia che ti chiedeva:
- Cosa stai leggendo di bello?
Perché, se la notte faceva paura, ancora di più faceva paura smettere di raccontarci, perché il tempo era troppo poco e lei lo sapeva.
E nei racconti delle trame dei libri, che io leggevo e che lei ormai faceva fatica a leggere, c'erano nascoste le nostre parole pesanti, quelle difficili da dire, quelle che escono sempre dopo e invece andrebbero dette prima, senza pudore. Alla fine del racconto sorrideva.
-Mi piace. Adesso dormo.

Quanto mi manca la mia guerriera.



7 commenti:

  1. Manca tanto anche a me la mia, son passati quasi 10 anni e mi pare ieri

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  2. Hai smesso di combattere? Io penso che ti ha passato il testimone.

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    1. Ho combattuto al suo fianco per tanti anni ma abbiamo perso la battaglia. Combatterò di nuovo se, spero di no, ci sarà un'altra bestiaccia da scacciare. Tranquillo, non mi ha passato un testimone ma la spada! ;)

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  3. Mamma mia che nostalgia mi hai provocato..la mia mamma è mancata 4 anni fa ed era anche lei una guerriera anche se con le sue fragilità..la malattia è dura da affrontare sia per le persone che la affrontano in prima persona sia per le figlie che stanno loro vicino..quanto mi manca lei e la sua forza, il nostro amore e il nostro legame fortissimo..
    Buona giornata
    Francy

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