Sono entrata per la prima volta in una funeral home.
Una funeral home è proprio come una casa, niente a che vedere con le squadrate, asettiche e tristissime camere mortuarie a cui siamo abituati in Italia o meglio a cui sono abituata io, visto che non conosco certo tutte le realtà italiane.
Morbidi divani, caminetti accesi, librerie piene di libri veri. Una vecchia villa silenziosa e accogliente dove i passi si fanno felpati su soffici tappeti. Una foto incorniciata all'ingresso ti dice che il tuo amico, conoscente, parente ti aspetta nella sala rossa in fondo a destra ma senza fretta, togliti il cappotto, scaldati davanti al fuoco se vuoi. Vuoi qualcosa da bere? Accolto e accompagnato entri nella sala piena di gente, di bambini, di foto e disegni. Diresti una riunione di famiglia, di quelle importanti. Le bimbe sono piene di fiocchi e vestiti eleganti e senza scarpe. La vedova è seduta su un divano vicino al morto e tiene in braccio una nipotina, chiacchera con una vecchia amica e ogni tanto tiene d'occhio il marito come facciamo noi donne, mi raccomando non esagerare, diplomatico, amabile con lo zio brontolone, cravatta a posto?
I figli, che sono grandi copie del signore adagiato nella bara, accolgono parenti e amici con vigorose strette di mano e abbracci forti. C'è voglia di raccontare e il vecchio signore è nei racconti che si sviluppano nei vari angoli della grande sala. Ogni tanto riceve la visita del nipotino di sei anni che lo tiene al corrente degli arrivi e gli presenta i vari amichetti. Solo un attimo grandpà, perché abbiamo parecchie cose da fare.
Ho salutato anch'io questo vecchio signore che non conoscevo affatto, ho curiosato negli istanti importanti della sua vita attraverso le foto che aveva accanto. Lui bimbo alla fine degli anni trenta, studente con enormi occhiali negli anni cinquanta, giovane sposo negli anni sessanta, felice papà verso gli anni settanta, pelato e sorridente sotto alberi di Natale negli anni ottanta, con la pancia ma sempre sorridente per il resto della sua vita e con altri bimbi piccoli tra le braccia, quelli che adesso corrono nella sala, che è la sua foto finale.
Mi è piaciuto questo momento. Avrei voluto qualcosa di simile anche per i miei. Un posto caldo e accogliente dove stare con i tuoi per celebrare un momento difficile ma sempre parte della vita. Mi sono immaginata come sarebbe potuto essere il commiato della mia guerriera, in una situazione simile, con la sala rossa piena di amici e di tutta la gente che avrebbe raccontato di lei e del suo coraggio e le foto dove sarebbe stata splendida e sorridente. Poi ho immaginato la sala rossa piena di cacciatori vestiti di verde e con i rametti di pino sui cappelli e i gagliardetti dell'Arma momentaneamente abbandonati negli angoli per poter abbracciare i commilitoni. E quelle foto dove papà faceva finta di essere un pugile serio, e quella dove è in divisa con me piccolissima in braccio.
Buon viaggio vecchio signore.
Nice to meet you.