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lunedì 29 aprile 2013

Date aria al blog...

Vado.
Devo andare.
Anche se ho fatto di tutto per rimuovere il pensiero di questo difficile appuntamento, devo andare.
Ci saranno giorni silenziosi, qui,su questo blog.
E mi piacerebbe che tutto si risolvesse così:



Purtoppo sarà un pochino più faticoso e difficile.
Qualcuno mi ha detto che bisogna affezionarsi alle persone non alle cose.
Vero.
Giusto, ma quando anche le persone che amavamo sono partite e di loro restano solo le cose, quanto è difficile separarsene?
Ci saranno cartoni di cose che partono, di cose che restano, cartoni che passeranno ad altri ed è importante che ogni cosa prenda la direzione giusta.
Perchè è importante per me.
Perchè quando chiuderò quella porta dovrò aver chiuso, per bene, tutte le porte che ancora sono aperte nel mio cuore.
Date aria al blog ogni tanto, grazie.

mercoledì 24 aprile 2013

Anno Domini Millenovecentoventinove...

La mattinata era già calda e il fazzoletto in testa non riusciva a trattenere il sudore che le colava lungo le tempie. Gli ulivi scintillavano al sole pulito di aprile e il cielo era di un blu intenso e felice. Ogni tanto si alzava, lanciava le erbe che aveva strappato e cercava di innarcare la schiena ma il dolore sordo, che le rosicchiava le reni, non accennava a passare.
 La notte era stata eterna e le lenzuola di lino le avevano ben bene grattato le gambe tanto le aveva mosse su e giù per trovare una posizione che la lasciasse riposare. Suo marito aveva borbottato qualcosa tipo: Augusta, dormi!
 Dormi. I mariti non potevano capire, non avevano colpa, semplicemente non potevano.
Per non svegliarlo ancora si era rannicchiata il più lontano possibile ma il buco delle foglie di mais la richiamava, scricchiolando, senza posa e si ritrovava continuamente vicino alla schiena magra e forte del suo uomo.
Non riusciva a scacciare le immagini del parto dell'anno prima, le sue grida durante e il silenzio crudele alla fine. Era il suo primo parto, certo, ma lo sapeva anche lei che dopo l'immenso dolore dell'espulsione ci doveva essere una sensazione di quasi benessere e si doveva sentire un pianto che avrebbe concluso bene il tutto.
 Ma il silenzio era cresciuto come un'onda e l'aveva investita con una potenza che nessuno poteva comprendere. Anche le altre donne erano restate in silenzio e avevano avvolto in fretta i due corpicini nei teli di lino preparati con tanta cura e riposti nel baule grande. Era riuscita a scorgere solo per un attimo  i due visini imbronciati e offesi, un momento e già aveva nelle orecchie le preghiere delle donne, un momento e già aveva negli occhi le due cassette di legno, un momento e già aveva nelle narici l'odore dell'incenso.
 Dio come odiava l'odore dell'incenso ma quel bischero di parroco non poteva saperlo e ci dava ancora e ancora.
La mattinata non finiva mai e suo marito si arrampicava sui poggi veloce e silenzioso come sempre.
Vado a casa, gli aveva gridato e lui aveva gridato qualcosa da tre poggi sopra. Si era messa sulla testa un po' di erba fresca per i conigli che erano proprio belli quest'anno e si era avviata verso casa lentamente. Questo bambino era proprio forte, lo sentiva muoversi e spintonare giù in basso, troppo in basso. A meno di un chilometro da casa capì che doveva accellerare. Quando si rese conto del liquido caldo che le colava sulle gambe si fermò e buttò la fascina di erba sotto un cespuglio.
Doveva arrivare a casa, doveva arrivare nel suo letto, doveva sentire delle voci intorno.

Quando le diedero quel bimbone tra le braccia si lascìo invadere da una tenerezza che non aveva mai provato. Qualcuno le porse una pezza bagnata e lei si strofinò vigorosamente il seno enorme che profumava di erba nuova per i coniglietti. Il bimbo si attaccò con un vigore che fece ridere le donne intorno. Era il ventiquattro aprile millenovecentoventinove. Benvenuto Livio. Buon compleanno papà.






 Ps:  In questa foto il bimbo seduto a destra è mio nonno, classe 1903. Il papà di Livio.

giovedì 18 aprile 2013

Diciotto aprile


Diciotto aprile

Spero che se ne stiano seduti da qualche parte, su una terrazza innondata di luce, ad esempio, a parlare di noi, di noi che siamo ancora qui.
Lui le ha tenuto un buon posto, quello d'angolo con la vista migliore, come  lei aveva chiesto in un sussurro, quattro anni prima.
Lei si è presentata puntuale, bellissima e profumata come sempre.
E non c'è più dolore, niente paura, nessuna ansia. Un tempo infinito e splendente.
Così semplicemente, un appuntamento che è un inizio e non una fine.
E penso che stiano sorridendo ascoltando le voci tutte intorno. Voci che non avevano dimenticato.
E credo che le nostre lacrime li intristiscano un po' in questa giornata così splendente.
E così cercherò di non piangere, non oggi.
Ciao papà, ciao mamma.

martedì 16 aprile 2013

Qualcuno...

La vita di una donna senza fissa dimora presenta, senza alcun dubbio, molti lati positivi che sono, a volte,  sapientemente ombreggiati dalla mano fantasiosa della pubblica amministrazione francese. Superato lo scoglio del cambio patente, adesso mi accingo a collaborare allegramente con vari uffici della italica amministrazione.
 Primo ostacolo: gli odiatissimi numeri verdi che, come tutti sanno, non sono accessibili a chi, bizzarmente, chiama dall'estero e che così deve  dar prova di arguzia cercando, come un hacher casalingo, numeri telefonici normali che appaiono ormai come privatissimi visto che è praticamente obbligatorio digitare il numero verde che però, signorina, io non posso fare.
- Ah. Le passo qualcuno.
Diffidate di "qualcuno". In genere "qualcuno", che viene disturbato dal centralino, è prevenuto e nervoso.
-Vede signorina io avrei bisogno di usufruire del servizio ingombranti.
-Per questo c'è il numero verde che le darà l'appuntamento.
-Certo signorina ma io la chiamo dall'estero e non posso usare questo meraviglioso servizio.
-Dall'estero?!
-Si signorina, la chiamo da terra alsaziana.
-Ma non penserà che noi veniamo a prelevare ingombranti in terra alsaziana!
...
-No, signorina, anche se potrebbe essere una felice occasione di rimpatriata con qualche connazionale e potrei pensare di accoglierli con un bianchetto e una fetta di tortel o due canederli!
 -No, signorina, gli ingombranti ingombreranno il sacro suolo italico, giuro!
-Ah! Le passo qualcun'altro!
Di "Qualcun'altro" non solo dovete diffidare ma anche temere perchè è già stato avvertito da "qualcuno" e la telefonata potrebbe iniziare con il fatidico:
-Senta...
Qui solo anni di lunga migrazione (che valgono come gli anni della legione straniera in ambito pensionistico) possono aiutare e il trucco è sedersi, se già non lo siete, mettere in atto tutti i consigli che vi erano sembrati inutili durante il travaglio, se siete donne, e immaginarsi la signorina con i bigodini, la maschera idratante e in accappatoio mentre si mette lo smalto...a cosa serve? A niente ma predispone al sorriso che sarà la sola vostra ancora di salvezza per tutta la durata  della telefonata.
Il pensiero felice è invece legato alla definizione del vocabolario: qualcuno pron. indef. che indica un numero indeterminato ma solitamente ristretto di persone...
Prima o poi qualcuno dovrà darmi una risposta!

giovedì 11 aprile 2013

I CIELI DI UTRILLO

Suzanne Valadon non è Suzanne quando, bimba di strada, gira per i quartieri poveri della Butte ma Marie-Clementine figlia illegittima di una donna restata precocemente vedova.
Marie è bella, disinibita, trasgressiva, determinata a non restare una povera donna come la madre.


Marie sa sedurre gli uomini, gli uomini la seducono, la disegnano, la sognano e lei diventa
la modella di Renoir.  
                                                

Poi incomincia a disegnare, disegna la madre e si firma Suzanne Valadon, un nome che le piace, che suona bene.
A diciotto anni aspetta Maurice, un figlio non voluto e figlio di nessuno.
Diventa la modella di Puvis de Chavannes, ne diventa l'amante ma una sera, in un cabaret  buio e fumoso, incontra Miguel Utrillo y Molins studente di agronomia e pittore per diletto. La passione li avvolge, vivono una vera vita bohème, litigano, pitturano.
Lui è catalano, geloso, vuole Marie tutta per se ma lei adesso è  Suzanne, è un'artista ormai e di quest'uomo resta solo un nome per il figlio che diventerà Maurice Utrillo.
 Degas la spinge ancor più a dipingere, la accoglie nella cerchia dei "pittori", le dona una specie di benedizione e lei dipinge il piccolo e gracile Maurice, nudo, triste, solo.



La sua mamma posa per Toulouse-Lautrec e i ragazzi del quartiere si prendono gioco di lui, dei suoi tic, della sua magrezza.



 Maurice beve, beve sempre più ed è violento, si scaglia sulla madre con un coltello.
 Lo internano.
Quando esce, Suzanne lo porta con lei in Rue Cortot e gli insegna le basi della pittura, per distrarlo, per calmarlo, per tenerlo lontano dall'alcol.
Ma Maurice beve, beve il profumo di Madame Gay, l'ostessa che gli versa il vino, arriva a bere l'alcol della lampada con cui si fa luce.
 Regala le sue tele per una bottiglia di vino.
Quello che ama è disegnare case, sempre case, strade, chiese, muri, con precisione, senza tralasciare dettagli.
 Pitturare è come costruire e lui vuole essere un muratore.



Adesso Suzanne vive con André Utter, idraulico, elettricista e pittore per passione. Utter ha l'età di Maurice ma che importa, lei non ascolta le malignità della gente, è un amante giovane, bello, biondo e appassionato.
Lei lo dipinge nudo nei sui " Lanciatori di reti" . Una tela di tre metri dove André è un dio greco.


E Maurice? Cosa pensa di questo amore chiaccherato con un suo amico di gioventù diventato suo patrigno?
Maurice beve, beve l'etere quando tutti gli negano un bicchiere di vino e dipinge, dipinge le sue strade popolate di fantasmi senza volto.
 Maurice non dipinge mai un volto, le sue strade sono per lo più deserte o attraversate da figurine minuscole, irriconoscibili.


   

A Montmartre tutti lo chiamano Mau-Mau.
Diventa una figura scheletrica che ricorda uno spaventapasseri, è lui stesso una delle sue figurine anonime che attraversano il quartiere nelle sue tele, che vagano senza meta e senza compagnia.
Ma Utrillo dipinge anche il cielo, dei cieli da incantare, da temere come prima di un temporale, cieli rarefatti o carichi di tensione, cieli che ti tolgono il respiro.




Ps.
Immagini raccolte dal web e pronta a restituirle se richiesto

mercoledì 10 aprile 2013

Dei vantaggi della lettura lenta o della rilettura...

I piccoli gesti danno la spiegazione di grandi filosofie.
Le fiammelle guidano nella notte più profonda.
Io, in questi giorni, ho avuto fiammelle e piccoli gesti ma anche volti familiari, sorrisi conosciuti e condivisioni.
Seduta su un tram ballonzolante, stipata in una metropolitana polverosa e piena di sbadigli, incastrata in un TGV che parla alemando, come avrebbe detto Cucciolo qualche anno fa, mi riscaldo con le voci che ho accarezzato, con gli occhi che ho riconosciuto, con i sorrisi che mi hanno accolto.
E penso che, nonostante i chilometri che seminiamo dietro di noi, giriamo in un metro quadrato di sentimenti che si allarga sempre meno più si invecchia.
Ed è forse questo stringersi avanzando che ci fa diventare più attenti e teneri nei confronti delle piccole cose.
E non sono criptica per essere interessante, è che sono stanca e le parole pesano, onde per cui ne ho usate poche ma buone.
Consiglio una rilettura del post, io l'ho fatto e l'ho capito meglio.
E pensare che volevo parlarvi di Venezia, di Trento, della nostalgia, di storia dell'arte, di Parigi, della tenerezza e dell'amore...





 

Ma appoggerò la testa sul tavolo e penserò intensamente ad uno splendido post che scriverò forse domani. Per ora fate finta di leggere fumetti e guardate le immagini e se volete datemi una spiegazione per tutti 'sti lucchetti sparsi in ogni angolo di mondo.